Sentenza n. 363 del 1990

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SENTENZA N.363

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorso dalla Regione Toscana notificati il 29 gennaio e l'8 febbraio 1990, depositati in cancelleria il 9 febbraio 1990, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti del Prefetto di Arezzo nn. 195/87 del 3 novembre e 167/88 del 23 ottobre 1989 concernenti, rispettivamente, la nomina dei Consigli di amministrazione dell'Asilo infantile <Del Secco Abelli> di Levane e dell'Orfanotrofio e Asilo infantile Orsola e Virginia Palazzeschi di Subbiano, per il quadriennio 1989-93 e dei provvedimenti, di numero e data incogniti, con i quali il Provveditore agli studi di Arezzo ha provveduto alla designazione di uno dei membri dei predetti Consigli, ed iscritti ai nn. 4 e 5 del registro conflitti 1990.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 1990 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi l'avv. Giuseppe Morbidelli per la Regione Toscana e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 29 gennaio 1990 la Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso il decreto del Prefetto della Provincia di Arezzo del 3 novembre 1989, n. 195/87 di prot., con il quale veniva nominato il Consiglio amministrativo dell'Asilo infantile "Del Secco Abelli" di Levane (frazione di Montevarchi) per il quadriennio 1989-1993 nonchè avverso il provvedimento di numero e data incogniti con cui il Provveditore agli studi di Arezzo ha designato uno dei membri del detto Consiglio, in quanto invasivi della competenza regionale e costituzionalmente illegittimi per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.

Premette in fatto la ricorrente che lo statuto dell'Asilo infantile "Del Secco Abelli" - che é un'I.P.A.B., come risulta appunto dallo Statuto, approvato con R.D. 24 settembre 1923 e modificato, ai sensi della legge 17 luglio 1890, n. 6972, con R.D. 22 luglio 1939, avente come scopo accogliere e custodire gratuitamente i bambini poveri della parrocchia di Levane dai tre ai sei anni d'età e di provvedere alla loro educazione (art. 22 dello statuto) - prevede, all'art. 10, che esso sia retto da un Consiglio amministrativo composto di sette membri compreso il Presidente, nominato dal Prefetto tra i componenti, in carica per quattro anni, che sono: il parroco di Levane, di diritto; due membri nominati dal Podestà del Comune, due dal Collegio dei soci dell'Asilo, uno dal Comando federale della G.I.L. ed uno dal Provveditore agli studi.

Con il primo dei provvedimenti impugnati, il Prefetto di Arezzo ha nominato il Consiglio destinato a restare in carica per il quadriennio 1989-1993, confermando i membri "designati" dal Comune, dal Consiglio dei soci e dal Provveditore agli studi ed indicando il Presidente nel parroco, membro di diritto, e nominando "direttamente" il membro di competenza dell'Ufficio provinciale della Gioventù Italiana (che ha sostituito il Comando federale della Gioventù italiana dei Littorio fino all'estinzione dì tale ente), esercitando così i poteri sostitutivi ad esso Prefetto attribuiti dall'art. 1 dei D.L.L. 24 agosto 1944, n. 206. ad avviso di tale autorità, infatti, tale nomina rientrerebbe nella competenza della Regione Toscana - subentrata al disciolto ente G.I. ai sensi della legge 18 novembre 1975, n. 764 -, che non vi avrebbe tuttavia provveduto nei termini ad essa assegnati dal Prefetto stesso. Secondo tale autorità, non sussisterebbe peraltro, con riguardo a tale nomina, "in mancanza di una delega specifica", la competenza del comune di Montevarchi, cui pure la l. r. Toscana aprile 1976, n. 15, ha trasferito "tutte le funzioni amministrative concernenti le I.P.A.B." (art. 13), ad eccezione di alcune residualmente trattenute dalla Regione. Ad avviso della Regione il Prefetto di Arezzo - come il Provveditore agli studi in relazione alla nomina di uno dei membri - é del tutto incompetente a nominare il Consiglio amministrativo dell'asilo ed a scegliere il suo presidente, rientrando tali funzioni nelle comptenze regionali.

Richiamando alcune significative pronunce in materia di questa Corte, osserva preliminarmente la Regione Toscana che le I.P.A.B. sono caratterizzate dall'intrecciarsi di una intensa disciplina pubblicistica con una notevole permanenza di elementi privatistici (sent. n. 195 del 1987). avviso della ricorrente, tuttavia, i princìpi affermati in tale sentenza, richiamata dal Prefetto a sostegno della propria competenza, non sono estensibili all'Asilo "Del Secco Abelli" in considerazione della sua peculiarità. Se é ormai chiaro, infatti, che le I.P.A.B. non costituiscono un fenomeno omogeneo, ma realtà poliedriche e fortemente differenziate che la legge n. 6972 del 1890 ha gettato un indiscriminato mantello pubblicistico su alcune strutture espressive dell'autonomia privata, é altresì che, in altri casi, come nella specie, esse sono così fortemente caratterizzate dal collegamento con i pubblici poteri da perdere l'originaria impronta privatistica, sicchè ha assunto carattere meramente formale il collegamento con la volontà dei fondatori, in ordine alla quale non si pongono esigenze di salvaguardia. Oltre che la veste formale, talune I.P.A.B. hanno sempre o hanno assunto la natura sostanziale di ente pubblico e sono perciò inserite a pieno titolo nel sistema della p.a.

La qualificazione pubblica dell'Asilo "Del Secco Abelli" discende, secondo la ricorrente, dall'essere il suo Consiglio amministrativo composto di sette membri di cui cinque nominati da enti pubblici. Questa Corte, con la sent. n. 396 del 1988, infatti, nell'individuare i criteri di qualificazione delle I.P.A.B., indicò, "in quanto esprimenti principi generali insiti nell'ordinamento", accanto all'art. 30 l. reg. Sicilia 9 maggio 1986, n. 22, l'art. 17 del d.P.R. 14 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello st. spec. per la Sardegna), a tenore del quale hanno natura pubblica le istituzioni "il cui organo collegiale deliberante sia composto, a norma di statuto, in maggioranza da membri designati da Comuni, Province, Regioni e altri enti pubblici, salvo che il Presidente non sia, per disposizione statutaria, un'autorità religiosa o un suo rappresentante".

Attesa la natura "di ente pubblico pleno iure" dell'Asilo, non sussiste, ad avviso della ricorrente, la necessità di sottrarre le previsioni statutarie alle modifiche istituzionali che hanno sostituito la Regione allo Stato nella titolarità delle competenze amministrative (e legislative) sulle I.P.A.B. (artt. 136, 13 e 17 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), tra cui certamente rientrano quelle concernenti la nomina degli organi, tipico atto di organizzazione a carattere individuale.

Lo statuto di un ente pubblico - che nel caso di cui si controverte é la fonte attributiva del potere di nomina - costituisce, secondo autorevole dottrina, fonte di diritto e cede di fronte alle superiori fonti di livello costituzionale e di normazione primaria, sicchè la norma contenuta nell'art. 10 dello statuto deve ritenersi modificata nel senso che agli organi dell'Amministrazione statale é subentrata l'amministrazione regionale.

Ciò é peraltro confermato dal rinvio cd. formale agli statuti, per la nomina e la rinnovazione degli amministratori di una I.P.A.B., operata dall'art. 9 della legge n. 6972 del 1890, rinvio che ha per effetto di riconoscere tali atti come fonti dell'ordinamento statale. Lo statuto, pertanto, "si inserisce nella legge del 1890 ed é da questa eretto a rango di fonte; per le stesse ragioni lo statuto é inserito nei d.P.R. dei 1972 e del 1977, che raccordano la I.P.A.B. all'ordinamento regionale". Il potere di nomina non può quindi essere scorporato dalle altre funzioni di amministrazione attiva, di vigilanza e di controllo prima esercitate dallo Stato e poi trasferite alle regioni.

La originaria previsione di una competenza dei Prefetto e dei Provveditore agli studi in ordine alla nomina va considerata non come attribuzione a titolo personale, ma come conferimento di una competenza ad organi dello Stato, titolare, all'epoca, dei potere di vigilanza sulle I.P.A.B., ed é pertanto una competenza di carattere sicuramente amministrativo, come tale non sottraibile al trasferimento operato dal d.P.R. n. 616 del 1977.

Con i decreti di trasferimento dei 1972 e del 1977 si é verificata infatti una successione delle Regioni nell'universitas delle situazioni e relazioni già facenti capo ano Stato nelle materie trasferite, sicchè le competenze così esercitate dal Prefetto e dal Provveditore agli studi violano l'art. 117 Cost.

In via subordinata, soggiunge la Regione, é comunque illegittima, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., degli artt. 118 e 123 Cost. (per quel che attiene ai poteri di delega ai Comuni), e degli artt. 118 e 123 COst. (con riferimento ai poteri di controllo dello Stato nei confronti della Regione), la nomina, da parte dei Prefetto del membro di spettanza dell'ente Gioventù Italiana.

La Regione ha infatti titolo ad effettuare tale nomina, oltre che per i motivi già esposti, in qualità di successore in universum ius, nel proprio territorio, dell'ente G.I., in forza dell'art. 2 della I. 18 novembre 1975, n. 764 (che trasferisce "i compiti istituzionali e le attività in atto svolte dall'ente" alle regioni); nessuna norma, peraltro, attribuisce al Prefetto poteri sostitutivi nel caso di inerzia della regione.

2.- Nel giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità della domanda principale perchè concernente funzioni che, per la loro natura, non potevano costituire oggetto di trasferimento da parte del d.P.R. n. 9 del 1972, e di quella formulata in linea subordinata perchè fondata su pretesa violazione di leggi ordinarie; nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso perchè i provvedimenti legislativi di trasferimento alle Regioni non avrebbero potuto incidere sull'assetto degli enti quale determinato dagli Statuti.

Nella memoria di costituzione l'Avvocatura sottolinea, richiamando le sentenze di questa Corte nn. 195 del 1987 e 396 del 1988, che, sino ad una organica riforma legislativa del sistema, l'assetto delle I.P.A.B. é quello stabilito dalla legge n. 6972 del 1890, che attribuisce alle tavole di fondazione ed agli statuti la determinazione della struttura e della composizione degli organi di amministrazione, senza distinguere tra istituzioni di impronta privata e di impronta pubblica, posto che tutte le opere pie vennero erette in enti pubblici. Quanto al richiamo all'art. 17, terzo comma, lett. a), del d.P.R. n. 348 del 1979, contenuto nella seconda delle sentenze citate, esso era diretto a consentire, in attesa della riforma del settore, la trasformazione, anche in via amministrativa, delle I.P.A.B. in persone giuridiche private e non incide certamente sulla regola dei rispetto degli statuti, nella vigenza della legge del 1890, per le opere pie non ancora trasformate, quale é quella di cui si controverte.

La resistente contesta poi che, trovando il potere di nomina degli amministratori della I.P.A.B. la sua fonte nella legge del 1890, e non negli statuti, esso sarebbe stato ricompreso tra le attribuzioni statali e quindi trasferito alle regioni dall'art. 1, secondo comma, lett. a) del d.P.R. n. 9 del 1972. Al contrario, come questa Corte ha affermato, il rinvio agli statuti operato dalla legge n. 6972 del 1890, é finalizzato a rendere giuridicamente rilevante nell'ordinamento il momento dell'autonomia dell'ente, e cioé la volontà espressa nelle sue tavole di fondazione, fonte dei potere di nomina, la cui titolarità non potrebbe trasferirsi che tramite la modifica di esse. La ritenuta natura formale del rinvio agli statuti importa poi che si tenga conto delle statuizioni successive provenienti dalla stessa fonte e non dalla legge dello Stato.

In ordine alla domanda subordinata proposta dalla Regione - e relativa alla nomina già di competenza del comando federale della G.I.L. -, osserva l'Avvocatura che essa é inammissibile perchè denuncia la violazione di una legge ordinaria (la n. 764 del 1975), e non l'invasione di una sfera di competenza costituzionalmente protetta. Nel merito, comunque, la domanda é infondata, perchè le regioni sono succedute all'ente G.I. in singoli beni e rapporti, e perchè il potere di nomina in discorso non era compreso nei "compiti istituzionali" e nelle attività in atto svolte dall'ente Gioventù Italiana, ma trovava la sua fonte nello statuto dell'Asilo.

3.- La Regione Toscana nell'imminenza dell'udienza ha depositato memoria illustrativa, relativa al conflitto n. 4 del 1990 con la quale, insistendo nella domanda, si sofferma soprattutto sul contenuto della direttiva intervenuta nelle more del giudizio (d.P.C.M. 16 febbraio 1990, "Direttiva alle regioni in materia di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza a carattere regionale ed infraregionale" e segnatamente sugli elementi caratteristici delle I.P.A.B. prescritti (art. 3 segg.) per il riconoscimento, ad opera della regione e su domanda dell'istituzione, della personalità giuridica di diritto privato. Anche alla luce di tale atto, ad avviso della Regione, é evidente la natura "pubblica" dell'Asilo "Del Secco Abelli".

4.- Con distino ricorso notificato l'8 febbraio e depositato il 9 febbraio 1990 la regione Toscana ha sollevato un analogo conflitto di attribuzione avverso il decreto del Prefetto della Provincia di Arezzo 29 ottobre 1989 n. 167/88 di prot. Con il quale veniva nominato il Consiglio di amministrazione dell'"Orfanotrofio e Asilo Infantile Orsola e Virginia Palazzeschi" di Subbiano per il quadriennio 1989-1993, nonchè avverso il provvedimento di numero e data incogniti con cui il Provveditore agli studi di Arezzo ha designato uno dei membri del predetto Consiglio.

La costituzione di tale Asilo, premette la ricorrente, risale al 1923.

Esso é retto, secondo lo statuto approvato con d.P.R. del 18 giugno 1952, da un Consiglio di amministrazione composto da cinque membri, compreso il Presidente, nominati, rispettivamente, due da Consiglio comunale, uno dal Vescovo di Arezzo, uno dal Provveditore agli studi ed uno dall'Ufficio provinciale della G.I. (art. 22).

Con il decreto impugnato il Prefetto, rilevata la mancata designazione dei membri di competenza del Comune di Subbiano, ha nominato tre membri del Consiglio di amministrazione per il quadriennio 1989-1993 confermando i membri designati dal Vescovo di Arezzo e dal Provveditore agli studi di quella città, e nominando "direttamente" il membro di competenza dell'Ufficio provinciale della G.I. - nomina quest'ultima basata sugli stessi motivi posti a fondamento di quella di cui si é detto per il provvedimento impugnato nel conflitto n. 4/1990. Si é poi riservato di provvedere con riguardo ai membri di competenza del Comune di Subbiano dopo la designazione da parte del Comune, con successiva nomina "integrativa".

Il ricorso é, per il resto, di tenore pressochè identico a quello introduttivo del conflitto n. 4/1990.

5.- Nel giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, formulando richieste e svolgendo argomentazioni analoghe a quelle formulate e svolte nel conflitto sollevato dalla Regione in relazione all'intervento del Prefetto di Arezzo rispetto all'Asilo Del Secco Abelli.

Considerato in diritto

1. - La Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato (R. confl. n. 4 del 1990) in relazione: a) al decreto del Prefetto di Arezzo 3 novembre 1989, con cui, ravvisata la necessità di provvedere alla costituzione del nuovo Consiglio di amministrazione della Scuola materna (Asilo infantile) <Del Secco Abelli> con sede in Levane, frazione di Montevarchi, e considerato che, per i sette membri-secondo lo Statuto dell'ente: uno di diritto nella persona del parroco di Levane, e gli altri da nominare, due dal Comune di Montevarchi, due dal Consiglio dei soci, uno dall'Ente della Gioventù italiana (già G.I.L.), e uno dal Provveditore agli studi - vi era stata la designazione da parte del Comune di Montevarchi e del Consiglio dei soci, nonchè da parte del Provveditore agli studi, mentre era mancata la nomina da parte della Regione Toscana, subentrata all'Ente della Gioventù italiana ai sensi dell'art. 2 della legge 18 novembre 1975, n. 764, il Prefetto ha determinato la composizione del Consiglio (<decreta> che il Consiglio è così composto): sulla base dello Statuto e delle designazioni avvenute; sostituendosi alla Regione, ai sensi del D.L.L. 24 agosto 1944, n. 206, nella nomina del membro da essa non nominato; nominando, fra i membri, il Presidente (nella persona del membro di diritto); in relazione all'atto di designazione o nomina di uno dei membri del Consiglio da parte del Provveditore agli studi.

La stessa Regione ha sollevato, altresì, conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato (R.confl. n. 5 del 1990) in relazione:

a) al decreto dello stesso Prefetto di Arezzo 23 ottobre 1989, con il quale, ravvisata la necessità di provvedere analogamente per il Consiglio di amministrazione dell'Asilo infantile Orsola e Virginia Palazzeschi, con sede in Subbiano, e considerato che per i cinque membri-da nominare, secondo lo Statuto, due dal Consiglio comunale di Subbiano, uno dal Vescovo di Arezzo, uno dall'Ufficio provinciale della Gioventù italiana di Arezzo, e uno dal Provveditore agli studi - vi erano state le sole nomine operate da parte del Vescovo di Arezzo e del Provveditore agli studi, mentre era mancata la nomina da parte dell'Amministrazione comunale di Subbiano e della Regione Toscana, subentrata all'Ente della Gioventù italiana ai sensi dell'art. 2 della legge n. 764 del 1975, il Prefetto ha determinato la composizione del Consiglio: sulla base dello Statuto e delle nomine avvenute; sostituendosi alla Regione, ai sensi del D.L.L. n. 206 del 1944, nella nomina del membro da essa non nominato; riservando al Consiglio la nomina del Presidente nel proprio seno; avvertendo che, con successivo provvedimento, il Consiglio stesso sarebbe stato integrato con i due rappresentanti dell'Amministrazione comunale di Subbiano;

b) in relazione all'atto di nomina di uno dei membri del Consiglio da parte del Provveditore agli studi.

Nell'uno e nell'altro ricorso la Regione sostiene che con gli atti denunciati le indicate autorità statali hanno preteso esercitare funzioni amministrative nei confronti di un Istituto pubblico di assistenza e beneficenza - I.P.A.B. ai sensi della legge 17 luglio 1890, n. 6972 (legge Crispi) come modificata fra l'altro con R.D. 30 dicembre 1923, n. 2841 - e così invaso le competenze in materia di assistenza e beneficenza pubblica, ad essa Regione attribuite dall'art. 118 in relazione all'art. 117 della Costituzione, e trasferite con l'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9 e con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (art. 22) e da essa Regione delegate ai comuni, come previsto dall'art. 118, terzo comma, della Costituzione.

Sempre con entrambi i ricorsi la Regione sostiene che quanto meno deve ritenersi invasiva delle sue competenze - con violazione dell'art. 118 in relazione all'art. 117, nonchè degli artt. 118 e 123 della Costituzione per quel che attiene ai poteri regionali di delega ai comuni, e ai poteri di controllo dello Stato nei confronti delle regioni-la nomina da parte del Prefetto, in via sostitutiva, del membro del Consiglio amministrativo dell'Istituzione la cui nomina era di spettanza dell'Ente Gioventù italiana, e quindi di essa Regione (sia in virtù della normativa generale sul trasferimento delle funzioni amministrative dagli enti pubblici alle regioni, che in virtù della richiamata legge n. 764 del 1975). E ciò senza dire della illegittimità della sostituzione operata dal Prefetto sia in relazione al richiamo a una normativa inapplicabile, perchè concernente i poteri di nomina del soppresso Partito fascista, e non anche quelli del distinto ed autonomo ente pubblico G.I.L., sia in relazione alla carenza di poteri sostitutivi del Prefetto nei confronti del Comune, delegatario delle funzioni regionali.

Attesa l'evidente connessione, i due ricorsi possono essere riuniti per la definizione dei relativi giudizi con un'unica decisione.

2. - In ciascuno dei due decreti del Prefetto di Arezzo denunciati come invasivi delle competenze regionali-decreti concernenti il Consiglio di amministrazione di un Istituto di pubblica assistenza e beneficenza (I.P.A.B.) ai sensi della legislazione suindicata (legge Crispi)-è individuabile un triplice ordine di atti, non tutti previsti dallo Statuto di ciascuno degli enti interessati, e non tutti aventi la stessa natura.

Di qui la necessità di una analisi differenziata e, come si vedrà appresso, di una differenziata pronuncia per ciascuno degli ordini.

3.-A un primo ordine sono da ascrivere l'atto, previsto dallo Statuto della Scuola materna Del Secco Abelli, con il quale il Prefetto, con il decreto 3 novembre 1989, ha nominato il Presidente del Consiglio di amministrazione dell'Ente, e l'atto, ricorrente in entrambi i decreti, previsto rispettivamente dallo stesso Statuto e da quello dell'Asilo infantile Palazzeschi, con il quale il Provveditore agli studi ha nominato un membro per ciascuno dei Consigli di amministrazione dei due enti.

La Regione ricorrente sostiene che gli atti di nomina ora indicati costituiscano esercizio di funzioni amministrative, trasferite alle regioni dalla normativa di devoluzione (particolarmente dal d.P.R. n. 9 del 1972).

A1 riguardo la Regione ricorrente premette che la legislazione in materia di I.P.A.B. ha sovrapposto una uniforme qualificazione pubblicistica a istituzioni sostanzialmente differenziate, alcune delle quali avrebbero avuto e conservato carattere di istituzioni private, ed altre, invece, avrebbero avuto o acquisito realmente carattere di istituzioni pubbliche.

Ciò, secondo la detta Regione, sarebbe stato riconosciuto dalla recente sentenza di questa Corte n. 396 del 1988 con il dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge n. 6972 del 1890 <nella parte in cui non prevede che le I.P.A.B. regionali e infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano tuttora i requisiti di istituzione privata>, e con il prevedere, in motivazione, che tali I.P.A.B. possano, in attesa di una nuova legge che disciplini organicamente la materia, ottenere, in via giudiziaria o in via amministrativa, la ricognizione della propria natura di enti giuridici privati. Orbene tale ricognizione, da effettuare, sempre secondo la Regione ricorrente, alla stregua dei criteri che la stessa sentenza n. 396 del 1988 avrebbe ritenuto potersi desumere dalla legislazione vigente, e in particolare di quelli indicati nell'art. 17 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, recante norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, ovvero di quelli dettati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 1990 (Direttiva alle regioni in materia di riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle I.P.A.B. a carattere regionale e infraregionale)-intervenuto dopo l'introduzione dei giudizi e richiamato dalla Regione ricorrente in memoria-non potrebbe concludersi che in senso negativo (cioè nel senso della esclusione del carattere privato) per le I.P.A.B. cui si riferiscono i decreti impugnati, le quali, per il loro carattere pubblico, dovrebbero dunque ritenersi rientranti nell'area delle funzioni amministrative in tema di beneficenza pubblica come sopra trasferite alle regioni. In ogni caso, fino a tale ricognizione, la natura delle I.P.A.B. dovrebbe, secondo la ricorrente, presumersi pubblica, e così fonte di diritto pubblico il loro Statuto, sempre con le stesse conseguenze quanto all'operatività, relativamente ai pubblici poteri esercitati nei loro confronti, ivi compresi quelli esercitati con gli atti di nomina in argomento, del trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative in tema di beneficenza pubblica.

4. - In ordine agli atti di nomina suindicati questa Corte ritiene di non dovere rendere pronuncia diversa da quella resa con la propria sentenza n. 195 del 1987.

Con la richiamata sentenza sono stati dichiarati inammissibili analoghi conflitti sollevati da alcune regioni contro atti di nomina di membri di Consigli di amministrazione di Istituti pubblici di assistenza e beneficenza da parte del Prefetto, o del Provveditore agli studi, a norma dei rispettivi Statuti degli Istituti stessi, in base all'argomento che essi sono riferibili all'esercizio di poteri insuscettivi, in quanto conferiti dall'autonomia statutaria, di essere considerati funzioni in materia di beneficenza pubblica trasferite alle regioni dalla normativa di devoluzione (particolarmente dal d.P.R. n. 9 del 1972).

L'impostazione trova adeguato sostegno in ciò, che gli artt. 4 e 9 della legge n. 6972 del 1890 rimettono in via esclusiva alle tavole di fondazione e agli statuti delle istituzioni di assistenza e beneficenza la regolamentazione della struttura e composizione degli organi di amministrazione e della nomina e rinnovazione dei componenti, stabilendo in tal modo per tutte le dette istituzioni condizioni particolari di autonomia statutaria mediante uno strumento giuridico che, proprio per il suo contenuto e per la sua finalità, è insensibile all'incidenza dei trasferimenti delle funzioni statali alle regioni.

Nè l'impostazione stessa è stata modificata con la successiva sentenza n. 396 del 1988. Questa ha dichiarato illegittima la coatta qualificazione pubblicistica generalizzata impressa dall'art. 1 della legge n. 6972 del 1980, e tanto al fine di rendere possibile il superamento delle sue conseguenze preclusive da parte di singole istituzioni. E, in motivazione, si è limitata a indicare come percorribile dalle medesime, in attesa di un nuovo assetto legislativo organico della materia, la via giudiziaria o amministrativa per il conseguimento della <qualificazione privatistica> aderente alla loro effettiva natura, da verificare alla stregua di criteri frattanto emersi nella legislazione positiva, senza con ciò fornire la base a una interpretazione della parte della legge n. 6972 del 1890 rimasta in vigore nel senso che la mancata sperimentazione della via indicata implichi il venir meno dell'autonomia statutaria come sopra stabilita.

5. -A un secondo ordine di atti è ascrivibile quello, ricorrente in entrambi i decreti prefettizi impugnati, conclusivo di un complesso intervento riferito alla necessità della rinnovazione del Consiglio di amministrazione degli Enti interessati, atto con il quale, dopo avere sollecitato i soggetti investiti dai rispettivi Statuti della nomina dei membri, il Prefetto, preso atto delle nomine avvenute (implicitamente accertandone la regolarità) ha dichiarato composto in un dato modo il Consiglio (<decreta>): <il Consiglio... è costituito da>) per dare suggello alla sua esistenza e inizio al suo concreto e formale funzionamento.

Orbene tale atto di accertamento e di impulso, non previsto ovviamente dallo Statuto dell'ente interessato-atto che, secondo la stessa individuazione che il Prefetto opera dei poteri da esso esercitati, è determinante dell'esistenza e del funzionamento del Consiglio tanto che alcune delle nomine già avvenute sono definite in uno dei decreti mere <designazioni> -è oggettivamente riconducibile alla funzione amministrativa di vigilanza sull'osservanza della legge n. 6972 del 1890 (delle tavole di fondazione, degli statuti e dei regolamenti), nonchè alla funzione amministrativa di vigilanza sull'osservanza di tutte le leggi in materia di pubblica assistenza e beneficenza, demandate dall'art. 44 ss. della legge n. 6972 del 1890 rispettivamente al Ministro dell'interno e, per ogni Provincia, al Prefetto (che ne incarica un consigliere di Prefettura).

Ma, poichè tali funzioni sono state sicuramente trasferite alle regioni dall'art. 1 del d.P.R. n. 9 del 1972 (cfr. anche l'art. 136 del d.P.R. n. 616 del 1977) e dall'art. 22 del detto d.P.R. n. 616 in quanto comprese nelle funzioni amministrative relative alla materia <beneficenza pubblica>, l'esercizio di esse da parte del Prefetto deve ritenersi invasivo di competenze regionali.

6. - Analogamente deve ritenersi per l'atto, anche esso ricorrente in entrambi i decreti, con il quale il Prefetto si è sostituito alla Regione, subentrata secondo lo stesso Prefetto alla Gioventù italiana per effetto della legge n. 764 del 1975, nella nomina del membro del Consiglio dell'Ente che era, a norma dello Statuto, demandata alla Gioventù italiana del Littorio, e quindi alla Gioventù italiana.

Infatti l'atto in questione, ovviamente non previsto dallo Statuto dell'Ente interessato, è oggettivamente riconducibile a un potere di controllo sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni in tema di assistenza e beneficenza pubblica, potere di controllo sostitutivo che non è attribuito dalla legge, sicchè l'esercizio di esso da parte del Prefetto è da ritenere comunque invasivo dell'autonomia costituzionalmente garantita delle regioni.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i ricorsi,

dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti in relazione al decreto del Prefetto di Arezzo 3 novembre 1989, nella parte in cui nomina il Presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola materna Del Secco Abelli con sede in Levane, frazione di Montevarchi, nonchè in relazione agli atti del Provveditore agli studi di Arezzo di nomina, rispettivamente, di un componente dello stesso Consiglio e di un componente del Consiglio di amministrazione dell'Asilo infantile Palazzeschi con sede in Subbiano;

dichiara che non spettano allo Stato poteri di vigilanza, come esercitati dal Prefetto di Arezzo con il decreto 3 novembre 1989 e con il decreto 23 ottobre 1989 mediante la determinazione della composizione del Consiglio di amministrazione rispettivamente della Scuola materna Del Secco Abelli e dell'Asilo infantile Palazzeschi, e per l'effetto annulla i due decreti nella parte relativa;

dichiara che non spettano allo Stato poteri di controllo sostitutivo nei confronti della Regione come esercitati dal Prefetto di Arezzo con i decreti suindicati in ordine alla nomina di un componente del Consiglio di amministrazione rispettivamente della Scuola materna Del Secco Abelli e dell'Asilo infantile Palazzeschi, già demandata alla Gioventù italiana, e per l'effetto annulla i decreti stessi nella parte relativa.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 24/07/90.