Ordinanza n. 338 del 1991

 

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ORDINANZA N. 338

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Dott. Francesco GRECO                                           Giudice

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 458, comma primo e secondo, 438, comma primo e 442, comma secondo, del codice di procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:

1. - Ordinanza emessa il 28 gennaio 1991 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento penale a carico di Messina Gianfranco iscritta al n. 228 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1991;

2. - Ordinanza emessa il 22 gennaio 1991 dal Tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di Fiorani Rinaldo ed altro iscritta al n. 240 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Udito nella camera di consiglio del 19 giugno 1991 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Ritenuto che, con ordinanza in data 22 gennaio 1991 (r. o. n. 240 del 1991), il Tribunale di Genova ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 438, comma 1, del codice di procedura penale nella parte in cui non indica le ragioni sulla base delle quali il P.M. può negare il suo consenso alla richiesta di giudizio abbreviato e non pone a carico dello stesso l'obbligo di enunciarle in caso di dissenso;

b) dell'art. 442, comma 2, del medesimo codice, nella parte in cui non prevede che il giudice, alla chiusura del dibattimento, ritenendo ingiustificato il dissenso del P.M. sulla richiesta di rito abbreviato, debba comunque applicare la relativa riduzione di pena;

che le norme impugnate si porrebbero in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione creando un'irragionevole disparità di trattamento rispetto al regime previsto per il "patteggiamento" dall'art. 448, comma 1, c.p.p., e privando l'imputato della possibilità di difendersi relativamente al diritto alla riduzione di pena connessa al rito abbreviato;

che, con ordinanza in data 28 gennaio 1991 (r.o. n. 228 del 1991), la Corte d'appello di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1 e 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui, subordinando al consenso del P.M. l'adozione del rito abbreviato senza consentire al giudice di sindacare, anche nel merito, il dissenso ai fini dell'applicazione dell'attenuante prevista dall'art. 442, comma 2, c.p.p., si porrebbe in contrasto con l'art. 27, comma 3, della Costituzione, poiché la preclusione del rito abbreviato ad opera del P.M., impedirebbe all'imputato, nelle ulteriori fasi del giudizio di primo grado e di quello di appello, di ottenere la relativa riduzione di pena, così compromettendo il suo diritto ad una pena equa;

che non si sono costituite le parti, né ha spiegato intervento l'Avvocatura generale dello Stato;

Considerato che i giudizi così promossi vanno riuniti per l'obbiettiva analogia delle censure con essi prospettate;

che, con sentenza n. 81 del 1991, questa Corte ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il P.M., in caso di dissenso, sia tenuto a enunciarne le ragioni e che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del P.M., possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, comma 2, del codice di procedura penale;

che nella medesima pronuncia è stata poi dichiarata, in via conseguenziale, l'illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 1 e 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il P.M., in caso di dissenso, sia tenuto ad enunciarne le ragioni e che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del P.M., possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, comma 2, dello stesso codice;

che le questioni sollevate vanno pertanto dichiarate manifestamente inammissibili;

Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 438 comma 1, 442 comma 2 e 458 commi 1 e 2 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di Genova e dalla Corte d'appello di Firenze con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1991.

 

Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria l'11 luglio 1991.