ORDINANZA N.337
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 46, commi primo e secondo, della legge 20 maggio 1982, n. 270 (Revisione della disciplina del reclutamento del personale docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica, ristrutturazione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la formazione di precariato e sistemazione del personale precario esistente), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1989 dal T.A.R. della Sicilia-Sezione distaccata di Catania-sul ricorso proposto da Spampinato Maria Grazia ed altri contro il Provveditorato agli studi di Catania ed altro, iscritta al n. 172 del registro ordinanze 1990 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1990 il Giudice relatore Enzo Cheli.
Ritenuto che nel giudizio promosso da Maria Grazia Spampinato ed altri nove ricorrenti - tutti docenti incaricati in corsi di orientamento musicale-avverso il provvedimento del Provveditore agli studi di Catania che li ha esclusi dagli elenchi degli aventi titolo all'immissione in ruolo, il T.A.R. per la Sicilia-Sezione distaccata di Catania ha sollevato, con ordinanza del 15 marzo 1989 (R.O. n. 172/1990), questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, commi primo e secondo, della legge 20 maggio 1982, n. 270 in relazione agli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, Cost.;
che ai suddetti docenti precari è stata negata l'immissione in ruolo con la motivazione che essi, pur essendo in possesso dei prescritti requisiti di servizio per aver insegnato in corsi di orientamento musicale (da ricomprendere tra i corsi popolari di tipo c) menzionati dall'art. 46 della legge n. 270 del 1982), risultano privi sia del titolo di studio necessario per l'immissione nel ruolo dei docenti di scuola elementare sia del titolo di studio e dell'abilitazione necessari per l'insegnamento nelle scuole secondarie;
che, secondo il giudice rimettente, le determinazioni adottate dal Provveditore agli studi di Catania sono conformi alla normativa vigente poichè, da un lato, il possesso del titolo di studio rientra tra i requisiti generali stabiliti dalle leggi organiche che disciplinano le assunzioni dei pubblici dipendenti presso le Amministrazioni statali e, dall'altro, le norme transitorie contenute nella legge 20 maggio 1982, n. 270 non esprimono una volontà del legislatore di prescindere dal possesso del titolo di studio per l'immissione in ruolo dei docenti precari;
che, ad avviso del giudice a quo, l'omessa previsione dell'immissione in ruolo dei docenti delle scuole popolari sforniti del titolo di studio prescritto contrasterebbe con la scelta discrezionale di fondo operata dal legislatore di eliminazione di tutto il precariato esistente ed introdurrebbe una palese disparità di trattamento tra insegnanti precari della scuola svolgenti sostanzialmente servizi equivalenti, in violazione del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione e dei principi di buon andamento e imparzialità dell'Amministrazione, previsti dall'art. 97, primo comma, Cost.;
che nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituite le parti private affermando che il possesso dei requisiti di servizio sarebbe di per sè idoneo e sufficiente a legittimare l'immissione in ruolo e sostenendo poi, in linea subordinata, che le norme denunciate-nell'interpretazione che ne è stata data dal giudice a quo-sarebbero da considerare costituzionalmente illegittime;
che ha inoltre spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, asserendo che l'immissione in ruolo del personale precario, regolata dalla legge n. 270 del 1982, risulta subordinata alla sussistenza di precisi requisiti, professionali e di servizio, diversamente definiti a seconda delle differenti categorie di personale precario: con la conseguenza che le diverse situazioni non sarebbero tra loro meccanicamente comparabili e che pertanto non sussisterebbe la lamentata disparità di trattamento;
che il Presidente del Consiglio dei ministri ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
Considerato che la legge 20 maggio 1982 n. 270 non attua una generalizzata ed indiscriminata immissione in ruolo dei docenti precari ma detta invece, per la sistemazione del personale precario, una disciplina complessa, che si informa a criteri differenziati in dipendenza della diversità delle situazioni da regolare (cfr. sent. n. 222/1986; ord. n. 945/1988);
che, in particolare, l'art. 46 della legge n. 270 del 1982, nel regolare i requisiti di servizio per l'immissione in ruolo dei docenti dei corsi CRACIS e dei corsi di scuola popolare, non ha inteso prescindere dal possesso del prescritto titolo di studio che costituisce requisito generale nell'ambito delle leggi che disciplinano le assunzioni dei pubblici dipendenti;
che tale interpretazione del citato art. 46 - adottata dal giudice a quo, che su di essa innesta le sue censure di illegittimità costituzionale -risulta confermata dalla circostanza che il legislatore ha espressamente e specificamente regolato le limitate ipotesi di immissione in ruolo di docenti precari sprovvisti di titolo di studio (art. 41, comma quarto, ed art. 42, commi primo e secondo, della legge n. 270/1982);
che l'identificazione dei requisiti professionali e di servizio per l'immissione in ruolo dei docenti precari è rimessa esclusivamente alla valutazione discrezionale del legislatore, cui spetta il compito di disciplinare le peculiari situazioni delle diverse categorie del personale docente alla luce delle esigenze del servizio pubblico.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, commi primo e secondo, della legge 20 maggio 1982, n. 270, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia-Sezione distaccata di Catania con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Enzo CHELI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 13/07/90.