ORDINANZA N.289
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale del 1988 e dell'art. 247 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1989 dal Tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Severin Giovanni, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1990 il giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che il Tribunale di Pisa, con ordinanza del 29 novembre 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 438 del codice di procedura penale del 1988 e dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie dello stesso codice (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271), <nei limiti in cui il diniego immotivato del P.M. non ammette sindacato giurisdizionale e preclude l'applicazione all'imputato, se riconosciuto colpevole, della diminuente prevista dall'art. 442 comma 2° CPP. pur nell'ipotesi in cui lo stato degli atti oggettivamente consenta l'utile esperimento del giudizio abbreviato, non apparendo necessarie, ai fini del convincimento, ulteriori acquisizioni probatorie>.
Considerato che l'ordinanza di rimessione è stata emessa prima delle formalità di apertura del dibattimento di primo grado relativo ad un procedimento già in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;
che, per quanto riguarda i <procedimenti in corso> a quella data, la possibilità di far luogo al giudizio abbreviato è appositamente disciplinata dall'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto N. 289 - Ordinanza 11 giugno 1990 807 legislativo 28 luglio 1989, n. 271), con la conseguenza che l'art. 438 del nuovo codice non potrebbe ricevere diretta applicazione nei giudizio a quo, data l'autonomia della disciplina transitoria rispetto alla corrispondente disciplina codicistica (v. sentenza n. 66 del 1990, ordinanze n. 173 e n. 174 del 1990);
che questa Corte, con sentenza n. 66 del 1990, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), proprio <nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale del 1988, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione, dal Tribunale di Pisa con ordinanza del 29 novembre 1989;
2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 66 del 1990 <nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale 808 N. 289 - Ordinanza 11 giugno 1990 del 1988>, questione sollevata dal Tribunale di Pisa con ordinanza del 29 novembre 1989.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/06/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 14/06/90.