ORDINANZA N.335
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale del 1988, in relazione all'art. 442, secondo comma, dello stesso codice, e dell'art. 247 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promossi con cinque ordinanze emesse il 29 gennaio 1990 dal Pretore di Avellino, il 26 gennaio 1990 e il 21 novembre 1989 dal Tribunale di Napoli, il 13 novembre 1989 dal Tribunale di Bologna e il 12 dicembre 1989 dalla Corte di assise di Salerno, iscritte rispettivamente ai nn. 144, 159, 162, 164 e 192 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 14, 16 e 18, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che il Pretore di Avellino con ordinanza del 29 gennaio 1990, il Tribunale di Napoli con due ordinanze del 21 novembre 1989 e del 26 gennaio 1990, il Tribunale di Bologna con ordinanza del 13 novembre 1989 e la Corte di assise di Salerno con ordinanza del 12 dicembre 1989 hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102, 111 e 112 della Costituzione, questioni di legittimità degli artt. 438 e 442 del codice di procedura penale del 1988 e 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo, 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui non prevedono che il pubblico ministero sia tenuto a motivare il proprio dissenso sulla richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato in regime transitorio e nella parte in cui non consentono al giudice, una volta ritenuto il dissenso ingiustificato, di applicare la diminuzione di pena prevista dall'art. 442 del codice di procedura penale del 1988.
Considerato che i giudizi riguardano questioni identiche o analoghe e vanno, quindi, riuniti;
che le ordinanze di rimessione sono state emesse prima delle formalità d'apertura di dibattimenti di primo grado relativi a processi già in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;
che, per quanto riguarda i <procedimenti in corso> a tale data, la possibilità di far luogo al giudizio abbreviato è appositamente disciplinata dall'art. 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), con la conseguenza che gli artt. 438 e 442 del nuovo codice non potrebbero ricevere diretta applicazione nei giudizi a quibus, data l'autonomia, nonchè la diversità, della disciplina transitoria rispetto alla corrispondente disciplina codicistica (v. sentenza n. 66 del 1990, ordinanze n. 173 e n. 174 del 1990);
che questa Corte, con sentenza n. 66 del 1990, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), proprio <nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 438 e 442 del codice di procedura penale del 1988, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102, 111 e 112 della Costituzione, dal Pretore di Avellino, dal Tribunale di Napoli, dal Tribunale di Bologna e dalla Corte d'assise di Salerno con le ordinanze in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 66 del 1990 <nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>, questione sollevata dal Pretore di Avellino, dal Tribunale di Napoli, dal Tribunale di Bologna e dalla Corte d'assise di Salerno con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 13/07/90.