ORDINANZA N.502
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 549, 554, primo comma, 415, secondo comma, del codice di procedura penale e dell'art. 157 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 19 marzo 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona in un procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 339 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona, chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero in un procedimento a carico di ignoti per il reato di lesioni personali volontarie in danno di Bertele Roberto, reato perseguibile d'ufficio - premesso che <ben potrebbe il Bertele essere convocato dal P.M. per fornire le indicazioni non date alla polizia giudiziaria>, apparendo tale convocazione <idonea a fornire effettivamente elementi utili per la prosecuzione della indagini>, ma che al giudice a quo, diversamente da quanto previsto per il giudice delle indagini preliminari presso il tribunale, non è consentito <imporre al P.M. l'espletamento di atti di indagine>, essendo egli, pur nell'ipotesi in cui ritenga <che tale persona potrebbe essere individuata sulla base di indagini concretamente effettuabili>, tenuto ad <archiviare, eventualmente segnalando al procuratore generale l'opportunità delle ulteriori indagini> ai sensi dell'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) - ha, con ordinanza del 19 marzo 1990, sollevato in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, questione di legittimità degli artt. 549, 554, primo comma, e 415, secondo comma, del codice di procedura penale, <nella parte in cui non prevedono la possibilità per il giudice per le indagini preliminari> presso il pretore <di indicare con ordinanza al P.M. le indagini ulteriori ritenute necessarie, fissando il termine indispensabile per il loro compimento>;
e che con la stessa ordinanza il giudice a quo ha anche sollevato, sempre in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, questione di legittimità del combinato disposto degli artt. 549, 554, secondo comma, del codice di procedura penale e 157 del testo delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), <nella parte in cui impediscono al G.I.P. presso la pretura circondariale di ottenere l'integrazione delle indagini carenti e quindi non gli consentono di imporre la citazione a giudizio della persona sottoposta alle indagini in presenza di elementi, idonei ex art. 125 disp. att., acquisiti a seguito di ordinanza>, questione che, peraltro, lo stesso giudice a quo riconosce <qui non rilevante ma strettamente connessa e verosimilmente apprezzabile> alla stregua dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall' Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate, in via principale, inammissibili e, in subordine, infondate.
Considerato che, trattandosi di procedimento a carico di ignoti, l'ordinanza di rimessione chiama in causa, oltre all'art. 554, secondo comma, del codice di procedura penale, l'art. 415 dello stesso codice, appositamente dettato per l'archiviazione in caso di reato di competenza del tribunale o della corte di assise commesso da persone ignote, l'art. 549, che contempla l'osservanza, per tutto quanto non espressamente previsto per il procedimento davanti al pretore, delle <norme relative al procedimento davanti al tribunale in quanto applicabili>, e l'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale;
che questa Corte, nel dichiarare, con sentenza n. 409 del 1990, non fondata <nei sensi di cui in motivazione> la questione di legittimità dell'art. 415, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata nella parte ove non consente al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di indicare ulteriori indagini al pubblico ministero, <una volta che questi gli abbia presentato richiesta di archiviazione per essere ignoti gli autori del reato>, si è basata su una <possibile interpretazione> dell'art. 415, secondo comma, del codice di procedura penale <tale da far emergere una figura di giudice per le indagini preliminari in grado di indicare al pubblico ministero gli approfondimenti non ancora compiuti e, quindi, non vincolato alla pronuncia del decreto di archiviazione nemmeno quando non gli sia possibile ordinare l'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome di una persona già individuata>;
che, successivamente, con sentenza n. 445 del 1990, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e l'illegittimità costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del codice di procedura penale, <nella parte in cui non prevede che, di fronte ad una richiesta di archiviazione presentata per infondatezza della notizia di reato, il giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse>;
che, quindi, il giudice a quo deve riesaminare, alla stregua del nuovo quadro normativo risultante dalle indicate decisioni della Corte, la concreta rilevanza della proposta questione (v. ordinanze nn. 222 e 463 del 1990).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/10/90.
Giovanni CONSO, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 26/10/90.