ORDINANZA N.351
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 444 e 563 del codice di procedura penale e dell'art. 248 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 gennaio 1990 dal Pretore di Verbania nel procedimento penale a carico di Mutazzi Alfredo, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 maggio 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo.
Ritenuto che il Pretore di Verbania, con ordinanza 16 gennaio 1990, sollevava questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 248 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale 1988 (Testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), e degli artt. 563, primo comma, e 444 del codice di procedura penale 1988, con riferimento agli artt. 101, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, e 13 della Costituzione;
che, giusta quanto esposto nell'ordinanza, in un procedimento che prosegue con le norme del codice abrogato, l'imputato ha chiesto tempestivamente applicazione della pena à sensi dell'art . 444 cod. proc. pen . 1988, incontrando il consenso del pubblico ministero per una pena di mesi tre di reclusione e concessione di sospensione condizionale;
che, però, ritiene il Pretore che il detto procedimento speciale sarebbe incompatibile con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione perchè il giudice si troverebbe obbligato ad emettere sentenza di applicazione della pena richiesta, allo stato degli atti e senza alcuna valutazione in ordine all'entità della pena stessa, e senza potere indicare al pubblico ministero ulteriori indagini rilevanti ai fini della decisione, e particolarmente ai fini del proscioglimento;
che, per tal modo, viene limitato il potere discrezionale del giudice, senza che la limitazione derivi dalla legge ma dalla concorde e incontrollabile volontà delle parti;
che inoltre al giudice verrebbero altresì preclusi gli accertamenti richiesti dall'art. 27 nei commi secondo e terzo;
che, per le stesse ragioni, la limitazione della libertà personale dell'imputato viene a dipendere direttamente dalla stessa sua volontà e dal consenso del pubblico ministero, mentre si tratta di un bene indisponibile, in guisa che verrebbe e verificarsi palese incompatibilità nei confronti dell'art. 13 della Costituzione;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale si è riportata integralmente alle ragioni esposte in un precedente analogo procedimento proveniente da altra Autorità giudiziaria.
Considerato che, per quanto si riferisce alla valutazione concernente la congruità della pena richiesta dalle parti, la Corte ha già dichiarato, con sentenza 26 giugno 1990, n. 313 l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 444 cod. proc. pen. 1988 in riferimento all'art. 27, terzo comma della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il giudice possa valutare la congruità della pena di cui le parti hanno richiesto l'applicazione;
che, per quanto si riferisce a tutte le altre questioni sollevate dall'ordinanza, con riferimento agli altri parametri sopra enunciati, la stessa sentenza ne ha dichiarato l'infondatezza, nè l'ordinanza ha prospettato ragioni o profili nuovi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONAL
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 248 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), e degli artt. 563, primo comma, e 444 del codice di procedura penale, sollevata dal Pretore di Verbania in riferimento all 'art. 27 , terzo comma, della Costituzione, con ordinanza 16 gennaio 1990, perchè è già stata dichiarata, con sentenza 26 giugno 1990, n. 313, l'illegittimità costituzionale dell'art.444, secondo comma, del codice di procedura penale 1988, nella parte in cui non prevede che il giudice possa valutare la congruità della pena di cui le parti hanno richiesto l'applicazione;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dei medesimi articoli, sollevata dalla stessa ordinanza in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 27, secondo comma, e 13 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Ettore GALLO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 20/07/90.