Ordinanza n. 480 del 1989

 CONSULTA ONLINE 

 

 

ORDINANZA N.480

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 497 e 498 del codice di procedura penale, anche nel testo modificato della legge 23 gennaio 1989, n. 22 (Nuova disciplina della contumacia), promosso con ordinanza emessa il 2 marzo 1989 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Vittorio Emanuele di Savoia, iscritta al n. 224 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti l'atto di costituzione di Vittorio Emanuele di Savoia, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 luglio 1989 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza del 2 marzo 1989, emessa nel procedimento penale a carico di Vittorio Emanuele di Savoia, imputato del reato di diffamazione a mezzo stampa, ha sollevato questione di legittimità costituzionale <degli artt. 497, 498 del codice di procedura penale (anche nel testo modificato dalla legge 23 gennaio 1989, n. 22), per violazione degli artt. 3, 24, 112, 139, XIII Disposizione transitoria della Costituzione, nella parte in cui tali disposizioni processuali non prevedono (e in quanto non prevedono) che sia superabile l’indefinita stasi del giudizio penale nei confronti dei discendenti maschi di Casa Savoia (quale e l'attuale imputato Vittorio Emanuele di Savoia), determinata dall'obbligo del giudice penale italiano di ordinare, a pena di nullità assoluta, il rinvio a tempo indeterminato del dibattimento a loro carico, in presenza del legittimo e assoluto impedimento di comparire e di difendersi in cui versano in forza del divieto loro imposto dalla XIII Disposizione transitoria (comma 2) della Costituzione>;

e che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata, prima ancora che manifestamente infondata, inammissibile, perché <rivolta, nella sostanza, a conseguire una pronunzia additiva che esorbiterebbe dai poteri della Corte>, un'<addizione>, oltretutto, <assolutamente indefinita nei contenuti>.

Considerato che il giudice a quo addebita, in particolare, all'art. 497 del codice di procedura penale di non prevedere, nemmeno nel testo novellato dalla legge 23 gennaio 1989, n. 22 (che e, poi, il solo ad essere rilevante nella specie), <il caso in cui un discendente maschio di Casa Savoia, imputato in un procedimento penale da celebrarsi in Italia, sia legittimamente e in perpetuo impedito dal comparire in giudizio per difendersi>, così costituendo <in suo favore>-per l'impossibilità di procedere in contumacia, a causa del legittimo impedimento a presenziare al giudizio derivante dal secondo comma della XIII Disposizione transitoria e finale della Costituzione - una <immunità di fatto> non prevista né prevedibile dal nostro attuale ordinamento, in quanto contrastante <con lo scopo della XIII Disp. trans. della Costituzione che non ha perseguito nei confronti dei discendenti maschi di Casa Savoia (e delle loro consorti) un trattamento processuale di favore rispetto alla giurisdizione penale>, <contraddicendo contemporaneamente sia all'esigenza dello Stato di realizzare la sua pretesa punitiva (art. 112 Cost.) sia all'interesse dell'imputato accusato di un reato di fruire di un regolare processo (art. 24 Cost.)>, oltreché <al principio fondamentale di uguaglianza>;

che, in tal modo, il giudice a quo, come eccepisce l'Avvocatura dello Stato, richiede a questa Corte un intervento <additivo> di contenuto assolutamente indeterminato, pur di colmare comunque il lamentato vuoto di disciplina dovuto alla mancanza di un precetto in grado di superare <l'indefinita stasi del giudizio penale nei confronti dei discendenti maschi di Casa Savoia>, allorché questi non chiedano o non consentano che il dibattimento abbia luogo in loro assenza (art. 497, secondo comma, del codice di procedura penale);

che, d'altra parte, lo stesso giudice a quo implicitamente riconosce che un tale petitum non potrebbe essere conseguito attraverso l'intervento di questa Corte, dato l'ostacolo <alla celebrazione del giudizio nei confronti di Vittorio Emanuele di Savoia> derivante proprio dal secondo comma della XIII Disposizione transitoria e finale della Costituzione, ispirata, stando all'avviso espresso nella parte iniziale dell'ordinanza di rimessione, ad una <ratio che... si propone-in stretta connessione con l'art. 139 Cost., che sancisce la non modificabilità in perpetuo del nuovo ordine repubblicano - di precludere senza limiti di tempo l'ingresso e la permanenza nel territorio italiano di soggetti che il costituente ha considerato particolarmente capaci, in quanto possibili pretendenti al trono, di divenire punto di riferimento di temute iniziative restauratrici>;

e che, di conseguenza, la questione prospettata risulta manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 497 e 498 del codice di procedura penale, anche nei testi modificati dagli artt. 3 e 4 della legge 23 gennaio 1989, n. 22 (Nuova disciplina della contumacia), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 112, 139 ed alla XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, dal Tribunale di Torino con ordinanza del 2 marzo 1989.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 31/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE