Ordinanza n. 388 del 1990

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ORDINANZA N.388

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 72 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), degli artt. 72, 75 e 81 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), promosso con ordinanza emessa il 5 gennaio 1990 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Di Giacomo Bice ved. Di Gregorio contro il Ministero del tesoro, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione di Di Giacomo Bice;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che la Corte dei conti, nel giudizio promosso da Di Giacomo Bice per ottenere la pensione privilegiata di riversibilità , per essere la morte del marito avvenuta per causa di servizio, con ordinanza del 5 gennaio 1990 ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 72 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, in relazione al codice di procedura civile (artt. 81, 91, 96, 174 e segg.), al codice civile (art. 2909), al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 e alla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in quanto, prevedendo, nei giudizi pensionistici, l'intervento obbligatorio, anzichè facoltativo, del P.M. presso la Corte dei conti, determina, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, disparità di trattamento delle parti private di tali giudizi rispetto a quelle di consimili procedimenti svolgentisi dinanzi al giudice ordinario o a quello amministrativo (T.A.R. O Consiglio di Stato);

b) dell'art. 75 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, in relazione agli artt. 168-bis e 174 del codice di procedura civile in quanto attribuisce poteri istruttori al P.M. anzichè ad un giudice istruttore, con lesione dei principi della terzietà del giudice e del giudice naturale e con conseguenti ritardi nell'espletamento dei giudizi, onde la violazione degli artt. 24, secondo comma, e 25 della Costituzione;

c) degli artt. 72 e 81 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, in relazione all'art. 101 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevedono l'obbligatoria notificazione dell'atto introduttivo del giudizio per il riconoscimento di pensioni a totale carico dello Stato alla competente amministrazione che, nel giudizio stesso è parte sostanziale, onde la violazione degli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, per la irrazionale disparità di trattamento che essa amministrazione riceve in detto giudizio rispetto ad altri egualmente vertenti in materia pensionistica, per i quali è, invece, previsto l'onere della notificazione dei ricorsi introduttivi; nonchè per la conseguente compressione del diritto di difesa dell'amministrazione stessa e per la violazione del principio del contraddittorio;

che la parte privata, costituitasi nel giudizio, ha insistito sulla irrazionale discriminazione a danno dei richiedenti la pensione a totale carico dello Stato per effetto della obbligatoria presenza del P.M. con poteri istruttori nonostante la sua qualità di organo requirente, la sua funzione di tutela dell'amministrazione in conflitto con la parte privata e l'assenza di un qualsiasi controllo sullo svolgimento di detta attività istruttoria.

Considerato che le situazioni poste a raffronto non sono affatto omogenee, avendo ogni regime pensionistico le proprie peculiarità e caratteristiche, derivanti dalla specialità delle norme regolatrici, in relazione all'ente che eroga la prestazione ed al regime contributivo che la determina;

che dette peculiarità, in caso di contestazione e di controversie sul diritto a detta prestazione, si riflettono anche sui giudizi ed in ispecie sui giudici competenti a decidere e sulle norme processuali applicabili;

che per quanto riguarda le pensioni a totale carico dello Stato, la loro liquidazione è demandata alle singole amministrazioni, mentre la funzione giurisdizionale esclusiva appartiene alla Corte dei conti che è, quindi, il giudice naturale in materia (legge 8 aprile 1933, n. 255);

che la prevista presenza nel giudizio del P.M. con taluni poteri di indagini ed istruttori non lede affatto il diritto di difesa delle parti che sono l'amministrazione, la quale eroga il trattamento pensionistico ed alla quale, peraltro, viene tempestivamente comunicato il ricorso e che, quindi, può anche chiedere di essere rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, ed il privato che può farsi rappresentare e difendere da un avvocato del foro libero;

che il P.M., agendo per l'osservanza della legge, ne garantisce obiettivamente l'applicazione ed integra eventualmente l'attività delle parti colmando le possibili lacune difensive, portando elementi utili per la decisione e risolvendo l'eventuale difficoltà che potrebbe incontrare il privato;

che l'attività istruttoria è precipuamente affidata alla Corte (artt. 14 e 15 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038) la quale eventualmente può demandare al P.M. il compimento di atti istruttori;

che le norme processuali garantiscono la regolarità del contraddittorio tra le parti prevedendo limiti, forme di atti processuali, termini, poteri e facoltà;

che la decisione, dopo l'acquisizione di tutti gli elementi utili e necessari, si matura dal contrasto delle ragioni delle parti e dal gioco dialettico delle loro opinioni;

che, pertanto, non sussiste la dedotta violazione dei precetti costituzionali (artt. 3, 24 secondo comma, 25, primo comma, della Costituzione); che la questione è manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 72 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), degli artt. 72, 75 e 81 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 25, secondo comma, della Costituzione, sollevata dalla Corte dei conti con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31/07/90.