Sentenza n. 410 del 1989

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SENTENZA N.410

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 2 gennaio 1989, depositato in cancelleria il 9 gennaio 1989 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 1989, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota in data 3 novembre 1988, n. 24750 del Ministro per la funzione pubblica che afferma l'obbligo della Regione di adempiere il disposto dell'art. 3 del d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, in ordine alla comunicazione delle situazioni di carenza o di esubero nel proprio personale dipendente.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell’11 aprile 1989 il Giudice relatore Mauro Ferri;

uditi l'Avv. Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Forma oggetto del presente conflitto di attribuzione la nota della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per la funzione pubblica del 3 novembre 1988, con la quale si richiamano le Amministrazioni destinatarie - tra le quali le regioni - all'obbligo di rispettare entro il successivo 9 novembre l'adempimento previsto nell'art. 3 del d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325 (relativo alle procedure per l'attuazione del principio di mobilità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni), consistente nel comunicare le situazioni di esubero e di carenza del proprio personale, distinto per qualifica o categoria e profilo professionale.

La ricorrente Regione Lombardia deduce, in sintesi, che la nota impugnata lede la propria sfera di competenza in materia di ordinamento degli uffici e del personale, garantita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, in quanto il d.P.C.M. n. 325/88 - e in particolare il suo art. 3, su cui si fonda la nota in discussione-non avrebbe un’efficacia diretta e vincolante nei confronti delle regioni (del resto non menzionate nell'art. 24, commi 2 e 17, della legge finanziaria 1988, richiamato nelle premesse del decreto) e l'istituto della mobilità non potrebbe avere applicazione in ambito regionale se non previa disciplina con legge regionale; chiede, pertanto, che questa Corte dichiari che non spetta al Ministro per la funzione pubblica formulare nei suoi confronti la richiesta contenuta nell'atto impugnato.

2. - Il ricorso é fondato.

Questa Corte ha già avuto modo, nella sentenza n. 407 del 1989 (relativa a varie questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcune regioni avverso gli artt. 1 e 5 della legge 29 dicembre 1988, n. 554), di delineare l'iter normativo essenziale che, a partire dalla legge quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983 per giungere alla citata legge n. 554 del 1988, ha portato al concreto avvio dei processi di mobilità nelle pubbliche amministrazioni, comprese le regioni e gli enti territoriali minori.

In tale contesto, il d.P.C.M. n. 325 del 1988 disciplina la procedura per l'attuazione, in via sperimentale e provvisoria, dei processi di mobilità, in attesa della determinazione definitiva delle dotazioni organiche previste dall'art. 12 del d.P.R. 23 agosto 1988, n. 395, di recepimento dell'accordo intercompartimentale per il triennio 1988-1990.

Come esattamente deduce la ricorrente, il decreto in esame non é applicabile in via diretta ed immediata alle regioni.

Va innanzitutto rilevato in tal senso che lo stesso provvedimento dispone che le norme in esso contenute costituiscono <linee di indirizzo e coordinamento per le regioni e gli enti da esse dipendenti> (art. 10); ed analoga disposizione é contenuta nel citato d.P.R. n. 395/88, quanto alla determinazione delle dotazioni organiche (art. 13).

Ciò posto, la natura estremamente dettagliata delle norme in questione, che impongono una serie di adempimenti specifici e puntuali a carico delle amministrazioni destinatari e, mal si concilierebbe con la qualificazione ad esse attribuita di <linee di indirizzo e coordinamento>, qualora le norme stesse si ritenessero rivolte direttamente anche alle regioni.

La decisiva conferma di questa tesi é fornita dalla successiva legge 29 dicembre 1988, n. 554. Questa, infatti, detta all'art. 5 una normativa specifica per l'attuazione dei processi di mobilità in ambito regionale (relativamente cioè al personale delle regioni, degli enti pubblici da esse dipendenti e dell’unita sanitarie locali), affidando alle regioni stesse il compito di attivare detti processi (commi secondo e terzo) e prevedendo (commi quarto e quinto) che la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei posti in carenza o in esubero sia effettuata soltanto all'esito dei processi di mobilità infraregionale. Tale disciplina e, pertanto, del tutto autonoma e distinta da quella relativa alle amministrazioni statali, dettata principalmente dal menzionato d.P.C.M. n. 325/88, tant'é vero che quest'ultimo e richiamato dal citato art. 5 della legge n. 554 al solo fine di uniformare su tutto il territorio nazionale alcune modalità procedurali (cfr. su questi punti la sent. n. 407 del 1989).

Ulteriore dimostrazione di quanto detto é data dalla circostanza che nei due decreti ministeriali, contenenti gli elenchi dei posti vacanti da coprire mediante la mobilità, sinora pubblicati (in data 21 marzo e 12 maggio 1989) non sono menzionate affatto le regioni.

Si può, quindi, conclusivamente affermare che tra le <pubbliche amministrazioni> cui si rivolge il d.P.C.M. n. 325/88, e in particolare il suo art. 3, non possono ritenersi comprese le regioni. Ne consegue che non spetta al Ministro per la funzione pubblica sollecitare la Regione Lombardia con la nota impugnata ad adempiere l'obbligo contenuto nel citato art. 3, e che detta nota va quindi annullata in quanto indirizzata anche alla ricorrente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro per la funzione pubblica, di sollecitare la Regione Lombardia al rispetto dell'obbligo di cui all'art. 3 del d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, concernente la comunicazione delle situazioni di esubero e di carenza del proprio personale;

annulla, di conseguenza, la nota del Ministro per la funzione pubblica del 3 novembre 1988, in quanto e nei limiti in cui é indirizzata anche alla Regione Lombardia.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 18/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE