SENTENZA N.191
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 43, sedicesimo e diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) e dell'art. 2, quinto comma, della legge 20 marzo 1984, n. 34 (Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della polizia di Stato, estensione agli altri Corpi di polizia, nonchè concessione di miglioramenti economici al personale militare escluso dalla contrattazione), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 7 giugno 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da Mosso Mario ed altri contro il Ministero della difesa ed altro, iscritta al n. 503 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989;
2) ordinanza emessa il 7 giugno 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da Stripoli Giovanni ed altri contro il Ministero della difesa ed altro, iscritta al n. 504 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visti gli atti di costituzione di Montemagno Aldo ed altri e di Stripoli Giovanni ed altro nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1990 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;
uditi gli avvocati Claudio Dal Piaz per Montemagno Aldo ed altri e Claudio Dal Piaz e Paolo Vaiano per Stripoli Giovanni ed altro e l'Avvocato dello Stato Mario Cevaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con due ordinanze in data 7 giugno 1989 (R.0. n. 503 e n. 504 del 1989) nel corso di procedimenti promossi da alcuni ufficiali superiori dell'esercito, i quali chiedevano il riconoscimento del trattamento economico previsto dall'art. 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34, per il personale della polizia di Stato, esteso dal medesimo articolo al personale dell'Arma dei carabinieri, dei Corpi della guardia di finanza, degli agenti di custodia e della guardia forestale - ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 43, sedicesimo e diciassettesimo comma, della legge 11 aprile 1981, n. 121, e 2, quinto comma, della legge 20 marzo 1984, n. 34.
Nell'ordinanza di rimessione si premette che l'art. 43 della legge Ì aprile 1981, n. 121, sul nuovo ordinamento dell'Amministrazione della p.s., oltre ad aver demandato alla disciplina risultante da accordi sindacali la determinazione del trattamento economico dei personale non dirigenziale della polizia di Stato, ha previsto, per i funzionari del ruolo dei commissari che abbiano prestato servizio senza demerito per quindici anni, l'attribuzione dei trattamento economico del primo dirigente e, per gli stessi funzionari e per i primi dirigenti che abbiano prestato servizio per venticinque anni, il trattamento economico del dirigente superiore. L:art. 2 della legge n. 34 del 1984 ha esteso tale trattamento al personale dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, degli Agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato.
Detta estensione ha consentito agli ufficiali dei carabinieri e dei suddetti Corpi di beneficiare, in applicazione del particolare meccanismo di progressione economica previsto per i funzionari dei commissariati, dell'attribuzione dei trattamento economico proprio del grado di colonnello (equiparato dalla tabella allegata alla legge n. 121 del 1981 alla qualifica di primo dirigente) e del grado di generale di brigata (equiparato alla qualifica di dirigente superiore), al compimento di quindici e venticinque anni di servizio, senza demerito, dalla data di promozione al grado di tenente. Ciò con sensibile vantaggio rispetto agli ufficiali di pari grado e anzianità dell'esercito, non facenti parte delle "Forze di polizia", così come individuate dall'art. 16 della citata legge n. 121 del 1981, che considera tali (oltre alla polizia di Stato), l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato.
Secondo il giudice a quo, mentre l'assimilazione - quanto al trattamento economico - degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri a quello dei dirigenti della polizia di Stato sarebbe ragionevole, qualificando l'art. 16 della legge n. 121 del 1981 l'Arma dei carabinieri "forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza", tale assimilazione sarebbe irragionevole quanto agli altri Corpi sopra indicati, che a norma del su detto art. 16 concorrono soltanto all'espletamento del servizio di ordine e sicurezza pubblica. Tale irrazionalità renderebbe discriminatorio e costituzionalmente illegittimo il deteriore trattamento che ne risulta per gli ufficiali delle altre Armi, tanto più che anch'essi - occasionalmente - possono essere chiamati ad espletare compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il giudice a quo chiede pertanto una sentenza additiva che elimini tale discriminazione.
2.- Davanti a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.
Ha dedotto la razionalità della normativa impugnata, tenuto conto della diversità di funzioni e d'impiego tra le Forze di polizia indicate nell'art. 16 della legge n. 121 del 1981 e le Forze armate.
Si sono costituite pure le parti private, chiedendo la declaratoria d'illegittimità costituzionale delle norme indicate nelle ordinanze di rimessione.
Esse, negli atti di costituzione e nelle ampie memorie depositate nell'imminenza della pubblica udienza, hanno svolto, anche attraverso la ricostruzione storica della normativa vigente, deduzioni a sostegno del loro assunto. Hanno sottolineato che, sino "'entrata in vigore della legge n. 34 del 1984, il trattamento economico degli ufficiali delle diverse Armi, compresa quella dei carabinieri, era strutturato in modo omogeneo ed hanno insistito nel sostenere che non sussistono valide ragioni per differenziare gli stipendi degli ufficiali superiori delle Armi non comprese tra le "Forze di polizia", da quello degli ufficiali superiori delle Armi comprese fra esse, potendo provvedersi con speciali indennità a differenziazioni nel trattamento economico complessivo, connesso a compiti ed attività particolari.
Considerato in diritto
1.- Le ordinanze propongono entrambe la stessa questione, cosicchè i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
2.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 43, sedicesimo e diciassettesimo comma, della legge 1 aprile 1981, n. 121, e 2, quinto comma, della legge 20 marzo 1984, n. 34, ponendo in dubbio la <conformità di tali norme con l'art. 3 della Costituzione e col principio di ragionevolezza> nei limiti in cui non sono applicabili anche agli ufficiali superiori delle Armi dell'esercito che non fanno parte delle <Forze di polizia>.
Le norme impugnate, secondo il giudice a quo, danno luogo ad un differente trattamento economico tra ufficiali superiori dell'esercito, favorendo ingiustificatamente gli ufficiali superiori dell'Arma dei carabinieri e dei Corpi della guardia di finanza, degli agenti di custodia e della guardia forestale.
Nell'ordinanza di rimessione si sottolinea al riguardo che, tradizionalmente, gli stipendi degli ufficiali delle varie Armi sono sempre stati uguali a parità di grado. Si deduce che le norme impugnate - attraverso l'estensione agli ufficiali superiori delle sole Armi sopra indicate del particolare meccanismo di progressione economica previsto per i funzionari di polizia-introduce una disparità di trattamento rispetto agli ufficiali superiori delle altre Armi. Tale trattamento differenziato, se può essere giustificato riguardo agli ufficiali dei carabinieri-i quali istituzionalmente e in via primaria svolgono compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica come i funzionari di polizia-non può esserlo per gli ufficiali della Guardia di finanza, degli Agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato, i quali svolgono compiti inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblica solo in via sussidiaria.
3. - La questione non è fondata.
L'art. 43, sedicesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (recante il nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), ha stabilito che il trattamento economico previsto per il personale della polizia di Stato, è esteso all'Arma dei carabinieri e alle altre <Forze di polizia> indicate nel primo e secondo comma dell'art. 16 e precisamente: alla Guardia di finanza, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato.
Un'apposita tabella-allegata alla legge n. 121 del 1981 e in seguito sostituita con altra dalla legge 12 agosto 1982, n. 569 - ha disciplinato (art. 43, diciassettesimo comma, della citata legge n. 121 del 1981) l'equiparazione tra le qualifiche e i gradi degli appartenenti alla polizia di Stato con quelli del personale della altre <Forze di polizia>.
Il ventunesimo e il ventitreesimo comma dell'art. 43 della legge n. 121 hanno stabilito, rispettivamente, che:
a) ai funzionari del ruolo dei commissari, i quali abbiano prestato servizio senza demerito per quindici anni, è attribuito il trattamento economico spettante al primo dirigente;
b) ai funzionari del ruolo dei commissari ed ai primi dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito per venticinque anni, è attribuito il trattamento economico spettante ai dirigenti superiori.
Dal combinato disposto dei commi sedici, diciassette, ventuno e ventitrè dell'art. 43 anzi detto deriva che, essendo i tenenti dei carabinieri, della Guardia di finanza, degli Agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato equiparati ai commissari in base alla sopra menzionata tabella, dopo quindici anni di servizio ottengono il trattamento economico del grado corrispondente alla qualifica di primo dirigente (colonnello) e, dopo venticinque anni, il trattamento economico del grado corrispondente alla qualifica di dirigente superiore (generale di brigata).
In base a tali prescrizioni, la legge 20 marzo 1984, n. 34, disponendo la copertura finanziaria del decreto presidenziale di attuazione dell'accordo contrattuale triennale stipulato il 15 dicembre 1983, relativo al personale della polizia di Stato, con l'art. 2, quinto comma, ha esteso il trattamento economico previsto per il personale della polizia (e con esso la su detta particolare progressione) a quello dell'Arma dei carabinieri e dei Corpi della guardia di finanza, degli agenti di custodia e della guardia forestale dello Stato. Contemporaneamente detta legge ha soppresso talune indennità (quella per il servizio d'istituto prevista dalla legge 23 dicembre 1970, n.
1054; l'assegno personale di funzione previsto dall'art. 143 della legge 11 luglio 1980, n. 312; l'indennità di servizio penitenziario stabilita dall'art. 2 della legge 3 marzo 1983, n. 65), in precedenza attribuite a tutte od alcune delle <Forze di polizia> indicate dall'art. 16 della legge n. 121 del 1981. Le indennità soppresse sono state sostituite con una nuova ed unica indennità pensionabile, allo scopo di omogeneizzare i trattamenti.
Disposizione analoga a quella dell'art. 2, quinto comma, della legge 20 marzo 1984, n. 34, è contenuta nell'art. 2, terzo comma, del D.L. 21 settembre 1987, n. 387, conv. nella legge 20 novembre 1987, n. 472, relativo alla copertura finanziaria del successivo accordo triennale relativo al personale della polizia di Stato.
4. - La normativa sottoposta all'esame della Corte risponde ad una scelta legislativa di carattere discrezionale, vòlta ad attribuire un trattamento economico paritario a tutto il personale, militare e non militare, al quale è stato affidato il compito istituzionale (polizia di Stato e Arma dei carabinieri) o concorrente (Guardia di finanza, Corpo degli agenti di custodia e Corpo forestale dello Stato), della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
L'art. 16 della 1. n. 121 del 1981 configura infatti le Forze di polizia (o Forza pubblica, secondo l'art. 5, terzo comma, del testo unico di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773) come organismi preposti alla polizia di sicurezza. II compimento di tale attività costituisce attribuzione principale della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza (concorso al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica) nonchè del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato (concorso, in caso di necessità, all'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica). Pur nella graduata partecipazione, condizionata dai compiti istituzionali propri a ciascuna di queste Forze, le relative attribuzioni si pongono, tutte, in posizione coessenziale alla tutela della pubblica sicurezza, sì che i relativi organismi appaiono provvisti di competenza peculiare al settore.
Peculiarità che era stata già posta in luce da questa Corte.
Con la sentenza n. 229 del 1973, essa ha avuto modo di affermare, in relazione all 'attribuzione dell'indennità mensile per servizio d ' istituto ai funzionari di pubblica sicurezza, nonchè al personale delle <Forze di polizia>, la legittimità di un trattamento economico differenziato per gli appartenenti a dette Forze, in relazione al loro compito precipuo e coessenziale della difesa delle istituzioni democratiche e della tutela dell'ordine pubblico, tenuto conto che, anche in tempo di pace, esse sono esposte a rischi del tutto particolari.
Non a caso - si osservava in quella decisione - la misura di tale indennità, attraverso le leggi che si sono succedute, è stata aumentata in correlazione all'accresciuta pericolosità del <servizio d'istituto>, derivante dalla lotta al terrorismo e alla delinquenza organizzata, nella quale le <Forze di polizia> si sono venute a trovare impegnate in maniera gravosissima.
Dalla già riconosciuta legittimità del trattamento economico differenziato in riferimento ai compiti specifici delle <Forze di polizia>, deriva che appartiene pure alla discrezionalità legislativa articolarne la <specialità> attraverso la sola attribuzione di speciali indennità, ovvero strutturando, nel modo considerato più adeguato, lo stipendio e le eventuali indennità aggiuntive.
La legge 20 marzo 1984, n. 34, nel dare attuazione all'indirizzo legislativo espresso dalla legge 1° aprile 1981, n. 121, ha soppresso - come sopra si è già posto in luce - le indennità aggiuntive inerenti, sotto varia denominazione, a servizi d'istituto, sostituendole con un'unica indennità pensionabile ed unificando allo stesso tempo gli stipendi di tutto il personale delle <Forze di polizia>, attraverso l'estensione ai Corpi, che ne fanno parte, degli stipendi attribuiti al personale della polizia di Stato e della relativa progressione economica, alla stregua della particolare forma di contrattazione prevista dalla legge n. 121 del 1981.
Trattasi di scelte del legislatore che non esorbitano dai limiti della ragionevolezza, trovando la disciplina dettata la sua ratio nell'esigenza di omogeneizzare il trattamento retributivo di soggetti investiti di compiti che concorrono al raggiungimento dello stesso obiettivo.
5. - La particolare forma di progressione economica prevista dai commi ventuno e ventitrè dell'art. 43 della legge n. 121 del 1981 per i commissari di pubblica sicurezza è espressione di tale scelta discrezionale. In essa concorre la valutazione nei riflessi retributivi della presenza di due elementi: il possesso della qualifica di commissario e il decorso di un dato periodo di tempo in tale possesso. Come questi elementi abbiano rilievo ai fini dell'attribuzione del relativo trattamento economico nei confronti di soggetti, provvisti di altra qualifica o appartenenti alla struttura militare in senso stretto, è materia di delicata e ponderata comparazione, non di spettanza del giudice delle leggi.
Va soltanto rilevato che l'anzidetta progressione economica è stata estesa agli ufficiali delle altre <<Forze di polizia> nel quadro della detta omogeneizzazione ed è, quindi, provvista di una sua coerenza logica.
Prive di fondamento, pertanto, risultano, da un lato, le censure d'irragionevolezza prospettate nelle ordinanze di rimessione e, dall'altro, la lamentata discriminazione degli ufficiali superiori appartenenti alle Armi che non fanno parte delle Forze di polizia.
A tali Armi compete in via istituzionale di provvedere alla difesa militare del Paese; la loro organizzazione è affidata ad una apposita amministrazione (della difesa), che si articola in un apparato dinamico (amministrazione funzionale ed operativa) costituito dalle forze destinate all'impiego.
Il perseguimento istituzionale di detto compito, fondamentale, dà ragione della esclusione delle predette Armi dal complesso <Forze di polizia> e giustifica, al tempo stesso, la richiesta di intervento delle armi stesse da parte del prefetto per finalità di polizia (art. 19, sesto comma, t.u. l.c. prov. 3 marzo 1934, n. 383). Però, questa autorità non ne dispone direttamente, ma, come si è detto, può sollecitare soltanto l'autorità militare, la quale provvede all'impiego delle forze stesse, sotto la propria responsabilità.
Come è facile rilevare, si tratta di situazioni del tutto differenziate rispetto alle attività proprie delle Forze di polizia, e, come tali, non comparabili. E questa Corte ha costantemente escluso che possa censurarsi, in base all'art. 3 della Costituzione, il trattamento differenziato di situazioni diverse.
Ciò non esclude che il legislatore debba valutare attentamente gli equilibri retributivi tra gli ufficiali di tutte le Armi. In tal senso, peraltro, il Parlamento risulta già orientato, come si evince dall'emanazione della legge 14 novembre 1987, n. 468, che, in sede di conversione del d.l. 16 settembre 1987, n. 379 (recante misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare), ha espressamente previsto <quale parziale omogeneizzazione stipendiale con le Forze armate di polizia>, aumenti retributivi per gli ufficiali che abbiano prestato quindici o venticinque anni di servizio dalla nomina a tenente, in attesa di una legge organica di riordino della materia <sia per quanto riguarda il trattamento retributivo che le norme di avanzamento per tutto il personale militare>.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 43, sedicesimo e diciassettesimo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) e 2, quinto comma, della legge 20 marzo 1984, n. 34 (Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica di attuazione dell'accordo contrattuale triennale relativo al personale della polizia di Stato, estensione agli altri Corpi di polizia, nonchè concessione di miglioramenti economici al personale militare escluso dalla contrattazione), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/04/90.
Giovanni CONSO, PRESIDENTE
Gabriele PESCATORE, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 12/04/90.