ORDINANZA N. 56
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giovanni CONSO Presidente
Prof. Ettore GALLO Giudice
Dott. Aldo CORASANITI “
Prof. Giuseppe BORZELLINO “
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 247, quarto comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), 438, primo comma, e 440, primo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 25, 102 e 107 della Costituzione; 438, 439, 440, 441, 442, 443 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 21 maggio 1990 dal giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di Secondo Domenico ed altri, iscritta al n. 515 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1990;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 novembre 1990 il Giudice relatore Francesco Greco;
Ritenuto che il giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze, nel procedimento penale a carico di Secondo Domenico ed altri, imputati di concorso nei delitti di tentato omicidio pluriaggravato e di strage, premesso che i detti imputati avevano ritualmente chiesto ad esso giudice istruttore la definizione del processo con il rito abbreviato ai sensi degli artt. 438 e segg. del codice di procedura penale, 245 e 247, quarto comma, del decreto legislativo 8 luglio 1989, n. 271, e che il pubblico ministero aveva espresso il suo dissenso, con ordinanza del 21 maggio 1990 (R.O. n. 515 del 1990) ha sollevato questione di legittimità costituzionale:
a) dell'art. 247, quarto comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, perché in contrasto con gli artt. 3, 35, 102, 107 della Costituzione in quanto non prevede per il pubblico ministero l'obbligo della motivazione del mancato consenso alla richiesta di rito abbreviato e, di conseguenza, nega al giudice istruttore la possibilità di valutare tale dissenso e, nel caso in cui lo ritenga ingiustificato, di applicare a favore dell'imputato la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale;
b) degli articoli 438, 439, 440, 441, 442 e 443 del codice di procedura penale e 247, quarto comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nelle parti in cui, per i reati attribuiti alla competenza della Corte di assise, giudice naturale precostituito per legge, prevedono che quest'ultima sia sostituita dal giudice per le indagini preliminari o dell'udienza preliminare ovvero dal giudice istruttore, per violazione degli artt. 1, 3, 13, 24, 25, 76, 77, 101, 102, 107 e 111 della Costituzione, 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo firmata a Roma il 14 novembre 1950 e ratificata con legge n. 848 del 1955;
che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'inammissibilità o l'infondatezza delle questioni;
Considerato che il giudice istruttore remittente, da un verso, censura la norma de qua perché non gli consente di sindacare le ragioni poste dal pubblico ministero a base del dissenso dall'accoglimento della richiesta degli imputati di definire il processo con il rito abbreviato ai sensi degli artt. 438 e segg. del codice di procedura penale, e, dall'altro verso, rileva che l'attribuzione della relativa competenza al giudice istruttore, importando il suo sostituirsi alla Corte di assise, giudice naturale precostituito per legge per giudicare dei delitti di cui sono imputati i richiedenti il giudizio abbreviato, violerebbe l'art. 25 della Costituzione;
che, pertanto, l'ordinanza di rimessione è affetta da palese contraddittorietà e che detto vizio cagiona la manifesta inammissibilità delle sollevate questioni di legittimità costituzionale;
che, quindi, va emessa declaratoria in tal senso;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale: a) degli artt. 247, quarto comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), 438, primo comma, e 440, primo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 25, 102 e 107 della Costituzione; b) degli artt. 438, 439, 440, 441, 442, 443 del codice di procedura penale e 247, quarto comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in riferimento agli artt. 1, 3, 13, 24, 25, 76, 77, 101, 102, 107 e 111 della Costituzione, nonché all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848; sollevate dal giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, il 28 gennaio 1991.
Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI – Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO – Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.
Depositata in cancelleria il 6 febbraio 1991.