Sentenza n. 586 del 1990

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SENTENZA N.586

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma quindicesimo, della legge 7 dicembre 1989, n. 389, di conversione del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338 (Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati), promosso con ordinanza emessa il 30 maggio 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra I.N.P.S. e Ricotti Giuseppe, iscritta al n. 487 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visti gli atti di costituzione di Ricotti Giuseppe e dell'I.N.P.S. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 novembre 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'avvocato Alberto Predieri per Ricotti Giuseppe e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso del giudizio di appello promosso dall'I.N.P.S. avverso la sentenza del Pretore di Torino che ha accolto la pretesa dell'agente di assicurazione Giuseppe Ricotti di essere ammesso al beneficio della riduzione di aliquota dei contributi alla Cassa unica per gli assegni familiari, disposta dall'art. 20, primo comma, n. 1, del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114 (modificato dalle leggi 3 giugno 1975, n. 160, art. 11, e 21 dicembre 1978, n. 845, art. 25), in favore dei datori di lavoro artigiani e commercianti iscritti negli elenchi nominativi per l'assicurazione di malattia, il Tribunale di Torino, con ordinanza del 30 maggio 1990, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, sedicesimo comma (indicato come "quindicesimo" stante la soppressione del nono comma operata in sede di conversione), del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389.

In contrasto con la giurisprudenza consolidata dalla Corte di cassazione, la norma denunciata dispone che dal detto beneficio devono intendersi esclusi gli agenti di assicurazione. Considerato: che la riduzione dell'aliquota é coordinata con la condizione dell'iscrizione negli elenchi degli esercenti piccole imprese commerciali ai fini dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie; che a tali fini la legge 25 novembre 1971, n. 1088, annovera tra gli ausiliari del commercio, insieme con gli agenti di commercio, anche gli agenti di assicurazione; che, secondo la rammentata giurisprudenza, pure gli agenti di assicurazione sono connotati da una "minore capacità contributiva"; il giudice remittente ravvisa nella norma impugnata una ingiustificato e irrazionale disparità di trattamento, aggravata dall'efficacia retroattiva comportata dalla natura di norma di interpretazione autentica.

2.- Nel giudizio davanti alla Corte si é costituito l'appellato chiedendo l'accoglimento della questione.

Pur condividendo le argomentazioni e le conclusioni del Tribunale, la parte privata nega che la disposizione denunciata abbia natura di norma di interpretazione autentica, mancando nel caso di specie il presupposto di gravi anfibologie o interpretazioni contrastanti che possano giustificare un intervento legislativo di questo tipo. Il difetto di tale carattere priva di ogni giustificazione la retroattività della norma, e rende ancora più evidente la violazione del principio di eguaglianza a danno degli agenti di assicurazione nei confronti degli altri ausiliari del commercio. Ne risulta violato inoltre il principio dell'affidamento del cittadino, principio-cardine dello Stato di diritto.

Queste considerazioni sono ribadite e sviluppate in una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione. In essa si osserva ulteriormente che l'innovazione introdotta dalla norma denunciata costituisce un privilegium odiosum, il quale, essendo contenuto in un decreto-legge, avrebbe dovuto essere corredato di adeguata motivazione circa la sussistenza dei presupposti costituzionali e la ragione delle scelte.

Si é costituito anche l'I.N.P.S. con atto depositato il 29 ottobre 1990, e quindi fuori termine.

3.- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per una dichiarazione di infondatezza della questione.

L'Avvocatura osserva che, di fronte alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che estendeva il beneficio agli agenti di assicurazione sul riflesso di una loro minore capacità contributiva al pari delle altre categorie agevolate, il legislatore é intervenuto con una interpretazione restrittiva dell'art. 20, n. 1, del d.l. n. 30 del 1974, escludendo dal suo ambito applicativo la categoria degli agenti di assicurazione, "ritenuta evidentemente non abbisognevole del trattamento di favore". La scelta non sarebbe suscettibile di rilievi di irragionevolezza e di ingiustificata disparità di trattamento di situazioni omogenee.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Torino impugna, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'art. 2, sedicesimo comma (divenuto quindicesimo in seguito alla soppressione del nono comma operata in sede di conversione) del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389, il quale dispone che la riduzione dell'aliquota dei contributi alla Cassa unica per gli assegni familiari, prevista dall'art. 20, primo comma, n. 1 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114, in favore dei datori di lavoro iscritti negli elenchi nominativi degli esercenti attività commerciale per l'assicurazione di malattia deve intendersi non applicabile agli agenti di assicurazione.

2. - La questione non è fondata.

Il collegamento del beneficio accordato dall'art. 20, n. 1, del d.l. n. 30 del 1974 con l'iscrizione negli elenchi nominativi per l'assicurazione di malattia dei commercianti conduce il giudice remittente a individuare il tertium comparationis occorrente per fondare la denunciata violazione del principio di eguaglianza nell'art. 1, terzo comma, lett. c) della legge 25 novembre 1971, n. 1088, il quale equipara gli agenti di assicurazione agli agenti di commercio ai fini dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie. In base a questa norma la giurisprudenza più recente - in contrasto con l'interpretazione restrittiva accolta da pronunce anteriori (cfr. Cass. n. 1266 del 1984) e sostenuta dall'I.N.P.S. nella deliberazione n. 61 del 1982 e nella successiva circolare n. 708 - estendeva il beneficio in questione agli agenti di assicurazione (cfr. Cass. nn. 2512 e 3627 del 1987, 813 del 1988, 5732 del 1990).

Va però rilevato che l'equiparazione disposta dalla legge n. 1088 del 1971 non è fondata su una omogeneità di contenuti (e quindi di funzioni di mercato) delle attività di agente di commercio e di agente di assicurazione, ma soltanto su una valutazione di opportunità circoscritta alla materia della previdenza sociale per i lavoratori autonomi, nell'ambito della quale all'identità di natura del rapporto contrattuale tra gli agenti dell'una e dell'altra categoria e i loro preponenti deve corrispondere, indipendentemente dalla diversità delle rispettive attività, uniformità di disciplina. Fuori dal campo della tutela previdenziale del rapporto di agenzia non opera un criterio di equiparazione, ma il criterio opposto risultante dalla norma generale dell'art. 2195 cod. civ., il quale tiene distinta l'attività assicurativa dall'attività commerciale in senso stretto (ossia intermediaria nella circolazione dei beni), e conseguentemente separa anche le corrispondenti attività ausiliarie.

Perciò il riferimento dell'art. 20, n. 1, del d.l. n. 30 del 1974 all'iscrizione negli elenchi nominativi di cui alla legge n. 1397 del 1960 non è un dato utilizzabile per una interpretazione estensiva eccedente la lettera legislativa, la quale limita ai <datori di lavoro artigiani e commercianti> il beneficio della riduzione dell'aliquota dei contributi previdenziali per gli assegni familiari ai dipendenti: tale interpretazione non ha qui il supporto dell'identità di ratio sottesa all'equiparazione degli agenti di assicurazione agli agenti di commercio agli effetti dell'assicurazione obbligatoria, nel loro interesse, contro le malattie.

Si giustifica così l'intervento del legislatore con una norma di interpretazione autentica volta a chiarire - a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione - che la detta equiparazione non vale ai fini della determinazione dei contributi dovuti alla Cassa unica per gli assegni familiari spettanti agli ausiliari subordinati delle agenzie di assicurazione.

3. - Sul riflesso che l'interpretazione sancita dalla citata giurisprudenza della Corte di cassazione costituiva, comunque, <diritto vivente>, la parte privata ha contestato la natura di interpretazione autentica della disposizione impugnata, affermandone, invece, la natura di norma innovativa munita di retroattività. Tale questione (risolta nel primo senso dalla medesima Corte con la sentenza n. 9899 del 1990) non può essere qui presa in esame perchè l'art. 2, sedicesimo comma, del d.l. n. 338 del 1989 non è stato impugnato, nemmeno in subordine, nella parte in cui incide retroattivamente sugli obblighi contributivi già scaduti prima dell'entrata in vigore del decreto stesso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art . 2, sedicesimo comma (divenuto quindicesimo in seguito alla soppressione del nono comma del medesimo articolo operata in sede di conversione), del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338 (Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 1989, n. 389, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/12/90.