Sentenza n. 96 del 1991

 

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SENTENZA N. 96

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 99, ultimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) promosso con ordinanza emessa il 9 ottobre 1987 dalla Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale - sul ricorso proposto da Herbert ROS, iscritta al n. 689 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza in data 9 ottobre 1987 (pervenuta alla Corte costituzionale il 26 ottobre 1990), la Corte dei conti - sezione III giurisdizionale - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, ultimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il quale esclude la corresponsione dell'indennità integrativa speciale in relazione al trattamento pensionistico riscosso all'estero.

La questione si è posta nel corso di un giudizio instaurato con riferimento ad una nota in data 15 dicembre 1981, con cui la Direzione provinciale del tesoro di Roma aveva negato l'indennità.

Osserva la Corte dei conti che il provvedimento adottato dall'Amministrazione è giustificato, in quanto, all'epoca, l'ultimo comma del citato art. 99 del d.P.R. n. 1092 del 1973 disponeva testualmente: "l'indennità non compete nel caso che il trattamento di quiescenza sia riscosso all'estero".

La norma è stata poi abrogata dall'art. 2 della legge 7 marzo 1985, n. 82, e l'indennità estesa alle pensioni dello Stato pagabili all'estero, ma solo a partire dal 1° gennaio 1984.

Per tutto il periodo anteriore, risulta dunque rilevante la prospettata questione di costituzionalità, che - osserva inoltre il giudice a quo - è anche non manifestamente infondata. Non si può sottovalutare, invero, che nella fattispecie l'abrogazione è stata proposta proprio per superare dubbi di costituzionalità della precedente norma restrittiva, come si rileva dalla relazione al disegno di legge n. 860, XI legislatura del Senato della Repubblica.

Se infatti, non può negarsi al legislatore la discrezionalità delle scelte, queste debbono sempre corrispondere a criteri di ragionevolezza che non sembrano riscontrabili nella fattispecie. Non convince infatti la ratio della restrizione, che sarebbe, secondo quanto è dato desumere dai lavori parlamentari relativi alla legge 3 marzo 1960, n. 185, o la non giustificabilità dell'emolumento perché il personale all'estero non risentirebbe delle variazioni al costo della vita in Italia (v. Camera dei Deputati, III legislatura. dis. n. 1835, seduta del 16 dicembre 1959), oppure l'esigenza di evitare la duplicazione della indennità in quanto il personale stesso "è già fornito di assegno di sede" (v. relazione dell'on. Napolitano al predetto disegno n. 1835, seduta del 12 febbraio 1960).

Quest'ultima circostanza - osserva il giudice a quo - non è certo riferibile ai pensionati, mentre l'altra giustificazione della norma è contraddetta dal rilievo che l'inflazione interna non può non riflettersi sul valore di cambio e, quindi, produrre in definitiva una riduzione del potere di acquisto all'estero. Né si vede quali altre giustificazioni razionali, al di fuori di esigenze unicamente di bilancio, potrebbero accogliersi per la discriminazione operata dal legislatore.

2. - L'ordinanza è stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1990.

3. - È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.

Osserva l'Avvocatura che il legislatore con la legge n. 82 del 1985 haprovveduto ad eliminare il divieto, previsto dall'art. 99 - ultimo comma - del d.P.R. n. 1092, di corrispondere l'indennità di cui trattasi ai pensionati residenti all'estero, con decorrenza dal 1° gennaio 1984. Col disporre, originariamente, il divieto in questione, si era inteso palesemente mantenere inalterato il potere di acquisto dei pensionati residenti in Italia, in quanto soggetti al ricorrente fenomeno del deprezzamento monetario.

Per quanto concerne i periodi precedenti l'anno 1984, non possono ravvisarsi gli estremi per dichiarare la incostituzionalità della norma in argomento, considerato che è nel potere del legislatore modificare leggi preesistenti, ponendo termini precisi di efficacia alle nuove norme.

 

Considerato in diritto

 

1. - Questa Corte è chiamata a decidere se l'art. 99, ultimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1091, disponendo che l'indennità integrativa speciale non compete ai dipendenti statali in pensione "nel caso che il trattamento di quiescenza sia riscosso all'estero", contrasti: a) con l'art. 3 Cost., giacché discriminerebbe i pensionati statali residenti all'estero rispetto a quelli non statali (ai quali l'indennità di contingenza è invece pagata) sia rispetto ai pensionati che vivono in Italia; b) con l'art. 36 Cost., in quanto il mancato adeguamento al costo della vita delle pensioni pagate all'estero ne può far scadere l'ammontare a livelli inadeguati; c) con l'art. 16, ultimo comma, Cost., che sancisce la libertà del cittadino di trasferirsi all'estero perché, qualora l'esercizio di tale libertà comporti la perdita di un diritto, essa verrebbe a soffrire una ingiustificata limitazione.

2. - Va osservato in via preliminare che la norma impugnata è stata abrogata dall'art. 1 della legge 7 marzo 1985, n. 82, il quale ha disposto che "l'indennità integrativa speciale viene estesa a partire dal primo gennaio 1984 alle pensioni dello Stato pagabili all'estero". Tale circostanza non fa venir meno la questione, dato che essa attiene ai ratei di pensione anteriori all'1 gennaio 1984.

3. - Nel merito la questione è fondata.

Questa Corte ha costantemente affermato che il trattamento di quiescenza, al pari della retribuzione percepita in costanza del rapporto di lavoro (del quale lo stato di pensionamento costituisce un prolungamento a fini previdenziali), deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e deve, in ogni caso, assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia mezzi adeguati alle esigenze di vita per una esistenza libera e dignitosa. Tale proporzionalità e adeguatezza devono sussistere non soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate successivamente, in relazione al mutamento del potere di acquisto della moneta, secondo valutazioni riservate - anche con riguardo alle disponibilità finanziarie - alla discrezionalità legislativa, purché esercitata in modo non irragionevole e arbitrario.

L'indennità integrativa speciale si concreta in un meccanismo di parziale indicizzazione delle pensioni (e delle retribuzioni), previsto dal legislatore al fine di perseguire, in via di tendenziale automaticità, i fini suddetti, a prescindere dagli specifici interventi legislativi determinati da particolari circostanze.

La norma impugnata, statuendo che l'indennità integrativa speciale non spetta nel caso che la pensione sia riscossa all'estero, collega la mancata corresponsione ad un elemento inidoneo a differenziare la posizione dei soggetti che hanno acquisito il titolo alla pensione.

Invero nei confronti di essi si sono realizzati gli elementi costitutivi della fattispecie, che non possono essere influenzati da una circostanza estrinseca, qual'è la riscossione della pensione all'estero.

L'ammontare complessivo del trattamento di quiescenza, infatti, a parità di requisiti e di contribuzione, deve essere identico per ogni pubblico dipendente in relazione al momento in cui è collocato a riposo. L'influenza sulla sua misura complessiva della località di residenza vi introduce un elemento discriminatorio e irrazionale.

Né vale il rilievo che il fenomeno inflattivo interno - in relazione al quale è destinata ad operare l'indennità integrativa - può non trovare uguale riscontro nel paese in cui la pensione viene riscossa. L'inflazione che si produce in ciascun paese influisce normalmente sul corso generale dei cambi e il valore monetario in lire italiane non resta immutato per chi risiede all'estero, come è stato invece affermato a sostegno della norma impugnata.

L'art. 99, ultimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, pertanto, attribuendo ai pensionati che riscuotono le pensioni all'estero un trattamento di quiescenza complessivamente ed ingiustificatamente inferiore a quello corrisposto agli altri pensionati, viola l'art. 3 della Costituzione e va dichiarato illegittimo sotto tale assorbente profilo.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 99, ultimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe Borzellino - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 2 marzo 1991.