SENTENZA N.31
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche), promosso con ordinanza emessa il 15 giugno 1989 dal Commissariato regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo - L'Aquila nella causa demaniale promossa dal Comune di Rivisondoli contro il Ministero dell'agricoltura e delle foreste ed altri, iscritta al n. 404 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visti gli atti di costituzione della s.p.a. Montepratello e della Montepratello Immobiliare nonchè l'atto di intervento della Regione Abruzzo;
udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
uditi gli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli e Ugo Petronio per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1.- Nel 1968 il Comune di Rivisondoli, con l'autorizzazione del Ministro dell'agricoltura, previo parere favorevole del Commissario per la liquidazione degli usi civici, vendette alla Società Monte Pratello s.p.a. di Rivisondoli alcuni appezzamenti di terreno di demanio comunale, classificati dal Commissario come "boschivi e pascolivi", di cui una parte fu poi ceduta dall'originaria compratrice alla Società immobiliare Monte Pratello con sede in Napoli.
Dopo vent'anni, nel 1988, sul riflesso che "l'autorizzazione alla vendita fu concessa dal Ministro senza che il compendio terriero fosse stato preventivamente assegnato a categoria ai sensi dell'art. 11 della legge n. 1766 del 1927", il Commissario per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo ha citato a comparire davanti a sè il Sindaco di Rivisondoli, il Ministro dell'agricoltura e le due predette società al fine di sentir dichiarare, previa declaratoria della "natura demaniale civica universale" del terreno in questione, "la nullità assoluta e insanabile di tutti gli atti di disposizione di essi e ordinarne la reintegra al Comune di Rivisondoli".
Nel corso del giudizio, reputando che la sua definizione dipenda dalla delibera che la Regione adotterà in merito alla domanda di convalida del decreto ministeriale sopra indicato, nel frattempo presentata dalla compratrice ai sensi dell'art. 7 della legge regionale 3 marzo 1998, n. 25, il Commissario ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 10 di detta legge nella parte in cui consentono alla Regione, il primo, di provvedere alla convalida delle pregresse autorizzazioni all'alienazione di terre civiche non previamente assegnate a categoria; il secondo, di disporre la sclassificazione di porzioni di terre civiche che, per effetto di utilizzazioni improprie, abbiano ormai perduto la qualità di terreni agrari ovvero boschivi e pascolivi.
Le norme impugnate violerebbero: l'art. 117 della Costituzione perchè contrastanti con principi fondamentali stabiliti dalla legge nazionale 16 giugno 1927, n. 1766; l'art. 118, perchè conferenti alla Regione poteri "che non sono certamente di natura amministrativa, ma legislativa". La prima, inoltre, sarebbe in contrasto anche col principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto "solo i cittadini della Regione Abruzzo possono ottenere la convalida, previa sclassificazione dei terreni, di atti di disposizione di beni civici palesemente nulli", mentre la seconda offenderebbe l'art. 42, terzo comma perchè la sclassificazione di terre di uso civico si risolve in una espropriazione di proprietà pubbliche, per giunta senza indennizzo.
2.- Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite con atti distinti le due società sopra nominate chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per irrilevanza, in quanto i censurati poteri attribuiti alla Regione non impediscono al Commissario di esercitare la sua giurisdizione, e comunque infondata perchè il presunto vizio dell'autorizzazione alla vendita "é tale da poter essere eliminato con una nuova manifestazione di volontà".
3. - Si é pure costituita la Regione Abruzzo concludendo per l'inammissibilità e comunque per la non fondatezza.
In punto di inammissibilità la Regione osserva che il Consiglio regionale non ha ancora esercitato il potere di convalida attribuitogli dall'art. 7 della legge n. 25 del 1988, e, in ipotesi, potrebbe non esercitarlo affatto o esercitarlo in senso negativo, donde l'inattualità della proposta questione di costituzionalità; quanto all'art. 10, ne rileva la totale estraneità al thema decidendum.
Sul punto dell'infondatezza si obietta: la pretesa violazione dell'art. 3 Cost. é addotta sulla base di una confusione tra l'atto amministrativo di autorizzazione alla vendita e il contratto di vendita autorizzato; non sono violati gli artt. 117 e 118 Cost. perchè la previa assegnazione a categoria non é presta dalla legge nazionale a pena di nullità insanabile dell'autorizzazione all'alienazione; non t'é violazione dell'art. 42, terzo comma, Cost., perchè la "sclassificazione" di terre di uso civico non ha niente a che vedere con l'espropriazione e, d'altra parte, una volta "sclassificati", tali beni possono essere alienati soltanto a titolo oneroso, con destinazione del ricavato a indennizzare la collettività proprietaria.
Considerato in diritto
1.-Il Commissario per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo contesta la legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, nella parte in cui attribuisce alla Regione il potere di <provvedere alla convalida delle autorizzazioni all'alienazione di terre civiche non previamente assegnate a categoria, rilasciate dall'autorità competente, sempre che i relativi atti di alienazione siano stati stipulati e registrati anteriormente all'entrata in vigore della presente legge>, nonchè dell'art. 10, nella parte in cui consente alla Regione di <disporre la sclassificazione dal regime demaniale civico> di porzioni di terre civiche che <abbiano da tempo irreversibilmente perduto la conformazione fisica e la destinazione funzionale di terreni agrari ovvero boschivi e pascolavi>.
2. -La questione è inammissibile perchè le norme impugnate non sono applicabili nella specie.
Le terre civiche di cui è causa sono state <sdemanializzate>, ai sensi dell'art. 12, secondo comma, della legge n. 1766 del 1927, con decreto del Ministro dell'agricoltura in data 28 aprile 1961, che ha autorizzato il Comune di Rivisondoli a venderle con l'obbligo di investire la somma ricavata in titoli del debito pubblico per essere destinata, occorrendo, ad opere permanenti di interesse generale di quella popolazione.
L'autorizzazione è stata concessa dopo avere acquisito il parere favorevole del Commissario per la liquidazione degli usi civici con sede in L'Aquila, espresso in data 16 marzo 1961. Nel parere i terreni in oggetto sono qualificati <boschivi e pascolivi>, cioè appartenenti alla prima delle due categorie distinte nell'art. 11 della legge n. 1766 del 1927, con la precisazione, confortata dall'allegata dichiarazione dell'Ufficio tecnico erariale dell'Aquila, che trattasi di <zona impervia e improduttiva>.
Questa dichiarazione accerta la ricorrenza dell'ipotesi contemplata dall'art. 37 del regolamento di esecuzione della legge sugli usi civici (approvato con r.d. n. 332 del 1928), in cui risulta da sicuri elementi a quale categoria debbano essere assegnate le terre di uso civico. Nella specie la palese appartenenza del terreno alla categoria A (terreno non idoneo a cultura e, quindi, non suscettibile di ripartizione) consentiva che il Commissario, con l'accordo del Ministero, procedesse alla classificazione del terreno senza che fosse compilato il piano di massima previsto dall'art. 14 della legge e dagli artt. 34 e 35 del regolamento.
Manca pertanto nel caso di cui si discute il presupposto di applicabilità dell'art. 7, quarto comma, della legge regionale n. 25 del 1988, cioè un'autorizzazione ad alienare terre civiche concessa dall'autorità competente senza che esse fossero <previamente assegnate a categoria>. La vendita del terreno in oggetto è stata autorizzata previa assegnazione del medesimo alla categoria dei <terreni boschivi e pascolivi>, alla quale il Commissario per gli usi civici ha provveduto nello stesso atto con cui ha espresso parere favorevole alla progettata alienazione.
Tanto meno può venire in considerazione l'art. 10, ultimo comma, del quale il Comune di Rivisondoli non ha chiesto, nè potrebbe chiedere alla Regione l'applicazione, non essendo prospettabile la <sclassificazione>, cioè il passaggio dal regime demaniale civico al regime dei beni patrimoniali, di un terreno, come quello di cui è causa, che è già stato sdemanializzato e successivamente venduto dal detto Comune.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, 117 e 118 della Costituzione, dal Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/01/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Luigi MENGONI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1990.