Ordinanza n.12 del 1990

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ORDINANZA N.12

 

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561 (Ratifica, ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, di decreti legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente), promosso con ordinanza emessa il 6 aprile 1989 dal Pretore di Catania nel procedimento civile vertente tra Malfitana Antonino e l'E.N.P.A.M., iscritta al n. 339 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1989.

 

Visti gli atti di costituzione di Malfitana Antonino e dell'E.N.P.A.M. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.

 

Ritenuto che il Pretore di Catania, nel procedimento civile vertente tra Malfitana Antonino ed E.N.P.A.M. (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Medici), diretto ad ottenere la liquidazione di una più congrua ed adeguata pensione di vecchiaia quale medico odontoiatra, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561, nella parte in cui non detta i criteri da seguire per la determinazione dell'ammontare del contributo E.N.P.A.M. e, correlativamente, della liquidazione della pensione dei medici liberi professionisti, non dipendenti, iscritti all'Albo;

 

che, a parere del giudice remittente, sarebbero violati gli artt.38 e 3 della Costituzione, rimanendo i medici liberi professionisti privati di un adeguato trattamento previdenziale e creandosi una disparità di trattamento rispetto ad altri liberi professionisti (avvocati e procuratori, ingegneri, dottori commercialisti, ostetriche, ecc...);

 

che nel giudizio si sono costituiti il Malfiltana, il quale, sia con l'atto di costituzione, sia con la memoria successiva, ha concluso per la fondatezza della questione con argomentazioni analoghe a quelle contenute nella ordinanza di remissione; e l'E.N.P.A.M. che sia nell'atto di costituzione che nella memoria ha concluso per la inammissibilità della questione;

 

che anche l'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per la inammissibilità della questione.

 

Considerato che questa Corte ha già dichiarato (ordinanza n. 238 del 1989) la manifesta inammissibilità della stessa questione ora di nuovo sollevata e che gli elementi indicati dalla parte privata (il dott. Malfitana), e cioè le circolari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n.64/1989 del 28 giugno 1989 e n. 119/1988 del 28 dicembre 1988, non modificano i termini della questione in quanto resta fermo:

 

a) che spetta al legislatore nella sua discrezionalità porre le condizioni e le modalità della erogazione di trattamenti previdenziali onde nel giudizio di costituzionalità non possono sindacarsi le scelte effettuate se non siano palesemente arbitrarie, il che non è nella specie;

 

b) che ogni ordinamento previdenziale di categoria ha una propria specificità e autonomia e non può essere applicato in sede giudiziale in via analogica ad altra categoria e che, quindi, come rilevato nella precedente ordinanza (n. 238 del 1989), il vuoto di disciplina che si creerebbe a seguito alla ipotizzata declaratoria di incostituzionalità della norma denunciata non può essere colmato con il regime previdenziale apprestato per la categoria dei dottori commercialisti come chiede la parte attrice del giudizio a quo; e che, comunque, da parte dell'E.N.P.A.M. (deliberazione 17 dicembre 1988) sono in corso le opportune modifiche regolamentari le quali, tra l'altro, prevedono un sistema contributivo rapportato al reddito dell'assistito;

 

che, inoltre, in base all'art. 7 della legge 29 dicembre 1988, n.544, le pensioni erogate dalle Casse di previdenza per i liberi professionisti, ivi compresi i medici, non possono essere di importo inferiore a quello minimo a carico del Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti; che, pertanto, la questione sollevata è manifestamente inammissibile.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), ratificato con legge 17 aprile 1956, n. 561 (Ratifica, ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, di decreti legislativi emanati dal Governo durante il periodo della Costituente), in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Catania con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/01/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Francesco GRECO, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 23 Gennaio 1990.