SENTENZA N.434
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1989 dal Pretore di Velletri-Sezione distaccata di Anzio, nel procedimento penale a carico di Fini Andrea, iscritta al n. 333 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un procedimento penale a carico di Andrea Fini, il Pretore di Velletri - Sezione distaccata di Anzio ha, con ordinanza del 7 novembre 1989, sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, nella parte in cui non prevede che, per i casi di analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili, il laboratorio provinciale di igiene e profilassi, od altro laboratorio all'uopo autorizzato, dia avviso, con almeno ventiquattro ore di anticipo, dell'inizio delle operazioni alle persone interessate, affinchè queste possano presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle operazioni stesse.
2.- L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990.
3.- Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.
Secondo l'Avvocatura, dovendo "ritenersi irrilevante la circostanza relativa alla deteriorabilità o meno del prodotto sottoposto ad analisi" - e, dunque, alla possibilità o no di procedere in concreto ad analisi di revisione - varrebbe, nel caso di specie la eadem ratio decidendi della ordinanza n. 461 del 1988, con la quale questa Corte ha dichiarato non fondata un'identica questione "sull'assunto che, essendo prevista dalla norma impugnata la procedura della revisione delle analisi da espletarsi nel rispetto delle garanzie previste dagli artt. 390, 304-bis, 304-ter e 304-quater" del codice di procedura penale del 1930, "sono in tal modo salvaguardati i diritti della difesa".
Considerato in diritto
1.-Chiamato a pronunciarsi-nel corso di un dibattimento instaurato prima dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, con conseguente applicazione delle norme vigenti anteriormente a tale momento-su una contravvenzione accertata dal laboratorio provinciale di igiene e profilassi attraverso l'analisi di campioni prelevati da sostanze alimentari di natura deteriorabile (nella specie, panna pastorizzata) e, quindi, tali da non consentire alcuna revisione, il giudice a quo ritiene di cogliere <una palese violazione del diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione> nella disciplina che l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, dedica ai meccanismi di vigilanza relativi alla produzione ed al commercio delle sostanze destinate all'alimentazione.
Più precisamente, stando al dispositivo dell'ordinanza di rimessione, ad essere investito dal dubbio di legittimità costituzionale è l'art. 1, <nella parte in cui non prevede che, trattandosi di prodotti deteriorabili, per i quali non è possibile la revisione, sia dato avviso alle persone interessate con almeno ventiquattro ore di anticipo della data e ora di effettuazione delle analisi, onde consentirne la partecipazione alla stesse>.
2.-Prima di affrontare il merito della questione, occorre puntualizzarne l'oggetto, dal momento che l'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, si compone di cinque commi, via via dedicati, secondo un iter di logica progressione, al prelievo dei campioni, agli esami ed analisi di laboratorio, ai risultati eventualmente sfavorevoli delle analisi, alla presentazione dell'istanza di revisione, alle vicende di quest'ultima. Di fronte ad un succedersi così lineare di fasi, la mancata previsione dell'avviso agli interessati del giorno e dell'ora di effettuazione dell'analisi non può essere ascritta se non al secondo comma, concernente, appunto, gli esami e le analisi dei campioni prelevati.
Il rinvio che, nell'ultimo periodo della motivazione, l'ordinanza in esame opera alla <fattispecie del tutto analoga> oggetto della sentenza n. 248 del 1983 di questa Corte <in tema di scarichi inquinanti> - rinvio da estendersi alla simmetrica decisione n. 469 del 1988 in tema di scarichi riguardanti il bacino sfociante nella Laguna di Venezia - consente, a sua volta, di puntualizzare che a trovarsi in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione sarebbe quella parte del secondo comma dell'art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283, ove non si prevede che, trattandosi di prodotti deteriorabili, per i quali non è possibile la revisione, sia dato avviso dell'inizio delle operazioni d'analisi alle persone interessate affinchè queste possano presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle operazioni stesse.
L'ulteriore richiamo alle <almeno ventiquattro ore di anticipo>, con cui, come si legge nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, l'avviso per presenziare dovrebbe essere dato, appare, invece, sin troppo apertamente ispirato alle prescrizioni dell'ordinanza del Ministro della sanità 11 ottobre 1978 sui <Limiti di cariche microbiche tollerabili in determinate sostanze alimentari e bevande>-è, infatti, l'art. 4 di essa, espressamente ricordata dal giudice a quo, ad avvalersi, in ordine a ben due incombenti (invitare l'interessato a comunicare il nome e il recapito di un difensore di fiducia; avvertire il difensore nominato perchè possa presenziare all'esecuzione delle analisi), delle <24 ore> come termine rispettivamente ordinatorio (<entro 24 ore>) e dilatorio (<con 24 ore di preavviso>) - per poter essere utilizzato da questa Corte nell'eventualità di un accoglimento della questione in esame. Tanto più che, pur non menzionato dal giudice a quo, in quanto di per sè non immediatamente applicabile nel procedimento in corso per le anzidette ragioni di diritto intertemporale, è ormai l'art. 223 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del nuovo codice di procedura penale, testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, a porsi, data la sua collocazione nel suo titolo II (Norme di coordinamento), quale punto di riferimento in tema di <analisi di campioni e garanzie per l'interessato> da eseguire <nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti> speciali. E ciò con più particolare riguardo, per quanto qui interessa, al primo comma, dettato per le ipotesi in cui <si debba eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione>.
3. - La questione così circoscritta è fondata.
Il rinvio al precedente rappresentato dalla declaratoria di illegittimità contenuta nella sentenza n. 248 del 1983 di questa Corte (e ribadita, come si è detto, dalla declaratoria di illegittimità contenuta nella sentenza n. 469 del 1988), sia pur relativo ad una fattispecie, come quella delle acque di scarico, del tutto agli antipodi rispetto a quella delle sostanze destinate all'alimentazione, risulta pienamente giustificato dalla comunanza del requisito-rapida deteriorabilità dei campioni prelevati-che, tanto nel caso delle acque di scarico quanto nel caso dei prodotti alimentari non suscettibili di conservazione, rende non più ripetibile l'analisi sulle cui risultanze di non corrispondenza ai requisiti richiesti dalla legge l'autorità amministrativa è tenuta a redigere la denuncia da trasmettere all'autorità giudiziaria.
La particolare efficacia probatoria riconosciuta nel sistema del codice del 1930 alle analisi compiute dai laboratori provinciali di igiene e profilassi o da altri laboratori autorizzati, tanto da farle ritenere idonee a divenire fonte di convincimento del giudice penale, ha dato luogo a non pochi interventi di questa Corte, proprio per la necessità di verificare se a tale efficacia probatoria corrisponda un'adeguata estrinsecazione del diritto di difesa, onde evitare il determinarsi di pregiudizi irrimediabili senza la garanzia di un tempestivo contraddittorio.
Come la stessa ordinanza di rimessione brevemente ricorda, appare indispensabile distinguere a seconda che sia possibile o no la revisione dell'analisi.
In ordine alla prima eventualità, questa Corte ha ripetutamente ritenuto in contrasto con il diritto di difesa, nell'ambito del codice di procedura penale del 1930, la mancata previsione <dell'applicazione degli artt. 390, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale> alle operazioni di <revisione delle analisi> (sentenze n. 149 del 1969 e n. 15 del 1986; ordinanza n. 461 del 1988, menzionata appunto dal giudice a quo), ma non anche la mancata previsione dell'avviso concernente l'inizio delle operazioni di prima analisi.
In ordine alla seconda eventualità, pienamente riscontrabile nella fattispecie qui dedotta per la materiale impossibilità di una reiterazione dell'analisi, questa Corte ha avuto modo di statuire, proprio con i due precedenti sopra richiamati (sentenze n. 248 del 1983 e n. 469 del 1988), che il diritto di difesa deve, invece, ritenersi compromesso dalla mancata previsione di un avviso che, informando le persone interessate dell'inizio delle operazioni di analisi, consenta loro di presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione di tali operazioni.
Del tutto diverso il quadro relativo ai momenti del prelievo e della campionatura. In nessun caso (v. sentenze n. 248 del 1983, n. 469 del 1988 e n. 330 del 1990) si è potuto dire violato il diritto di difesa per la mancata previsione del preavviso relativo a tali operazioni, essendo più che <logico che l'Autorità amministrativa, cui compete il diritto di effettuare i campionamenti..., non abbia l'obbligo di preavvisare... circa il momento in cui verranno effettuate le operazioni di prelievo, per evitare che possano essere apportate modifiche..., e di conseguenza fatte sparire le tracce di ogni irregolarità>. Quanto al diritto del titolare dell'esercizio (o di un suo rappresentante) di presenziare al prelievo ed alla campionatura, è stato appena chiarito (sentenza n. 330 del 1990) che una tale presenza, lungi dall'essere esclusa, inerisce alla fisionomia stessa dell'istituto, caratterizzato com'è dall'accesso dell'autorità amministrativa in luoghi di pertinenza altrui.
4.-Poichè la norma qui denunciata riguarda esclusivamente l'esecuzione delle operazioni di prima (ed unica) analisi, senza alcun riferimento alle fasi precedenti del prelievo e della campionatura, se ne impone la declaratoria di illegittimità: infatti, la mancata previsione dell'avviso circa l'inizio delle operazioni di analisi alle persone interessate, non garantendo loro la possibilità di presenziare all'unica analisi possibile, fa sì che l'utilizzabilità delle risultanze dell'analisi da parte del giudice in mancanza di tale avviso violi il diritto di difesa nel procedimento penale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), nella parte in cui non prevede che, per i casi di analisi su campioni prelevati da sostanze alimentari deteriorabili, il laboratorio provinciale di igiene e profilassi, od altro laboratorio all'uopo autorizzato, dia avviso dell'inizio delle operazioni alle persone interessate, affinchè queste possano presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione delle operazioni stesse.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/09/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 10/10/90.