ORDINANZA N. 299
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Ettore GALLO Presidente
Dott. Aldo CORASANITI Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 664, primo comma, del codice penale promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre 1990 dal Pretore di Pordenone nel procedimento penale a carico di Puiatti Mario ed altro, iscritta al n. 151 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 maggio 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale, in cui gli imputati erano accusati di aver staccato alcuni manifesti fatti affiggere dal Sindaco per celebrare la festività del 4 novembre, il Pretore di Pordenone, con ordinanza emessa il 25 ottobre 1990, ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 664, primo comma, del codice penale, nella parte in cui punisce chi stacca, lacera o rende inservibili od illeggibili scritti o disegni fatti affiggere dalle autorità civili od ecclesiastiche;
che a parere del giudice rimettente, poiché la norma sanziona, al secondo comma, la medesima condotta con riguardo alle affissioni compiute da privati "nei luoghi e nei modi consentiti dalla legge o dall'autorità", l'assenza di tale specificazione al comma precedente indurrebbe a ritenere punibile anche chi danneggi le affissioni effettuate dall'autorità al di fuori dei luoghi e al di là dei modi consentiti, con conseguente violazione del principio di eguaglianza;
che, in particolare, quando la pubblica Amministrazione agisca iure privatorum, non si giustificherebbe la punibilità di chi stacchi o laceri affissioni compiute in luoghi e in modi non consentiti dalla legge;
che "ancor più stridente" risulterebbe il vulnus del precetto costituzionale con riguardo alle autorità ecclesiastiche, in quanto a queste ultime si verrebbe ad accordare una tutela privilegiata di tutte le affissioni, in qualunque modo e luogo avvengano e non soltanto di quelle effettuate all'esterno o all'interno degli edifici destinati al culto;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per la inammissibilità per irrilevanza della questione concernente l'autorità ecclesiastica e per l'infondatezza di quella riguardante l'autorità civile;
che la difesa dello Stato osserva su quest'ultimo punto come il Pretore rimettente muova da un presupposto erroneo in quanto la mancata precisazione circa i luoghi consentiti di cui al primo comma deriverebbe dalla presunzione che la pubblica Amministrazione agisca lecitamente, con la conseguente non riferibilità alla stessa, ma ad atti degli incaricati, di affissioni eseguite contra legem;
Considerato che la questione, così come prospettata, concerne due distinti profili, attinenti alle affissioni rispettivamente effettuate dall'autorità ecclesiastica e dalla pubblica Amministrazione;
che il primo aspetto risulta assolutamente irrilevante nel giudizio a quo, ove l'imputazione riguarda alcuni manifesti con cui il Comune intendeva celebrare una festività civile, onde la relativa questione va dichiarata manifestamente inammissibile;
che, in secondo luogo, anche enti, amministrazioni ed autorità pubbliche sono tenuti ex art. 2 della legge 23 gennaio 1941, n. 166, a compiere affissioni esclusivamente in appositi spazi, preventivamente individuati, secondo le dettagliate procedure di cui agli artt. 3, 28, 34 e 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639;
che, pertanto, pur in mancanza dell'inciso relativo a "modi e luoghi consentiti", la ratio del primo comma dell'art. 664 del codice penale è identica a quella del comma successivo, con le medesime conseguenze in tema di esclusione della punibilità;
che, pertanto, la questione è, sotto tale profilo, manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 664, primo comma, del codice penale, nella parte in cui si riferisce alle affissioni disposte dalle autorità ecclesiastiche, sollevata, in relazione all'art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Pordenone con l'ordinanza di cui in epigrafe;
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 664, primo comma, del codice penale, nella parte in cui si riferisce alle affissioni disposte dalle autorità civili, sollevata, in relazione all'art. 3, primo comma, della Costituzione, con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1991.
Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 26 giugno 1991.