Sentenza n. 526 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.526

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2753 e 2754 del codice civile in relazione alla legge 22 luglio 1966, n. 613, e successive modifiche; dello stesso art. 2754 anche in relazione all'art. 4, n. 3 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 febbraio 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra l'I.N.A.I.L. e il Fallimento Soc. <L'Ebanista> di Rossino Guerrino ed altro, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 13 febbraio 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra l'I.N.P.S. e il Fallimento Bardazzi Lando, iscritta al n. 299 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1990;

3) ordinanza emessa il 30 gennaio 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra l'I.N.A.I.L. e il Fallimento s.d.f. Lostumbo e Mauro Riparazioni, iscritta al n. 368 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visti gli atti di costituzione dell'I.N.A.I.L. e dell'I.N.P.S.;

udito nell'udienza pubblica del 9 ottobre 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'avv. Gianluca Bozzi per l'I.N.A.I.L.

Ritenuto in fatto

1.- Con tre ordinanze, la prima del 30 gennaio, le altre del 13 febbraio 1990, il Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2753 e 2754 cod. civ. (con la prima e la terza ordinanza del solo art. 2754, con la seconda di entrambi) nella parte in cui accordano il privilegio generale sui beni mobili del debitore ai crediti per contributi previdenziali dovuti in proprio da lavoratori autonomi, e in particolare da "società di fatto per lavoro non dipendente dei soci", da "artigiani lavoranti in proprio" e "piccoli commercianti".

In conformità della prevalente giurisprudenza di merito, ma in contrasto con due recenti sentenze della Corte di cassazione (n. 4373 del 1989 e n. 5818 del 1990), le norme denunciate - le quali riferiscono il privilegio ai "beni mobili del datore di lavoro" e quindi, letteralmente, alle obbligazioni contributive derivanti da rapporti di lavoro subordinato - sono ritenute dal giudice remittente insuscettibili, nonchè di estensione analogica, in quanto portano eccezione al principio della par condicio creditorum, nemmeno di interpretazione estensiva.

Alla stregua di questa stretta interpretazione, che esclude il privilegio per i crediti relativi ai contributi dovuti a titolo di lavoro autonomo, le norme denunciate sono giudicate contrastanti col principio di eguaglianza, non essendo ragionevole la disparità di trattamento riservata a crediti aventi la medesima causa, tenuto conto della progressiva assimilazione, ai fini previdenziali, del lavoro autonomo al lavoro subordinato.

2.- Nei giudizi davanti alla Corte promossi dalle ordinanze nn. 298 e 368 si é costituito l'I.N.A.I.L., chiedendo in principalità una sentenza interpretativa di rigetto o, in subordine, l'accoglimento della questione.

Secondo l'I.N.A.I.L., alla luce dell'evoluzione storica della disciplina dei privilegi in materia previdenziale, l'art. 2754 cod. civ., coordinato con l'art. 9 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che elenca i soggetti da considerarsi "datori di lavoro", é suscettibile di una interpretazione comprensiva anche dei casi di cui si controverte nei giudizi a quibus.

Nel giudizio promosso dall'ordinanza n. 299/90 si é costituito l'I.N.P.S. chiedendo che la questione sia dichiarata infondata secondo la recente giurisprudenza della Corte di cassazione.

Considerato in diritto

 1. - Il Tribunale di Torino contesta la legittimità costituzionale degli artt. 2753 e 2754 cod. civ., modificati dalla legge 29 luglio 1975, n. 426, nella parte in cui non prevedono il privilegio generale sui beni mobili del debitore anche a garanzia dei crediti degli istituti o enti di previdenza per premi o contributi dovuti da lavoratori autonomi, in particolare da artigiani lavoranti in proprio, da piccoli commercianti e da società, anche di fatto, per i propri soci d'opera.

2.-I giudizi instaurati dalle tre ordinanze hanno per oggetto questioni analoghe e pertanto vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. - La questione non è fondata nei sensi appresso spiegati.

Conviene anzitutto ricapitolare brevemente l'evoluzione legislativa in materia di privilegio generale accordato ai crediti degli istituti o enti gestori delle assicurazioni sociali.

Originariamente previsto dall'art. 16 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, sull'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, e dall'art. 54 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, sulla previdenza sociale, il privilegio fu poi codificato dal legislatore del 1942 negli artt. 2753 e 2754 cod. civ.

Entrambi indicavano come oggetto della prelazione i <mobili del datore di lavoro>, espressione che, almeno nell'art. 2753, aveva il significato proprio del diritto del lavoro, essendo allora la previdenza sociale limitata ai prestatori di lavoro subordinato.

L'estensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti ai lavoratori autonomi (coltivatori diretti, mezzadri e coloni; artigiani e piccoli commercianti e loro coadiuvanti o coadiutori) è avvenuta con le leggi 26 ottobre 1957> n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, il cui art. 1 rinvia, <per quanto non diversamente disposto dagli articoli seguenti>, alla disciplina del r.d.l. 1827 del 1935, e quindi anche all'art. 54, ripetuto nell'art. 2753 cod. civ., per quanto riguarda la garanzia specifica delle obbligazioni contributive. L'estensione della garanzia ai crediti delle gestioni speciali I.N.P.S. per i lavoratori autonomi fu poi confermata dall'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153, il quale accordava il privilegio generale sui mobili del debitore a tutti i crediti per contributi dovuti a istituti o enti gestori delle assicurazioni sociali.

L'art. 66 è stato abrogato dalla legge n. 426 del 1975 (art. 16), che ha riformato la disciplina dei privilegi, conservando tuttavia nel nuovo testo degli artt. 2753 e 2754 cod. civ. il riferimento ai <mobili del datore di lavoro>.

Queste vicende legislative, secondo il Tribunale, conferiscono al silenzio degli articoli novellati circa i crediti per contributi dovuti in proprio dai lavoratori autonomi un valore significativo della <volontà di riaffermare il privilegio limitatamente al rapporto di lavoro subordinato>.

Non è spiegato per quale ragione il legislatore del 1975 avrebbe <deliberatamente> innovato in questo senso (regressivo) le norme sui privilegi, e anzi si afferma, ma solo come motivo di denuncia di incostituzionalità, che <non si ravvisano elementi comprovanti una intrinseca razionalità della discriminazione evidenziata>.

4. -L'evoluzione normativa brevemente descritta nel numero prece dente depone a sfavore dell'interpretazione sostenuta dal giudice remittente, contro la quale, dopo la sentenza n. 4373 del 1989, la Corte di cassazione si è nuovamente pronunciata con la sentenza n. 5818 del 1990, onde non si può dire - come si legge nelle ordinanze di rimessione - che essa rappresenta il <diritto vivo e vigente>.

Posto che la causa del credito, in considerazione della quale la legge accorda il privilegio, non è la tutela del lavoratore subordinato in quanto contraente debole, nè l'automaticità delle prestazioni previdenziali (in origine, fino al 1969, esclusa anche nei rapporti con i lavoratori subordinati per le prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti), ma l'interesse pubblico al reperimento e alla conservazione delle fonti di finanziamento della previdenza sociale, non è ragionevolmente pensabile che il legislatore del 1975 abbia voluto restringere la tutela di tale interesse alle obbligazioni contributive derivanti dai rapporti di lavoro, revocando all'ente che ne è portatore il diritto di prelazione attribuito dalle leggi precedenti nei confronti dei lavoratori autonomi. Si può bensì ritenere che la legge del 1975, in quanto regolatrice dell'intera materia, abbia implicitamente abrogato, ai sensi dell'art. 15 disp. prel. cod. civ., tutte le norme precedenti in materia di privilegio per i crediti di contribuzione alla previdenza sociale, e quindi (oltre all'art. 66 della legge n. 153 del 1969) anche l'art. 1 della legge n. 463 del 1959 e l'art. 1 della legge n. 613 del 1966 nella parte in cui rinviano all'art. 54 del r.d.l. n. 1827 del 1935, ma allora l'indice letterale, che apparentemente restringe l'ambito applicativo delle nuove norme, deve essere superato con una corretta interpretazione estensiva.

La possibilità di tale interpretazione è negata dal giudice remittente alla stregua di una concezione riduttiva di questo strumento ermeneutico, la quale ne ammette l'utilizzabilità solo nei limiti consentiti dalla <massima espansione della portata semantica dell'espressione legislativa>. Si deve ritenere, invece, che si versa ancora nel campo dell'interpretazione (senza trasmodare nel procedimento analogico, produttivo di nuove norme) quando l'estensione della norma a un caso non compreso nella lettera legislativa sia giustificata da un giudizio di meritevolezza del medesimo trattamento, fondato sulla ratio legis indipendentemente dalla somiglianza al caso previsto.

Di questo secondo tipo è l'interpretazione estensiva di cui è suscettibile l'art. 2753 cod. civ. in ordine ai crediti degli istituti previdenziali per i contributi dovuti in proprio dai lavoratori autonomi. Essa prende le mosse dal risultato di una preliminare interpretazione estensiva del primo tipo, la quale include nel significato dell'espressione <datore di lavoro> anche i rapporti (non di lavoro in senso tecnico) degli artigiani e dei piccoli commercianti con i loro familiari coadiuvanti o coadiutori (definiti, rispettivamente, dall'art. 2 della legge n. 463 del 1959 e dall'art. 2 della legge n. 613 del 1966). Acquisito questo risultato, si argomenta ulteriormente, alla luce della ratio dell'art. 2753, che il privilegio accordato all'I.N.P.S. a garanzia del pagamento dei contributi dovuti dal titolare per i partecipanti a un'impresa familiare artigiana o commerciale, a maggior ragione deve valere a garanzia dei contributi da lui dovuti per sè. Tale conclusione trova conferma nell'art. 2, primo comma, della legge 2 agosto 1990, n. 233, portante riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi, il quale considera unitariamente le due categorie di obblighi contributivi.

5. - Quanto all'art. 2754 cod. civ., va osservato che il riferimento delle ordinanze nn. 298 e 368/90 all'impresa artigiana individuale di cui all'art. 4, n. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 tocca un aspetto della questione irrilevante nei rispettivi giudizi principali, trattandosi in entrambi di premi dovuti all'I.N.A.I.L. da società di fatto (fallite) per i loro soci d'opera.

Ciò posto, è sufficiente il primo dei due modi dell'interpretazione estensiva sopra distinti per includere questo caso nel campo di applicazione della norma. Nel contesto normativo in esame l'espressione <datore di lavoro> va sicuramente intesa in una accezione comprensiva anche dei rapporti tra le società personali e i soci che hanno conferito la propria opera: tali rapporti, pur avendo natura diversa dal rapporto di lavoro, hanno per oggetto l'apporto di una attività lavorativa che, nei confronti del soggetto collettivo (creditore), è connotata dagli elementi della subordinazione.

Del resto, il ricorso all'interpretazione estensiva non è a rigore necessario ai fini dell'applicabilità dell'art. 2754 ai premi dovuti all'I.N.A.I.L. dalle società cooperative di lavoro per i loro soci lavoratori e dalle società personali per i soci d'opera. In relazione all'assicurazione gestita da tale Istituto (equiparata all'assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti ai fini della graduatoria del privilegio: art. 4, terzo comma, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389) il significato del termine <datore di lavoro> si determina, come indicava il testo originario del 1942, <in conformità della legge sull'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali>, cioè conformemente all'art. 6 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, modificato dalla legge 19 gennaio 1963, n. 15, poi divenuto l'art. 9 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Agli effetti delle norme contenute nel titolo I, e quindi anche dell'art. 33, concernente il diritto di prelazione dell'I.N.A.I.L.,. sui beni mobili del debitore, <le società cooperative e ogni altro tipo di società, anche di fatto, comunque denominata costituite totalmente o in parte da prestatori d'opera>, sono considerate datori di lavoro nei confronti dei propri soci soggetti all'obbligo di assicurazione ai sensi dell'art. 4, n. 7.

L'art. 33, primo comma, è stato abrogato dalla legge n. 426 del 1975 nella parte in cui prevedeva un limite temporale di operatività del privilegio, che il novellato art. 2754 cod. civ. ha rimosso, ma rimane in vigore nella parte in cui rinvia alla disciplina del codice in materia di privilegio dei crediti per i premi dovuti all'Istituto assicuratore, e come norma di rinvio continua a svolgere una funzione di raccordo dell'art. 2754 con la nozione di datore di lavoro definita dall'art. 9 del testo unico citato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2753 e 2754 cod. civ., modificati dalla legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969, n. 153, in materia di privilegi), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/11/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/11/90.