ORDINANZA N.254
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 247 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 7 dicembre 1989 dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Elabsi Slim Ben Mabrouk, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1990.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 aprile 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto che, a seguito di richiesta di citazione a giudizio, il Presidente del Tribunale di Roma emetteva nei confronti di Elabsi Slim Ben Mabrouk ed altre sei persone decreto di citazione a giudizio per violazioni della legge 22 dicembre 1975, n. 685;
che, prima dell'apertura del dibattimento, tutti gli imputati formulavano richiesta di giudizio abbreviato, a norma dell'art.247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), richiesta cui il pubblico ministero aderiva solo parzialmente, con il prestare il proprio consenso <in relazione ad alcuni soltanto degli imputati, ritenendo che per altri occorresse procedere ad istruzione dibattimentale>;
che la difesa eccepiva l'illegittimità, in riferimento agli artt.3 e 25 della Costituzione, dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), 6in quanto non consente al giudice di sindacare il dissenso del pubblico ministero>;
che il Tribunale si esprimeva negativamente sia quanto all'abbreviazione del rito sia quanto all'eccezione di legittimità costituzionale: con riguardo alla prima, occorrendo procedere ad atti di istruzione dibattimentale; con riguardo alla seconda, non essendo <la questione di legittimità allo stato rilevante, in quanto nessuna lesione di norme costituzionali poteva discendere dal mero svolgimento del processo nelle forme più garantite del dibattimento>;
che, all'esito del dibattimento, il Tribunale di Roma, con sentenza del 7 dicembre 1989, assolveva tutti gli imputati per insussistenza del fatto, con la sola eccezione di Elabsi Slim Ben Mabrouk, nei cui confronti, disposta la separazione, ordinava la sospensione del processo per sollevare contestualmente questione di legittimità costituzionale <dell'art. 247 D.L.271/89>, nella parte in cui <non consente di applicare nella specie la diminuente prevista dall'art. 442 c.p.p.>;
che il giudice a quo lamenta violazione del principio di eguaglianza per la disparità di trattamento ravvisabile nel regime transitorio fra l'imputato tratto a giudizio ordinario e l'imputato tratto a giudizio direttissimo: infatti, se fosse stato utilizzato il secondo tipo di giudizio, la richiesta dell'imputato ed il consenso del pubblico ministero ne avrebbero determinato <ai sensi dell'art. 452 comma 2° c.p.p. l'automatica trasformazione in giudizio abbreviato>;
che viene anche denunciata violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, non potendo sulla <situazione sopra descritta influire in alcun modo l'attività difensiva dell'imputato>, e dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, il quale esige <che la sanzione sia ancorata ad un 6fatto", cioè ad una condotta materiale dell'imputato, non già al tipo di attività processuale con cui tale condotta viene accertata>.
Considerato che la questione risulta sollevata dopo la chiusura del dibattimento, previa separazione del procedimento a carico di un imputato nei cui confronti, peraltro, il pubblico ministero aveva espresso il proprio consenso alla richiesta di giudizio abbreviato;
che la questione stessa appare proposta tardivamente, presupponendo l'art.247, primo e secondo comma, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 che la pronuncia dell'ordinanza con la quale viene disposta l'abbreviazione del rito abbia luogo prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento di primo grado;
e che il giudice a quo, per realizzare il petitum da lui effettivamente perseguito, avrebbe dovuto sollevare la questione entro il termine indicato dall'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271);
che, conseguentemente, non potendo l'eventuale dichiarazione d'illegittimità costituzionale della norma denunciata produrre effetti nel giudizio a quo, la questione, così come proposta, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con ordinanza del 7 dicembre 1989.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 15/05/90.