Sentenza n. 385 del 1991

 

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SENTENZA N. 385

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                   Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 30, comma secondo, e 31 lettere e) e g) del disegno di legge n. 949 approvato il 16 aprile 1991 dall'Assemblea regionale siciliana, avente per oggetto: "Nuove norme per il controllo sugli atti dei Comuni, delle Province e degli altri enti locali della Regione siciliana. Norme in materia di ineleggibilità a deputato regionale" promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 23 aprile 1991, depositato in cancelleria il 30 aprile successivo ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1991;

Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia;

Udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il ricorrente, e gli avvocati Silvio De Fina e Francesco Castaldi per la Regione;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Commissario dello Stato presso la Regione siciliana, con ricorso notificato il 23 aprile 1991 ha esposto quanto segue.

L'Assemblea regionale siciliana, il 16 aprile 1991, ha approvato un disegno di legge contenente nuove norme per il controllo sugli atti dei comuni, delle province e degli altri enti locali della Regione. L'art. 30 di tale disegno di legge dispone che "l'organo competente per il controllo sugli atti delle uu.ss.ll. non rientranti nelle competenze della sezione centrale, è la sezione provinciale nella cui circoscrizione è compreso il comune sede dell'unità sanitaria locale". L'art. 31, alle lettere e) e g) ha abrogato la precedente normativa che prevedeva, in relazione ai controlli sugli atti delle Uu.ss.ll., l'integrazione dell'organo di controllo col medico provinciale e un dirigente dell'amministrazione regionale designato dall'assessore regionale per la sanità.

In tal modo il controllo sugli atti delle uu.ss.ll. della Sicilia è stato attribuito agli stessi organi che esercitano il controllo sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali, nella loro ordinaria composizione.

Secondo il Commissario dello Stato, ciò contrasterebbe col diverso principio stabilito dalla legislazione statale la quale (art. 49, l. 23 dicembre 1978, n. 833, come mod. dall'art. 13 della l. 26 aprile 1982, n. 181), riguardo ai controlli sugli atti delle uu.ss.ll., stabilisce in via generale che vengono esercitati dai Comitati regionali di controllo, in sede unica, integrati da un esperto in materia sanitaria, di designazione regionale e da un rappresentante del Ministero del tesoro.

La mancata previsione nel disegno di legge impugnato di un'integrazione dell'organo in modo analogo a quanto stabilito dalla legislazione statale, violerebbe i limiti previsti nella materia dall'art. 17, lett. c), dello Statuto siciliano, che attribuisce alla regione, in tema di assistenza sanitaria, una potestà legislativa concorrente.

La necessità della integrazione degli organi di controllo in sede di riscontro dell'attività amministrativa delle uu.ss.ll. con i rappresentanti del ministero del tesoro e della Amministrazione sanitaria regionale, risponderebbe alla specifica finalità di pervenire ad una verifica della gestione sia dal punto di vista della spesa che da quello attinente alla specificità della materia. Intento del legislatore nazionale nel prevedere la suddetta integrazione, sarebbe quello di assicurare una gestione ordinata ed oculata delle disponibilità finanziarie messe a disposizione delle regioni con il Fondo sanitario nazionale, cosicché la mancata previsione di essa, da parte del disegno di legge impugnato, contrasterebbe anche con l'art. 119 Cost.

Secondo il Commissario dello Stato, anche ammettendo la sussistenza di una potestà legislativa esclusiva della Regione siciliana, le disposizioni impugnate "sarebbero ugualmente oggetto di illegittimità costituzionale, attesa la natura di legge di riforma economico-sociale riconosciuta alla legge n. 833 del 1978 che, in quanto tale, si pone come limite anche alla potestà legislativa esclusiva della regione, ex art. 14 dello Statuto".

2. - Si è costituita la Regione siciliana chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Nelle note depositate ha esposto che, dopo la riforma ospedaliera, la legge reg. Sicilia 21 febbraio 1976, n. 1, dispose (art. 21) che il sindacato sugli atti degli enti ospedalieri dovesse essere esercitato dalla Commissione provinciale di controllo "integrata" dal medico provinciale e da un dirigente amministrativo nominato dal Presidente della regione su designazione dell'Assessore alla sanità.

Venuti meno gli enti ospedalieri per effetto della legge n. 833 del 1978, l'art. 28 della legge reg. Sicilia 12 agosto 1980, n. 87 sottopose gli atti delle uu.ss.ll. al sindacato della Commissione provinciale di controllo, confermando la integrazione di cui all'art. 21 della legge reg. n. 1 del 1976. Tale integrazione fu ribadita, in seguito, dall'art. 4 della legge reg. Sicilia 23 dicembre 1985, n. 52 che, nell'istituire un apposito Comitato regionale di controllo (Co.re.co.) per il sindacato sugli atti delle uu.ss.ll. e, nel devolvere ad una "successiva legge" le norme relative alla sua composizione e al suo funzionamento, statuì che, nel frattempo, di quel sindacato continuasse ad occuparsi la Commissione provinciale di controllo "integrata ai sensi dell'art. 21 della legge reg. Sicilia 21 febbraio 1976, n. 1".

Il disegno di legge impugnato, attribuendo i poteri del Comitato regionale di controllo alla Commissione provinciale di controllo, ha previsto che esso, nella sua composizione ordinaria, eserciti il proprio sindacato sugli atti di qualsiasi ente locale. L'art. 31, lettere e) e g), (abrogando l'art. 21 della legge reg. n. 1 del 1976 e l'art. 4 della legge reg. n. 52 del 1985) ha escluso che il suddetto organo debba essere integrato con la partecipazione del medico provinciale e di un dirigente amministrativo della sanità, quando il controllo ricade sugli atti delle unità sanitarie locali.

Secondo la difesa della regione, tale scelta legislativa trova la sua ratio nel carattere "giudiziale" del controllo, che non giustifica la presenza di "tecnici" nell'organo ad esso preposto.

Fatte queste premesse, la regione afferma che nella materia de qua, a norma dell'art. 14 dello Statuto siciliano, essa ha potestà legislativa esclusiva, attenendo detta materia all'ordinamento degli enti locali. Ciò sarebbe stato tenuto presente dallo stesso legislatore statale, che nell'art. 49 della l. n. 833 del 1978 (mod. dall'art. 13 della l. n. 181 del 1982) - nel prevedere la partecipazione di un esperto sanitario e di un rappresentante del Ministero del tesoro all'organo di controllo sugli atti delle uu.ss.ll. - ha precisato che tale controllo, per le regioni a statuto speciale, si esercita nelle forme previste dai rispettivi statuti. Una norma analoga è contenuta nella successiva legge n. 142 del 1990 la quale, dopo aver disposto che "alle unità sanitarie locali si applicano le norme sul controllo dettate per i comuni e le province", statuisce che "le disposizioni della presente legge non si applicano alle regioni a statuto speciale se incompatibili con i rispettivi statuti".

La Regione siciliana sostiene che il Commissario dello Stato, pertanto, erroneamente ricomprende i controlli sugli atti delle uu.ss.ll. nella materia dell'assistenza sanitaria, confondendo in tal modo "la materia sottesa dai compiti di amministrazione attiva delle delibere controllate e la materia implicata dai compiti di amministrazione ausiliaria delle decisioni di controllo".

Avendo la Regione siciliana competenza legislativa esclusiva, nella materia regolata dal disegno di legge impugnato, essa non sarebbe tenuta al rispetto dei principi espressi dalla legislazione statale ed il ricorso sarebbe, quindi, infondato.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Commissario dello Stato, col ricorso proposto, chiede a questa Corte di decidere se gli artt. 30 e 31, lettere e) e g) del disegno di legge approvato dall'Assemblea regionale siciliana il 16 aprile 1991 - prevedendo che, nella Regione Sicilia, il controllo sugli atti delle uu.ss.ll. sia esercitato dagli stessi organi che esercitano il controllo sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali, nella loro ordinaria composizione - violino:

a) l'art. 17 dello Statuto siciliano, che attribuisce alla regione competenza concorrente in materia di assistenza sanitaria, non essendo stato rispettato il principio della legislazione statale posto dall'art. 49 della l. n. 833 del 1978 (così come modificato dall'art. 13 della l. n. 181 del 1982). Tale norma stabilisce che i controlli sugli atti delle uu.ss.ll. sono esercitati dai comitati regionali di controllo, integrati da un esperto in materia sanitaria di designazione regionale e da un rappresentante del Ministero del tesoro;

b) l'art. 14 dello Statuto, perché - ove si ritenesse la materia di competenza esclusiva del legislatore regionale - sarebbe violato il limite posto a tale competenza dalla legge n. 833 del 1978, che è legge di grande riforma economico- sociale;

c) l'art. 119 Cost., impedendo la norma impugnata un oculato controllo della spesa regionale in relazione alle risorse messe a disposizione delle regioni con il Fondo sanitario nazionale.

2. - Va premesso che l'art. 17 dello Statuto regionale siciliano, lettere b) e c), attribuisce alla regione potestà legislativa concorrente in materia d'igiene, sanità pubblica e assistenza sanitaria, da esercitarsi, quindi, "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui s'informa la legislazione dello Stato". Detta attribuzione, secondo quanto è stato ritenuto da questa Corte (sentenza n. 88 del 1973), comprende la disciplina delle strutture attraverso le quali l'igiene, la sanità pubblica e l'assistenza sanitaria vengono curate. Essa, perciò, riguarda anche l'organizzazione delle unità sanitarie locali, che non sono oggetto di potestà legislativa esclusiva ai sensi dell'art. 14, lettere o) e p) dello Statuto. Questa norma, infatti, attribuisce alla regione tale competenza in materia di "ordinamento" degli enti locali e degli enti regionali. Le unità sanitarie locali non sono, invece, né enti locali, né enti regionali, ma "strutture operative" di enti locali (sentenza n. 612 del 1988), destinate "alla gestione unitaria della tutela della salute in modo uniforme sull'intero territorio nazionale" (art. 10 l. n. 833 del 1978).

La disciplina dell'organizzazione delle strutture, attraverso le quali si attuano funzioni di amministrazione attiva, non si identifica, tuttavia, con la disciplina delle funzioni di controllo e con l'organizzazione dei relativi organi, che possono essere variamente ripartite tra Stato e regioni. Nella situazione normativa, afferente alla Regione siciliana, l'art. 15 dello Statuto, attribuendo alla regione potestà legislativa esclusiva in materia di controllo degli enti locali, comporta l'attribuzione di tale tipo di potestà legislativa, anche (e a maggior ragione) in materia di controlli sulle strutture interne di tali enti locali (fra le quali le unità sanitarie locali).

3. - Nel quadro di tale potestà legislativa (esclusiva) della Regione siciliana si colloca il quesito se le disposizioni del disegno di legge violino il limite delle leggi di grande riforma economico-sociale.

In proposito deve osservarsi che la l. n. 833 del 1978 aveva previsto, in via di principio, che il controllo sugli atti delle unità sanitarie locali dovesse seguire la disciplina dettata dall'art. 56 della l. 10 febbraio 1953, n. 62, sul presupposto che il controllo su tali atti fosse da assimilare a quello sugli atti dei comuni (ivi regolato). Successivamente, l'art. 13 della l. 26 aprile 1982, n. 181 modificò tale sistema, inserendo tra l'altro nell'organo di controllo sugli atti delle unità sanitarie locali un esperto in materia sanitaria designato dal consiglio regionale e un rappresentante del tesoro. Questa Corte (con la sentenza n. 107 del 1987) ha già affermato che tale disposizione, nelle sue varie articolazioni, costituisce attuazione specifica di un principio dell'ordinamento dello Stato relativo al coordinamento della finanza di tutti gli enti locali - del quale è espressione il primo comma dell'art. 119 Cost. - ed è norma fondamentale di riforma economico-sociale.

Per la realizzazione di questa esigenza di coordinamento fu prevista anche l'inserzione nell'organo collegiale, accanto al rappresentante del tesoro, dell'esperto in materia sanitaria, in relazione al contributo che tale componente è in condizione di offrire in via funzionale (oltre a quello derivante dalla sua specifica competenza).

Ed è opportuno ricordare che la norma, così posta, fu emanata in riferimento ad una situazione finanziaria deficitaria (nella quale notoriamente si dibattevano le unità sanitarie in tutto il territorio nazionale), nell'ambito d'una complessa manovra di contenimento della relativa spesa. Finalità della norma era la diminuzione del disavanzo dei bilanci delle unità sanitarie attraverso l'imposizione di particolari obblighi e di rigorose misure di controllo interno sulla gestione finanziaria. Si stabiliva, così, in considerazione del contenuto e della specifica finalità del precetto, un'innovazione nel sistema, volta a realizzare un compito di interesse generale e indivisibile dello Stato, con la necessaria uniforme attuazione sull'intero territorio nazionale.

4. - Inquadrata in linea di principio la disciplina del controllo di cui è questione, va subito rilevato, quanto al contenuto specifico di essa, che l'art. 31 del disegno di legge impugnato, alle lettere e) e g) ha abrogato norme che non prevedevano l'integrazione dell'organo di controllo sulle unità sanitarie locali con l'esperto in materia sanitaria di designazione regionale e il rappresentante del Ministero del tesoro. Le norme, inserivano, invece, tra i componenti dell'organo, il medico provinciale e un dirigente amministrativo nominato dal Presidente della regione, su designazione dell'assessore alla sanità. L'abrogazione normativa censurata non collide, pertanto, con alcuna delle norme di riferimento e perciò, in relazione ad essa, la questione proposta va dichiarata non fondata.

Va invece dichiarata l'illegittimità costituzionale - per contrasto con una disposizione di legge di grande riforma - dell'art. 30 del disegno di legge impugnato, nella parte in cui non prevede che l'organo competente per il controllo sugli atti delle unità sanitarie locali sia integrato (alla stregua di detta disciplina generale e indivisibilmente unitaria) da un rappresentante del Ministero del tesoro e da un esperto in materia sanitaria designato dal consiglio regionale.

Con questa conclusione non contrasta il rilievo tratto dall'art. 49 della l. 8 giugno 1990, n. 142, secondo il quale "alle unità sanitarie locali ... si applicano le norme sul controllo e sulla vigilanza dettate per i comuni e le province".

L'art. 49 cit. non è ancora efficace per effetto del combinato disposto dal comma quarto e terzo dell'art. 61 della stessa legge n. 142 del 1990, per i quali, non essendosi provveduto alla ricostituzione degli organi di controllo, ai sensi della legge ora ricordata, conserva ancora efficacia il capo III, tit. V, della l. n. 62 del 1953; rimane, quindi, in vigore il sistema generale dei controlli, istituito da quest'ultima legge, così come modificata e integrata. Comunque, l'inapplicabilità dell'art. 49, l. n. 142 del 1990, alla fattispecie di cui è questione, sarebbe in ogni caso da ricondurre proprio a quest'ultima norma: essa infatti, nell'estendere alle unità sanitarie locali la disciplina sui controlli "dettati per i comuni e le province", fa salve le diverse disposizioni di legge. Nella salvezza è compresa, ovviamente, la normativa posta dall'art. 56 della l. n. 62 del 1953 e dall'art. 13 della l. n. 181 del 1982, in relazione alla particolare, qualificata composizione dell'organo di controllo sugli atti delle unità sanitarie locali, risultante dalla partecipazione dell'esperto in materia sanitaria e del rappresentante del Ministero del tesoro.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 30 del disegno di legge approvato dall'assemblea regionale siciliana il 16 aprile 1991 (recante "Nuove norme per il controllo sugli atti dei comuni, delle province e degli altri enti locali della Regione siciliana: Norme in materia d'ineleggibilità a deputato regionale"), nella parte in cui non prevede che l'organo competente per il controllo sugli atti delle unità sanitarie locali sia integrato da un rappresentante del Ministero del tesoro e da un esperto in materia sanitaria designato dal consiglio regionale;

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, lettere e) e g) dello stesso disegno di legge, proposta dal Commissario dello Stato presso la Regione siciliana, col ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 14 e 17 dello Statuto siciliano e 119 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 9 ottobre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 17 ottobre 1991.