SENTENZA N.568
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 13, quarto e quinto comma, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento di pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 giugno 1987 dalla Corte di cassazione nei procedimenti civili riuniti vertenti tra l'I.N.P.S. e Burrini Giovanni ed altro, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1989;
2) ordinanza emessa il 14 ottobre 1987 dalla Corte di cassazione nel procedimento civile vertente tra l'I.N.P.S. e Mazzi Giovanni ed altro, iscritta al n. 281 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visti gli atti di costituzione dell'I.N.P.S. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 15 novembre 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.
Considerato in diritto
1.-I due giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza in quanto prospettano la stessa questione.
1.1 - La Corte di cassazione dubita della legittimità costituzionale dell'art. 13, quarto e quinto comma, legge 12 agosto 1962, n. 1338, nella parte in cui preclude al lavoratore di provare con mezzi diversi da documenti di data certa, l'esistenza del rapporto di lavoro, la sua durata e l'ammontare della retribuzione. A parere della remittente sarebbe violato l'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione in combinazione con l'art. 3, primo e secondo comma, in quanto irragionevolmente sarebbe gravemente compromesso il diritto di azione e di difesa del lavoratore per la tutela del trattamento previdenziale che gli spetta ex lege.
1.2 - La questione é fondata.
L'art. 13 censurato dispone che, in caso di omesso versamento di contributi per l'assicurazione obbligatoria, invalidità, vecchiaia e superstiti, da parte del datore di lavoro ed impossibilita del loro versamento per sopravvenuta prescrizione, il datore di lavoro può chiedere all'I.N.P.S. di costituire a favore del lavoratore una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore stesso in relazione ai contributi da versare.
La detta facoltà può essere esercitata a condizione che il datore di lavoro esibisca all'I.N.P.S. documenti di data certa dai quali si possa evincere l'effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro nonché la misura della retribuzione corrisposta al lavoratore interessato. E' anche previsto che, in sostituzione del datore del lavoro, la richiesta possa essere fatta dallo stesso lavoratore a condizione che fornisca all'I.N.P.S. le suddette prove.
Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, condiviso anche dalla Corte remittente, in ordine all'onere e alla specialità delle prove, vi é assoluta parità tra datore di lavoro e lavoratore.
Tuttavia, si controverte in ordine alla specie della prova, se cioè essa debba consistere in atto scritto di data certa ex art. 2704 del codice civile o se sia sufficiente un atto scritto, con la possibilità per il giudice, purché sia incontestata l'autenticità del documento e si tratti solo di accertarne la data, di ammettere qualunque mezzo di prova, sicché, in ogni caso, l’esistenza del rapporto di lavoro non deve apparire solamente verosimile ma deve risultare documentalmente.
2.-Vari Pretori hanno sollevato in precedenza questione di legittimità costituzionale della detta disposizione. Questa Corte, con una sentenza interpretativa (n. 26 del 1984) ha affermato che essa doveva essere interpretata nel senso che si poteva distinguere tra effettiva esistenza del rapporto di lavoro, durata di esso e ammontare della retribuzione, siccome fatti autonomamente apprezzabili, sia pure legati giuridicamente e che, una volta provata documentalmente l’esistenza del rapporto di lavoro, ben poteva il giudice ammettere mezzi di prova diversi dai documenti di data certa per quanto riguardava la durata di esso e l'ammontare della retribuzione.
2.1-Secondo la Corte remittente, il prevalente indirizzo giurisprudenziale formatosi successivamente, anche in sede di legittimità, sarebbe di senso contrario, onde la necessità di riproporre la questione.
Ora, come si é affermato nella precedente sentenza, e non si ha motivo di andare in contrario avviso, il legislatore, con la disposizione in esame, ha inteso fare un trattamento di favore ai lavoratori i quali, per effetto del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro e dell’impossibilità del loro tardivo pagamento per intervenuta prescrizione, siano stati privati della pensione, prevedendo la possibilità di costituzione, in luogo della stessa, di una rendita vitalizia reversibile di importo uguale a quello dell'intero ammontare o della quota di pensione spettante secondo i contributi dovuti. Ma nel medesimo tempo ha voluto impedire che si accampassero posizioni assicurative fittizie: onde la diffidenza, per l'ammissibilità di qualunque mezzo di prova sia sull'esistenza del rapporto di lavoro che sulla sua durata e sull'ammontare della retribuzione, che sono i presupposti per il riconoscimento del preteso diritto.
E ciò anche perché, il più delle volte, si tratta di provare fatti ormai remoti, avvenuti a notevole distanza di tempo, dei quali a volte si ha appena il ricordo. Il necessario contemperamento degli interessi in gioco e cioè quello del lavoratore al riconoscimento del diritto alla rendita vitalizia e quello dell'I.N.P.S. di limitarlo ai casi di esistenza certa e non fittizia del rapporto di lavoro, onde evitare le possibili frodi che, poi, in definitiva, si riversano a danno dello Stato, induce a ritenere che almeno l'esistenza del rapporto di lavoro non debba apparire solo verosimile ma risultare certa, onde la necessita dell'ammissione della sola prova documentale. Ma, secondo logica e ragionevolezza, devesi anche ritenere che la disposizione in esame debba trovare effettiva applicazione, dovendosi escludere che il legislatore da un verso abbia previsto la possibilità del riconoscimento del diritto del lavoratore alla rendita vitalizia e dall'altro abbia voluto rendere la relativa prova talmente difficoltosa da escludere detto riconoscimento o quanto meno da farlo diventare inattuabile.
2.2-L'eccessiva difficoltà della prova e la conseguente impossibilità del riconoscimento del diritto importano violazione del precetto costituzionale dell'art. 24. Infatti, si é più volte affermato che esso risulta violato quando si sia imposto un onere tale o vengono prescelte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio, da parte di qualunque interessato, del diritto.
Ne deriverebbe anche la impossibilita, per il lavoratore, di conseguire il trattamento previdenziale al quale egli ha pieno titolo, non potendo l'inadempimento del datore di lavoro agli obblighi contrattuali e l'inosservanza, da parte del medesimo, di precise norme di legge risolversi in suo danno e senza che egli abbia alcuna colpa. Sicché, in definitiva, risulterebbe anche leso il precetto costituzionale dell'art. 38.
2.3-Non può, quindi, assolutamente pretendersi la rigida applicazione del primo comma dell'art. 2704 del codice civile e cioè come prova dell'esistenza del rapporto di lavoro un documento di data certa secondo la previsione di detta norma; ma piuttosto trova applicazione il terzo comma del citato articolo.
Quando si tratta solo di accertarne la data, il giudice, tenuto conto delle circostanze, può ammettere qualunque mezzo di prova.
3. -Pertanto, devesi ritenere che, salva la necessita che l’esistenza del rapporto di lavoro sia provata per iscritto, la durata del rapporto e l'ammontare della retribuzione possono essere provati con altri mezzi, anche orali. Del resto, il rigore della prova scritta non si giustificherebbe adeguatamente per questi fatti che sono, in definitiva, semplici modalità del rapporto.
Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riunisce i ricorsi;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell'art. 13, quarto e quinto comma, legge 12 agosto 1962, n. 1338 (Disposizioni per il miglioramento di pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti), nella parte in cui, salva la necessita della prova scritta sull’esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 22/12/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE