SENTENZA N. 451
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341 (Interpretazione autentica degli articoli 13 e 44 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, e dell'articolo 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, in materia di concorsi universitari), promossi con undici ordinanze emesse dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, iscritte rispettivamente ai nn. 322, 323, 365, 366, 367, 368, 369, 370, 371, 372 e 373 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21 e 22, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visti gli atti di costituzione di Balbi Raffaele, Mascione Vincenzo, Janes Carratù Francesco, Giuffré Adriano, Vannicelli Luigi, De Luca Nicoletta, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 5 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;
Uditi l'avvocato Franco Gaetano Scoca per Balbi Raffaele, Mascione Vincenzo, Janes Carratù Francesco, Giuffré Adriano, Vannicelli Luigi, De Luca Nicoletta e l'Avvocato dello Stato Carlo Tonello per il Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Con undici ordinanze d'identico contenuto, emesse il 21 novembre 1990, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, decidendo su altrettanti ricorsi contro il Ministero della Pubblica istruzione (ora Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica) proposti da Moschella Mario, D'Avack Alessandro, Notaro Luigi, Balbi Raffaele, Mascione Vincenzo, La Rana Anna, Dente Maria Grazia, Janes Carratù Francesco, Giuffré Adriano, Vannicelli Luigi, De Luca Nicoletta, per l'annullamento dei giudizi di non idoneità a professore associato (II tornata) per il raggruppamento n. 010, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 24, 102, 104, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341, nella parte in cui riconosce ai docenti universitari in aspettativa obbligatoria l'elettorato passivo per la formazione delle commissioni giudicatrici per i giudizi di idoneità a professore associato.
Esaminando un motivo aggiunto proposto dai ricorrenti a sostegno della pretesa illegittimità del decreto ministeriale di nomina della commissione giudicatrice perché formato in violazione dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 - avendo l'Amministrazione inserito nel tabulato concernente l'elettorato passivo del suddetto raggruppamento il nome di un professore in aspettativa per mandato parlamentare, con conseguente alterazione del corretto svolgimento delle successive elezioni e quindi illegittimità della composizione della commissione che avrebbe poi travolto i giudizi espressi nei confronti dei ricorrenti - il giudice a quo rileva che la norma impugnata, nonostante la qualificazione d'interpretazione autentica datale dal legislatore, avrebbe in realtà introdotto una nuova disciplina con effetto retroattivo, disponendo che i professori universitari collocati in aspettativa obbligatoria ai sensi del cit. art. 13 del d.P.R. n. 382 del 1980 conservano l'elettorato attivo e passivo per la formazione delle commissioni giudicatrici per i giudizi di idoneità a professore associato e delle commissioni giudicatrici per i concorsi a professore universitario ordinario o associato "nei casi in cui le operazioni per la formazione della commissione siano iniziate prima dell'entrata in vigore dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, anche se la conclusione delle operazioni anzidette e la nomina della commissione siano avvenute successivamente".
Si osserva in ordinanza che l'aspettativa comporta la sospensione di tutte le funzioni connesse all'ufficio, salvo quelle espressamente consentite, tra cui certo non figura - nell'art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 - la partecipazione a commissioni giudicatrici. E poiché il collocamento in aspettativa obbligatoria di cui all'art. 13 è teso a consentire al docente di assolvere all'incarico extrauniversitario e ad evitare che si producano riflessi negativi sul buon andamento dell'amministrazione universitaria, l'esclusione dall'elettorato passivo trova conferma anche in ragioni di intrinseca coerenza con la ratio legis connessa con la particolare gravosità dei lavori delle commissioni giudicatrici. Considerazioni, queste ultime, che sarebbero avvalorate dalla statuizione dell'art. 5 della legge n. 705 del 1985 che, prevedendo che i professori universitari in aspettativa obbligatoria "mantengono il solo elettorato attivo ( ..)", col termine "mantengono" si riferirebbe non alla disciplina precedente, ma alla posizione del docente che conserva il diritto di voto anche durante l'aspettativa.
Da tale portata dell'art. 13 del d.P.R. n. 382 del 1980 conseguirebbe la natura sostanzialmente innovativa della norma impugnata. L'intervento del legislatore s'inserirebbe anzi in un contesto in cui sono stati presentati e talora accolti in primo grado numerosi ricorsi che sostengono l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione, sicché sarebbe evidente l'intento d'interferire sui giudizi in corso. Di qui nascerebbero ulteriori dubbi di costituzionalità con riferimento agli artt. 24, 102, 104, comma primo, e 108, comma secondo.
Rileva altresì il giudice a quo che la norma impugnata introdurrebbe la nuova disciplina con effetto retroattivo, dovendosi ritenere che i provvedimenti di nomina avviati prima dell'entrata in vigore della legge n. 705 del 1985 fossero tutti nel frattempo conclusi.
2. - Intervenuta in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato rileva che la legge può sempre affermare princip/' che si ritengano di necessaria applicazione e che, quando l'interpretazione autentica sia contenuta in una legge successiva, essa è solo retroattiva, andando a formare una sola dichiarazione di volontà del legislatore con vigore dall'emanazione della norma base.
Quanto alla pretesa interferenza della norma interpretativa con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'Avvocatura, ricordato che la norma impugnata avrebbe inteso eliminare per via interpretativa l'incertezza relativa all'applicazione dell'art. 13 del d.P.R. n. 382 del 1980, afferma che non v'è stata lesione dell'autonomia della funzione giurisdizionale né del diritto di difesa del cittadino, in quanto l'amministrazione ha rispettato il giudicato nei suoi limiti soggettivi ed oggettivi.
3. - Nell'approssimarsi dell'Udienza, la difesa della parte privata Nicoletta De Luca (R.O. n. 373 del 1991) ha presentato una lunga memoria, insistendo per l'accoglimento della questione. In altre memorie presentate dalla stessa difesa per le parti private Raffaele Balbi (R.O. n. 366 del 1991), Vincenzo Mascione (R.O. n. 367 del 1991), Francesco Janes Carratù (R.O. n. 370 del 1991), Adriano Giuffré (R.O. n. 371 del 1991), Luigi Vannicelli (R.O. n. 372 del 1991) ci si richiama allo scritto defensionale prodotto per la parte Nicoletta De Luca, insistendosi parimenti per l'accoglimento della questione.
La difesa ribadisce e sviluppa le argomentazioni del giudice a quo intese ad affermare la portata innovativa (e non interpretativa) della norma impugnata: da ciò discenderebbe l'impossibilità di riconoscerle natura retroattiva. In definitiva, la legge impugnata sarebbe intervenuta a rideterminare una materia (quella delle attività consentite al professore collocato in aspettativa obbligatoria) prima diversamente disciplinata: la prova migliore del carattere innovativo e non interpretativo della norma sarebbe che essa dispone solo per un limitato periodo di tempo - cioè fino al dicembre 1985 - un regime eccezionale destinato a non vigere più dopo quella data.
Quanto, poi, al rapporto tra legge c.d. interpretativa e precedente interpretazione degli organi giurisprudenziali, rileva la difesa che, se la nuova disposizione tende ad imporre una interpretazione che contrasti con quella degli organi giurisdizionali, al fine evidente di attribuire alla norma esistente una diversa ed opposta direzione, non sembra che ci si muova nell'area dell'interpretazione autentica: nella fattispecie la legge n. 341 del 1988 è intervenuta quando già vi erano state due pronunce del T.A.R. Lazio e del Consiglio di Stato che avevano interpretato il regime delle incompatibilità nel senso che i professori collocati in aspettativa obbligatoria non potessero mantenere né l'elettorato attivo né quello passivo per la formazione delle Commissioni giudicatrici dei concorsi universitari.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con undici ordinanze di identico contenuto del 21 novembre 1990 (R.O. nn. 322, 323, 365, 366, 367, 368, 369, 370, 371, 372 e 373 del 1991) solleva, in riferimento degli artt. 3, 24, 102, 104, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, dell'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341 (Interpretazione autentica degli artt. 13 e 44 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, e dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, in materia di concorsi universitari), "nella parte in cui riconosce l'elettorato passivo ai docenti universitari in aspettativa obbligatoria per la formazione delle commissioni giudicatrici per i giudizi di idoneità a professore associato".
2. - La questione non è fondata.
Il quesito posto alla Corte è se la norma impugnata, anziché di interpretazione autentica come il legislatore l'ha qualificata, sia di sanatoria di conseguenze di comportamenti erronei dell'Amministrazione, con efficacia innovativa e retroattiva, e pertanto leda i parametri costituzionali invocati.
L'art. 13, penultimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, nel suo testo originario, si limitava a garantire ai professori universitari collocati in aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità la possibilità di svolgere a domanda, presso l'Università in cui fossero titolari, cicli di conferenze, attività seminariali e di ricerca. Nell'assenza di qualunque previsione riformatrice sull'elettorato attivo e passivo per la formazione delle commissioni concorsuali, si apriva una fase di incertezza normativa non colmabile per deduzione dalla ratio della riforma del 1980, di incompatibilità di principio tra impegni accademici, politici, amministrativi, economici.
Dato che l'elettorato attivo e passivo per la scelta dei futuri colleghi nella funzione docente è essenziale proprietà dello status di professore universitario, l'Amministrazione non ha ritenuto di inferire dal silenzio della legge la perdita automatica di tale prerogativa, considerata anche la transitorietà e la aleatoria durata della posizione di aspettativa, specie per gli eletti in rappresentanze politiche o nominati ad incarichi governativi.
L'inserimento dei professori in aspettativa obbligatoria negli elenchi degli elettori e degli eleggibili, predisposti dall'Amministrazione per la tornata concorsuale del 1984, rese necessario l'intervento del legislatore con legge 9 dicembre 1985, n. 705 (Interpretazione, modificazioni ed integrazioni al d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, sul riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), il cui art. 5, andando a sostituire il sesto comma dell'art. 13 del d.P.R. n. 382 del 1980, stabilisce che i professori in aspettativa "mantengono il solo elettorato attivo per la formazione delle commissioni di concorso e per l'elezione delle cariche accademiche ( ..)".
Il tardivo sopravvenire del chiarimento legislativo non impediva che fossero effettuate le operazioni di formazione delle commissioni concorsuali predisposte dall'Amministrazione sul presupposto della conservazione da parte dei professori in aspettativa anche dell'elettorato passivo. Il contenzioso amministrativo derivatone, aggravando il disordine interpretativo, ha imposto un secondo intervento del legislatore con la legge 5 agosto 1988, n. 341, d'interpretazione autentica sia dell'art. 13 del d.P.R. n. 382 del 1980, sia dell'art. 5 della legge n. 705 del 1985. L'art. 1 di detta legge riconosce che i professori collocati in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. n. 382 del 1980 conservano l'elettorato attivo e passivo per la formazione delle commissioni giudicatrici per i giudizi di idoneità a professore associato e delle commissioni giudicatrici dei concorsi per professore universitario ordinario o associato "nei casi in cui le operazioni per la formazione della commissione siano iniziate prima dell'entrata in vigore dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, anche se la conclusione delle operazioni anzidette e la nomina della commissione siano avvenute successivamente".
3. - Non c'è alcun dubbio che la natura delle disposizioni della legge n. 341 del 1988 corrisponda all'autoqualificazione di norma di interpretazione.
Meramente interpretativa è l'operazione di riconoscimento dell'elettorato attivo e passivo dei professori in aspettativa tra il d.P.R. n. 382 del 1980 e la legge n. 705 del 1985. Questa, modificando ed integrando la normativa precedente, mantiene per il futuro il solo elettorato attivo, non intendendo agire retroattivamente. Tuttavia per i concorsi banditi nel 1984, per i quali i professori in aspettativa avevano goduto, per comportamento dell'Amministrazione in via di fatto e per riconoscimento postumo del legislatore in via di diritto, dell'elettorato attivo e passivo, le operazioni di formazione e di nomina delle commissioni potevano essere state perfezionate successivamente alla legge n. 705 del 1985: in tal caso sarebbe sorta ulteriore controversia interpretativa sulla applicabilità del disposto della nuova legge, che mantiene il solo elettorato attivo, oppure della normativa ritenuta previgente, che conserva l'elettorato attivo e passivo. La legge n. 341 del 1988 chiarisce che quest'ultima s'intende reggere tutta la disciplina delle operazioni di formazione e nomina delle commissioni, iniziata prima anche se conclusa dopo l'entrata in vigore dell'art. 5 della legge n. 705 del 1985.
Come è evidente, la norma impugnata non introduce alcuna modifica, dato che il preteso risultato di sanatoria è conseguenza della interpretazione dell'art. 13, penultimo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, come non modificativo della previgente normativa sull'elettorato attivo e passivo.
La novità, consistente nella eliminazione dell'elettorato passivo, è propria e soltanto della legge n. 705 del 1985, che dispone per l'avvenire.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, dell'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341 (Interpretazione autentica degli articoli 13 e 44 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, e dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, in materia di concorsi universitari), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 102, 104, primo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con le ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1991.