SENTENZA N.165
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 36, secondo comma, della legge 27 novembre 1960, n. 1397 (Assicurazione obbligatoria contro le malattie per esercenti attività commerciali), in relazione all'art. 4 della stessa legge, promosso con la ordinanza emessa il 27 giugno 1989 dal Pretore di Grosseto nel procedimento civile vertente tra Betteri Rizia e l'I.N.P.S. iscritta al n. 534 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 27 giugno 1989, in un procedimento civile vertente tra Rizia Betteri e l'I.N.P.S., il Pretore di Grosseto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, secondo comma, della legge 27 novembre 1960, n. 1397 (Assicurazione obbligatoria contro le malattie per esercenti attività commerciali), "nella parte in cui dispone che in caso di denuncia di cessazione dell'attività commerciale effettuata oltre il termine (di 30 gg. dall'evento) di cui all'art. 4 e in caso di accertamento di ufficio devono essere posti in riscossione anche i contributi afferenti l'anno solare in corso", in riferimento all'art. 3 Cost.
Secondo il giudice a quo, la norma denunciata (implicante la persistenza di un obbligo contributivo anche in assenza del requisito principale richiesto per l'assicurazione) contrasterebbe, infatti, con il principio di eguaglianza, "per il fatto che più commercianti, che abbiano tutti cessato la loro attività, possono venire a trovarsi in posizioni ingiustamente differenziate di fronte all'I.N.P.S., permanendo, a carico di quelli che abbiano omesso di richiedere la cancellazione dall'elenco, l'obbligo contributivo nella misura prevista per i commercianti (senza che tali siano più), anzichè il diverso obbligo previsto per coloro che svolgono altre attività o siano pensionati o appartengono a categorie a suo tempo non mutuate".
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.
Premesso .che la ratio dell'obbligo di denunzia (ex citato art. 4 l. n. 397 del 1960) "risiede nel fatto di mettere l'ente in grado di effettuare un tempestivo accertamento sull'effettiva cessazione dell'attività commerciale", l'Avvocatura ravvisa che non sia irrazionale nè in contrasto con il principio di eguaglianza la norma denunciata là dove,, a presidio appunto dell'osservanza di detto obbligo, sanziona l'inadempimento con la protrazione dell'obbligazione pecuniaria entro i limiti indicati.
Considerato in diritto
1.-La questione attiene alla norma di cui all'art. 36, secondo comma, della legge 27 novembre 1960, n. 1397 (Assicurazione obbligatoria contro le malattie per esercenti attività commerciali), la quale stabilisce, in caso di tardiva denuncia di cessazione dell'attività commerciale, la riscossione anche dei < contributi afferenti all'anno solare in corso>.
In base all'art. 4 , secondo comma, della legge, l'esercente attività commerciali è infatti tenuto a denunciare entro il termine di trenta giorni (dalla data in cui l'evento si è verificato) la cessazione dell'attività.
Resta chiarita, sempre dall'art. 36 cit., primo comma, la ratio della impugnata disposizione: la sollecitazione all'adempimento dell'obbligo di denuncia ai fini conseguenti di una tempestiva formazione dei ruoli, dovendo questi infatti, secondo la procedura ivi contemplata, essere approvati annualmente entro il 15 dicembre, sulla base di elenchi nominativi degli esercenti, per la riscossione dei contributi dovuti per l'anno solare successivo.
2. - Senonchè, con l'istituzione del servizio sanitario nazionale si è innovato (oltre che in ordine ai criteri di determinazione del contributo) anche, per ciò che qui specificamente interessa, sotto l'aspetto delle procedure di riscossione ora demandate all'I.N.P.S.
É venuto meno, infatti, il ricordato sistema di riscossione a mezzo ruoli, non solo sostituito dal versamento a mezzo di bollettini di conto corrente postale già predisposti dall'I.N.P.S., ma-quel che più conta -mediante la determinazione di scadenze ravvicinate per l'assolvimento dell'obbligo contributivo (trimestrali ovvero in unica soluzione entro il 31 luglio: art. 12 della legge 23 aprile 1981, n. 155). Sicchè il versamento dei contributi afferisce-e ciò con decorrenza fin dal 1° gennaio 1981 -all'anno stesso nel quale esso è eseguito rendendo così tempestivi (nell'anno cioè di riferimento) gli adempimenti di versamento da un lato e gli accertamenti relativi dall'altro.
Il che ha comportato ovviamente, con l'adozione di meccanismi di riscossione compiutamente nuovi nella regolazione della materia, l'abrogazione (e a far tempo dal 1° gennaio 1981) della norma impugnata, resa ormai del tutto incompatibile, come anche la Corte di cassazione ha assai di recente considerato, con le nuove disposizioni qui sopra descritte.
La questione di legittimità costituzionale si appalesa, pertanto, infondata per i motivi e nei termini sovraricordati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, secondo comma, della legge 27 novembre 1960, n. 1397 (Assicurazione obbligatoria contro le malattie per esercenti attività commerciali), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Grosseto con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/03/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 04/04/90.