SENTENZA N.498
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, della legge regionale siciliana 29 dicembre 1989, n. 19 (Esercizio provvisorio del bilancio della Regione Siciliana per l'anno finanziario 1990, norme per assicurare la riscossione delle entrate e norme relative al bilancio dell'Ente acquedotti siciliani), promosso con ordinanza emessa il 28 marzo 1990 dal T.A.R. per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - nel ricorso proposto dalla S.p.A. < Nuova G. Barbera> contro la Presidenza della Regione Sicilia ed altri, iscritta al n. 398 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale dell'anno 1990.
Visto l'atto di costituzione della S.p.A. < Nuova G. Barbera> nonchè l'atto di intervento della Regione Sicilia;
udito nell'udienza pubblica del 25 settembre 1990 il Giudice relatore Enzo Cheli;
uditi l'avv. Andrea Scuderi per la S.p.A. < Nuova G. Barbera>) e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per la Regione Sicilia.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso del giudizio promosso p dalla "Nuova G. Barbera S.p.A." ai fini dell'annullamento di taluni provvedimenti adottati dalla Regione Siciliana in tema di nomina del commissario governativo delegato alla riscossione dei tributi nelle Province di Catania, Messina, Ragusa e Siracusa, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge regionale 29 dicembre 1989, n. 19 (Esercizio provvisorio del bilancio della Regione siciliana per l'anno 1990, norme per assicurare la riscossione delle entrate e norme relative al bilancio dell'Ente acquedotti siciliani), in riferimento all'art. 17 dello Statuto regionale siciliana, nonchè ai principi stabiliti dalla le e statale normazione di delegazione 4 ottobre 1986, n. 657 e dalla conseguente normazione delegata espressa nel d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, sulla istituzione e disciplina del servizio di riscossione dei tributi.
La norma impugnata stabilisce che, sino all'entrata in vigore della normativa regionale prevista dall'art. 132 del citato d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, la Regione affidi transitoriamente la riscossione dei tributi ad un commissario governativo da nominarsi per la durata di tre mesi, prorogabili per un ulteriore periodo non superiore a tre mesi, scegliendolo fra gli istituti e le aziende di credito, o loro speciali sezioni autonome, di cui all'art. 5, lettere a) e d), R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375 e successive modifiche, nonchè fra società per azioni, con capitale non inferiore a 20 miliardi, interamente costituite dai predetti istituti ed aziende di credito.
Ad avviso del giudice a quo tale disposizione risulterebbe in contrasto con l'art. 17 dello Statuto della Regione Sicilia in quanto verrebbe a violare "i principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato" in materia tributaria e, in particolare, i principi posti nell'art. 1, primo comma, lett. g) ed e), punto 3 della legge 4 ottobre 1986, n. 657 e negli artt. 24 e 31, primo comma, lett. c) del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, anche in riferimento all'art. 132 di tale decreto delegato, in base al quale "i principi risultanti dalla legge 4 ottobre 1986, n. 657, e dal presente decreto si applicano anche alla Regione siciliana, che provvede con legge all'istituzione e alla disciplina dei servizio di riscossione dei tributi nell'esercizio della competenza legislativa ad essa spettante in materia".
Più esattamente, tra i principi contenuti nella legislazione nazionale, risulterebbero illegittimamente disattesi dal legislatore regionale il principio secondo cui il ricorso all'istituto del commissario governativo é possibile nel solo caso di revoca o decadenza della concessione (art. 1, primo comma, lett. g), legge n. 657 del 1986 ed art. 24 d.P.R. n. 43 del 1988) ed il principio secondo cui la riscossione., anche nel caso di nomina di un commissario governativo, può essere affidata, fra gli altri soggetti, anche alle società per azioni costituite non solo da aziende ed istituti di credito ma anche da persone fisiche, con capitale interamente versato non inferiore ad un miliardo, aventi per oggetto esclusivo la gestione in concessione del servizio (art. 1, primo comma, lett. e), punto 3, legge n. 657 del 1986; artt. 24, primo comma, e 31, primo comma, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1938).
In ordine alla rilevanza della questione, il Tribunale osserva che la Regione ha respinto la domanda di nomina a commissario presentata dalla società ricorrente, malgrado che questa fosse in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa statale (disponendo di un capitale sociale superiore al miliardo) ma non di quelli richiesti dalla normativa regionale (capitale sociale non inferiore a 20 miliardi), mentre ha accolto, in base alla stessa normativa, l'analoga domanda di altra società, la SO.GE.SI. S.p.A.
Con riferimento al merito il Tribunale osserva che - come riconosciuto da varie pronunce di questa Corte costituzionale - la Regione Sicilia ha, in materia tributaria, una potestà legislativa "concorrente" fondata sull'art. 36, primo comma, dello Statuto regionale e vincolata al rispetto dei limiti di cui all'art. 17 dello stesso Statuto: di tal che, a fronte di una normativa statale che ha definito tassativamente i possibili soggetti concessionari individuando una delle strutture portanti del servizio di riscossione la legge regionale non avrebbe potuto legittimamente individuare, neppure in via transitoria, criteri più restrittivi, come invece é avvenuto con la norma impugnata.
2.- Si é costituita in giudizio la "Nuova G. Barbera S.p.A.", parte ricorrente nel giudizio a quo, al fine di sostenere l'illegittimità della norma impugnata per violazione dei principi espressi dalla legge statale, così come specificato nell'ordinanza di rimessione del Tribunale amministrativo.
3.- É intervenuto il Presidente della Regione Siciliana, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha eccepito in primo luogo l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza e per nullità assoluta della ordinanza di rimessione, in quanto emessa nella fase cautelare del giudizio, in violazione delle norme sul processo amministrativo poste a garanzia della regolarità del contraddittorio e in temporaneo difetto di competenza funzionale. In proposito l'Avvocatura osserva che la questione prospettata non rileva ai funi dell'incidente cautelare, che é stato già deciso, bensì ai funi della pronuncia sul merito della controversia, per la quale il giudice a quo avrebbe dovuto fissare una pubblica udienza con relativi termini a difesa. La difesa della Regione ha eccepito altresì due ulteriori profili di inammissibilità, riferiti alla sopravvenuta carenza d'interesse (conseguente al decorso del termine previsto dalla norma impugnata) ed alla asserita assenza nella società ricorrente dei requisiti indicati nell'art. 115 del d.P.R. n. 43 del 1988 (per aver cessato di svolgere attività esattoriali fin dal 1984).
Con riferimento al merito della controversia, la difesa regionale sostiene che la norma impugnata, avendo posto una disciplina di dettaglio, risulterebbe compatibile sia con i principi posti dalla legislazione statale, sia con la formulazione dell'art. 132 del d.RR. n. 43 del 1988.
4.- In prossimità dell'udienza di discussione la "Nuova G. Barbera S.p.A." ha presentato memoria per ribadire l'illegittimità della norma impugnata. In tale memoria viene rilevata la sopravvenienza della legge regionale siciliana 5 settembre 1990 n. 35 (Istituzione e disciplina del servizio di riscossione dei tributi), dove é stata prorogata fino al 31 dicembre 1990 la permanenza in carica del commissario governativo nominato ai sensi dell'art. 3 della legge regionale n. 19 del 1989 (art. 41), e dove i soggetti concessionari sono stati individuati secondo gli stessi criteri già previsti dalla stessa legge regionale n. 19 del 1989 (art. 20). Di conseguenza, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, viene richiesta l'estensione della dichiarazione d'illegittimità costituzionale anche agli artt. 20, primo comma, e 41 della legge della Regione Siciliana 5 settembre 1990 n. 35.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia- Sezione distaccata di Catania dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge regionale siciliana 29 dicembre 1989, n. 19, concernente la nomina da parte della Regione del commissario governativo delegato, in via provvisoria, alla riscossione dei tributi, in relazione al superamento del limite dei principi e degli interessi generali cui si informa la legislazione statale posto dall'art. 17 dello Statuto siciliano.
Secondo il giudice a quo, infatti, la norma impugnata, nel prevedere la nomina di un commissario governativo da scegliere < < fra gli istituti e le aziende di credito di cui all'art. 5, lettere a) e d) del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375 e successive modifiche, le speciali sezioni autonome degli istituti e aziende di credito previsti dalle lettere a) e d) dell'art. 5 citato, nonchè fra le società per azioni, con capitale non inferiore a 20 miliardi, interamente costituite dai predetti istituti ed aziende di credito>, verrebbe a confliggere con i principi e gli interessi generali posti dalla legislazione statale in tema di riscossione dei tributi (legge 4 ottobre 1986 n. 657 e d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43) e in particolare con il principio in base al quale le concessioni del servizio di riscossione possono essere conferite, fra gli altri soggetti, anche a società per azioni costituite non da sole aziende o istituti di credito, ma anche da persone fisiche, con capitale interamente versato non inferiore al miliardo, avente per oggetto esclusivo la gestione in concessione del servizio ed il cui statuto preveda l'inefficacia nei confronti della società del trasferimento di azioni per atto tra vivi non preventivamente autorizzato dal Ministero delle finanze (art. 1, primo comma, lett. e) n. 3 legge n. 657/86 e artt. 24, primo comma, e 31, primo comma, lett. c) d.P.R. n. 43/88).
La Regione Siciliana, costituitasi in giudizio, eccepisce vari profili d'inammissibilità della questione (violazione delle norme del processo amministrativo poste a garanzia del contraddittorio e difetto di rilevanza; sopravvenuta carenza di interesse; assenza nella società ricorrente dei requisiti richiesti ai fini della concessione) e contesta nel merito la fondatezza della questione.
2.- Va in primo luogo esaminata l'eccezione di inammissibilità prospettata dalla Regione Siciliana per violazione da parte del giudice a quo delle norme del processo amministrativo poste a garanzia della regolarità del contraddittorio e per difetto di rilevanza della questione.
Tale eccezione risulta fondata.
La questione di costituzionalità è stata sollevata dal Tribunale amministrativo nella camera di consiglio fissata per decidere la domanda cautelare proposta dalla < Nuova G. Barbera S.p.A.> ed è stata formalizzata nello stesso contesto dell'ordinanza che ha disposto il rigetto della domanda di sospensione dei provvedimenti regionali impugnati.
La questione risulta, di conseguenza, priva di rilevanza rispetto alla fase cautelare, essendosi questa già conclusa mediante l'adozione di una pronuncia di rigetto della sospensiva. Nè, d'altro canto, tale questione può considerarsi tempestiva in relazione alla fase destinata all'esame del merito della controversia, rispetto alla quale - come rileva la difesa regionale-non risultavano ancora perfezionati, al momento dell'adozione dell'ordinanza di rimessione, i requisiti processuali relativi all'assegnazione della causa ed alla sua trattazione nel merito, con la conseguenza che l'organo remittente si trovava, a quel momento, sprovvisto di poteri decisori anche in ordine alla proposta questione di legittimità costituzionale (v. sent. 579 del 1989).
Va, pertanto, dichiarata l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza ed assenza dei requisiti processuali per la sua proposizione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge regionale siciliana 29 dicembre 1989, n. 19 (Esercizio provvisorio del bilancio della Regione Siciliana per l'anno finanziario 1990, norme per assicurare la riscossione delle entrate e norme relative al bilancio dell'Ente acquedotti siciliani), sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione distaccata di Catania -, in riferimento all'art. 17 dello Statuto siciliano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/10/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Enzo CHELI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 26/10/90.