ORDINANZA N. 411
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 555, terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1990 dal Pretore di Brescia - sezione distaccata di Montichiari - nel procedimento penale a carico di Guida Rosa, iscritta al n. 328 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che il Pretore di Brescia - sezione distaccata di Montichiari - ha sollevato, con ordinanza del 6 dicembre 1990, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dell'art. 555, terzo comma, del codice di procedura penale, secondo cui il decreto di citazione a giudizio "è notificato all'imputato e al suo difensore almeno quarantacinque giorni prima della data fissata per il giudizio";
che, ad avviso del remittente, la norma, nel fissare un termine per comparire di gran lunga maggiore di quello - venti giorni - previsto dagli artt. 429, terzo e quarto comma, e 456, terzo comma, del codice per il giudizio di tribunale, violerebbe sia l'art. 76 della Costituzione, per contrasto con il principio della massima semplificazione di cui alla direttiva n. 103 della legge-delega, sia l'art. 3 della Costituzione stessa, per irrazionale disparità di trattamento tra giudizio di tribunale e giudizio pretorile;
che, in particolare, il giudice a quo osserva che tale differenza, contrariamente a quanto affermato nella relazione al progetto preliminare, non è giustificabile né dalla presenza di un termine intermedio (15 giorni dalla notifica) previsto dall'art. 555, primo comma, lett. e) per la richiesta da parte dell'imputato del giudizio abbreviato o dell'applicazione della pena o dell'oblazione, giacché il termine ordinario di venti giorni sarebbe comunque superiore al termine per chiedere il rito speciale e quindi compatibile con esso, né dall'intento di lasciare ai difensori un ampio margine per il primo esame del caso, data la mancanza dell'udienza preliminare, risultando la norma anche in tale ipotesi sproporzionata allo scopo, poiché in tribunale il termine di dieci giorni per comparire all'udienza preliminare (art. 419), sommato ai venti per comparire al dibattimento, non raggiunge che i due terzi di quello stabilito per comparire in pretura;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della questione;
Considerato che, quanto alla dedotta violazione della legge-delega, la direttiva n. 103 lascia al legislatore delegato un ampio spazio di discrezionalità in ordine alla disciplina delle concrete modalità di funzionamento del processo pretorile (cfr. ord. n. 208 del 1991);
che, nel caso in esame, tale discrezionalità non è stata certamente adoperata in modo irragionevole, in quanto la maggiore lunghezza del termine dilatorio in esame rispetto a quello fissato per il giudizio dinanzi al tribunale è, in primo luogo, giustificata dal fatto che, in ragione delle particolari caratteristiche del decreto di citazione a giudizio, quale atto complesso capace di produrre effetti diversi ed alternativi (caratteristiche a loro volta derivanti dalle peculiarità del processo pretorile, nel quale manca l'udienza preliminare), è solo successivamente alla infruttuosa scadenza del termine intermedio di 15 giorni dalla notificazione del decreto all'imputato che il pubblico ministero - a differenza di quanto previsto nel procedimento dinanzi al tribunale - deve compiere una serie di adempimenti, fra i quali la citazione della persona offesa (v. art. 558 c.p.p.);
che, inoltre, e soprattutto, la norma impugnata è ispirata dall'evidente fine di favorire (mediante la messa a disposizione di un congruo spatium deliberandi successivo al primo esame degli atti) il ricorso da parte dell'imputato all'istituto dell'applicazione della pena su richiesta, sempre possibile fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento: la norma stessa costituisce, pertanto, espressione di quel favor per i riti differenziati, alternativi al dibattimento, la cui incentivazione mira in definitiva a perseguire proprio quella finalità di massima semplificazione invocata dal remittente (cfr. citata ord. n. 208 del 1991);
che le anzidette considerazioni valgono chiaramente ad escludere anche la dedotta violazione del principio di eguaglianza;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 555, terzo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dal Pretore di Brescia - sezione distaccata di Montichiari, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 12 novembre 1991.