ORDINANZA N.198
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 151, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 22 novembre 1988 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Giuseppe Palumbi, iscritta al n. 590 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Udito nella camera di consiglio del 7 marzo 1990 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 22 novembre 1988, la Corte dei conti ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.151, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), là dove è fissato il termine di decadenza di sei mesi dall'inizio del nuovo rapporto per la presentazione della domanda di ricongiunzione o riunione di servizi ai fini pensionistici <nella parte in cui non fa salva, per i titolari di trattamento pensionistico privilegiato la facoltà di richiedere la detta riunione all'atto della definitiva cessazione dal servizio>, così come già in precedenza previsto (art. 3 della legge n. 420 del 1938 e art. 9, ultimo comma, del d.P.R. n. 758 del 1965);
che la precedente disciplina, secondo il giudice a quo, traeva razionalmente causa, ex art. 3 Cost., da una particolare tutela di cui sarebbe stata meritevole, anche per le oggettive caratteristiche del trattamento privilegiato, la categoria dei soggetti considerati; e d'altra parte la decadenza introdotta dalla norma denunciata non troverebbe fondamento, così confliggendo coi precetti dell'art. 76 Cost., nei criteri e nelle finalità enunciate nella legge di delegazione (28 ottobre 1970 n.775, art. 6).
Considerato che la norma impugnata, nell'introdurre il ricordato termine di decadenza tende ovviamente alla <semplificazione e allo snellimento delle procedure in modo da rendere quanto più possibile sollecita ed economica l'azione amministrativa>, così come previsto dalla legge di delegazione anche e soprattutto nell'interesse stesso degli aventi titolo alla ricongiunzione, per l'ovvia esigenza di definire sollecitamente e razionalmente le relative posizioni, a ciò provvedendosi non limitando il diritto, bensì con il mero mutamento delle relative modalità temporali;
sicchè, in conclusione, nessuna violazione risulta essersi verificata degli invocati parametri costituzionali.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 151, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, sollevata dalla Corte dei conti con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/04/90.
Francesco SAJ, PRESIDENTE
Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 12/04/90.