SENTENZA N.454
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 27, secondo comma, ultimo alinea, della legge 24 maggio 1952, n. 610 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti e dei pensionati degli Istituti di previdenza e modifiche agli ordinamenti degli Istituti stessi), promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1989 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Vollono Giuseppe contro la Cassa di previdenza per le pensioni ai dipendenti degli enti locali, iscritta al n. 318 del registro ordinanze del 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto in fatto
1.- Vollono Giuseppe, ex dipendente del Comune di Castellammare di Stabia, con istanza del 26 febbraio 1976, chiedeva alla Cassa di previdenza dipendenti enti locali (C.P.D.E.L.) il riscatto del servizio militare ai fini pensionistici, nel minimo influente, con facoltà di pagamento del relativo contributo mediante trattenuta vitalizia sulla pensione anzichè con trattenuta totale dei primi ratei. Avendo la C.P.D.E.L. disatteso la domanda, adiva la Corte dei conti, la quale, con ordinanza dell'8 novembre 1989 (R.0. n. 318 del 1989), sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, secondo comma, ultimo alinea, della legge 24 maggio 1952, n. 610, nella parte in cui non prevede il pagamento dei contributo di riscatto con ritenuta sulla pensione di una quota vitalizia anche nel caso di domanda presentata dall'iscritto dopo la cessazione dal servizio.
La Corte ha osservato che é irrazionale la norma denunciata in quanto l'art. 73 del regio decreto legge 3 marzo 1938, n. 680, prevede la invocata forma di pagamento del contributo di riscatto nel caso in cui la domanda sia stata protestata dall'iscritto in costanza del rapporto di servizio ed i relativi pagamenti non siano stati ultimati alla sua cessazione; ha aggiunto che nelle due fattispecie, quella dell'art. 27 denunciato e quella del suddetto art. 73, rilevano gli stessi elementi, cioé l'età dell'iscritto al momento della presentazione della domanda sulla cui base, in applicazione dei calcolo attuariale, si determina l'ammontare del contributo. Ha rilevato, poi, che risulterebbe violato l'art. 36 della Costituzione perchè il richiedente é posto nella necessità di scegliere tra la privazione dei mezzi di sussistenza per il periodo necessario ad assolvere il pagamento del contributo di riscatto e la rinuncia al riscatto con la conseguenza o di liquidare una pensione di minore importo o addirittura di non conseguirla affatto per insufficienza del periodo utile.
2.- L'ordinanza é stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
2.1- Nel giudizio é intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza dei Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per la infondatezza della questione.
Ha osservato che, in base alla vigente disciplina (art. 9, legge 26 luglio 1965, n. 965) il contributo da pagarsi in un'unica soluzione viene determinato sulla scorta delle tabelle attuariali che tengono conto della retribuzione annua contributiva, del periodo da riscattare, dell'età dell'iscritto alla data della presentazione della domanda e del servizio utile a detta data, con o senza la inclusione del periodo da riscattare.
Il contributo da pagarsi ratealmente viene rideterminato sulla base di un'altra tabella (all. C della legge 11 aprile 1955, n. 379) che tiene ulteriormente conto dell'età dell'iscritto e dei numero degli anni in cui il versamento rateale deve essere effettuato. Nell'ipotesi di cessazione del servizio senza che sia avvenuto l'intero pagamento rateale, l'iscritto, il quale non vuole versare il residuo debito rateizzato o l'intero contributo in un'unica soluzione, può optare per il pagamento sotto forma di debito vitalizio da trattenersi sulle mensilità di pensione.
Infine, nel caso di presentazione della domanda di riscatto dopo la cessazione dal servizio, la norma denunciata stabilisce che l'iscritto o la sua vedova o i suoi orfani paghino il premio di riscatto con recupero sulle intere prime rate della pensione.
Le ipotesi esaminate sono nettamente distinte e la norma sospetta di illegittimità costituzionale é evidentemente di favore in quanto consente all'iscritto, che durante l'attività di servizio non si sia avvalso del beneficio del riscatto, di conseguirlo egualmente, mentre, nel medesimo tempo, prevede a favore della Cassa un sistema garantistico. La sua ratio si identifica in evidenti ragioni tecniche nonchè nella salvaguardia dell'equilibrio tecnico-finanziario della Cassa dai rischi insiti nel sistema di determinazione del contributo di riscatto: il che non contrasta con i principi costituzionali in materia di previdenza.
Considerato in diritto
1.-La Corte dei conti dubita della legittimità costituzionale dell'art. 27, secondo comma, ultimo alinea, della legge 24 maggio 1952, n. 610, nella parte in cui non consente all'iscritto alla Cassa di previdenza che abbia domandato il riscatto dopo la cessazione dal servizio attivo, di pagare il relativo contributo in forma dilazionata, a mezzo di ritenuta sulla pensione di una quota vitalizia, diversamente da quanto stabilisce l'art. 73 del regio decreto legge 3 marzo 1938, n. 680, per il caso in cui la domanda di riscatto sia stata proposta in costanza del rapporto di servizio ed i relativi pagamenti non si siano esauriti alla sua cessazione. Secondo la Corte remittente risulterebbe violato l'art. 36 della Costituzione in quanto il pagamento immediato da effettuarsi a mezzo ritenute sulle prime intere rate di pensione pone al richiedente la scelta tra la privazione dei mezzi di sussistenza durante il periodo corrispondente a siffatte integrali ritenute e la rinuncia al riscatto con conseguente possibilità di non liquidare alcuna pensione o di liquidarne una di importo minore.
2. - La questione è fondata.
L'art. 27 della legge n. 610 del 1952, modificando l'art. 14 del decreto legge n. 143 del 1946, secondo cui, gli iscritti alla Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali dovevano presentare le domande di riscatto, a pena di decadenza, prima della cessazione definitiva dal servizio, statuisce che le dette domande possono essere presentate anche posteriormente a tale data; che, ai fini della determinazione del relativo contributo, si considera l'età dell'iscritto alla data di cessazione ed infine che il recupero del contributo viene effettuato con ritenuta sulle intere prime rate del complessivo assegno di quiescenza dovuto o sulla indennità. Ne consegue che il titolare della pensione viene privato dell'intero importo dei rispettivi ratei per tanti mesi fino allo scomputo del contributo.
Invece, in base all'art. 73 del regio decreto legge n. 680 del 1938, l'impiegato che ha chiesto il riscatto prima della cessazione dal servizio e con pagamento rateale del contributo, nel caso di cessazione dal rapporto di impiego senza aver scontato il contributo per intero, o, in caso di morte, la sua vedova o i suoi orfani devono versare, o in un unica soluzione o con ritenuta del quinto della pensione, l'importo delle rate del contributo che avrebbero dovuto essere versate qualora il pagamento rateale avesse avuto effetto dal primo del mese successivo alla presentazione della domanda di riscatto, diminuito dell'importo delle rate effettivamente versate ed aumentato di quello degli interessi di mora. Per le ulteriori rate, l'impiegato che ha acquistato il diritto alla pensione ha la facoltà di versare in una sola volta il valore capitale determinato secondo la tabella C allegata alla legge oppure di chiedere che la pensione spettantegli sia ridotta di una quota vitalizia da calcolarsi in base alla tabella B allegata alla stessa.
2.1-Si osserva che le fattispecie disciplinate dalle suddette disposizioni sono sostanzialmente analoghe in quanto nell'uno e nell'altro caso il contributo si determina in base all 'età dell' iscritto. Il solo elemento differenziale è il momento della presentazione della domanda di riscatto se prima o dopo la cessazione dal servizio. Ma questo elemento non ha per se stesso decisiva rilevanza e non può fondare una ragionevole discriminazione. Invero, anche nelle ipotesi di domande presentate prima della cessazione dal servizio può accadere che, a quel momento, la domanda non sia stata nemmeno accolta o quanto meno che non abbia avuto ancora inizio il pagamento del contributo o che ne residui una parte molto rilevante. In tale situazione la disposizione impugnata non è affatto razionale, non trovando adeguata giustificazione il potere della Cassa di detrarre dall'ammontare della pensione tutto in una volta l'intero contributo, con la eventualità che siano trattenuti interi ratei del relativo trattamento per lungo tempo, mentre è più logico che la pensione sia ridotta di una quota vitalizia da calcolarsi in base alla tabella B allegata alla legge cosi come è disposto dall'art. 73, terzo comma, regio decreto legge n. 680 del 1938. Peraltro, il dipendente o la sua vedova o i suoi orfani non possono essere privati del tutto della pensione che, secondo il disposto dell'art. 36 della Costituzione, ha natura essenzialmente alimentare ed è diretta a soddisfare le loro esigenze di vita.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, secondo comma, ultimo alinea, della legge 24 maggio 1952, n. 610 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti e dei pensionati degli Istituti di previdenza e modifiche agli ordinamenti degli Istituti stessi), nella parte in cui prevede che il contributo relativo a riscatti domandati dopo la cessazione del servizio venga recuperato mediante ritenuta sulle intere prime rate del complessivo assegno di quiescenza anzichè, alla stregua dell'art. 73 del regio decreto legge 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali), mediante riduzione della pensione di una quota vitalizia da calcolarsi in base alla tabella B annessa allo stesso regio decreto legge 3 marzo 1938, n. 680.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/09/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 16/10/90.