Ordinanza n. 588 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.588

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 458 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 maggio 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Perrelli Antonino, iscritta al n. 471 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33/1 a serie speciale dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Ritenuto che Antonino Perrelli veniva tratto a giudizio immediato dinanzi al Tribunale di Torino a seguito del rigetto, da parte del giudice dell'udienza preliminare, della richiesta di giudizio abbreviato perchè avanzata oltre il termine di sette giorni dalla notificazione del decreto di citazione ad esso imputato, come prescritto, a pena di decadenza, dall'art. 458, primo comma, del codice di procedura penale, e tuttavia entro i sette giorni dalla notificazione del relativo avviso dell'udienza al difensore;

che il Tribunale, su eccezione dell'imputato, cui si associava il p.m., con ordinanza del 23 gennaio 1990, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 458 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il termine di sette giorni per richiedere il giudizio abbreviato <o l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p.> decorra dalla notificazione dell'avviso al difensore della data fissata per il giudizio immediato, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto viene così vanificato il diritto di difesa dell'imputato, sotto il profilo dell'assistenza tecnica, in una ipotesi - la scelta di un rito speciale - che, più di altre, per le conseguenze che essa comporta, richiede una valutazione di opportunità in cui appare essenziale l'assistenza del difensore;

che, ad avviso dell'autorità remittente, l'esercizio del diritto dell'imputato di richiedere taluno dei riti speciali viene così sottoposto ad un termine di decadenza, peraltro ristretto, la cui decorrenza è sganciata dalla conoscenza dei necessari presupposti da parte del difensore tecnico;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

Considerato che, per quanto attiene all'applicazione della pena su richiesta (art. 444 c.p.p.), la questione è comunque manifestamente infondata perchè la richiesta può essere avanzata dall'imputato, a norma dell'art. 446, primo comma, <fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado>, non essendo essa sottoposta, come ritiene l'autorità remittente, al termine prescritto dall'art. 458 c.p.p.;

che altrettanto manifestamente infondata è la questione sotto il profilo concernente il termine per richiedere il giudizio abbreviato, perchè il decreto del giudice per le indagini preliminari che dispone il giudizio immediato - decreto contenente <anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena a norma dell'art. 444> (art. 456, secondo comma) - viene notificato, come prescritto dall'art. 456, all'imputato (oltre che al p.m. ed alla persona offesa) almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio, mentre il relativo avviso viene notificato al difensore dell'imputato entro il medesimo termine, sicchè, nell'ipotesi in cui all'imputato sia notificato il decreto prima della notificazione al difensore del relativo avviso, il primo è posto nelle condizioni di informare il secondo della citazione a giudizio entro un termine che, pur essendo inspirato a ragioni di necessaria speditezza, appare tuttavia adeguato all'esercizio del diritto di difesa;

che ben diversa è l'ipotesi considerata da questa Corte con la sentenza n. 436 del 1990 circa l'adeguatezza del termine dalla richiesta di incidente probatorio da parte del p.m. concesso all'imputato per presentare deduzioni sull'ammissibilità o sulla fondatezza della richiesta stessa, perchè in quel caso l'art. 396 prescrive il termine, sensibilmente più breve, di due giorni;

che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all 'art . 24, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 458 del codice di procedura penale, sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/12/90.