SENTENZA N.401
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2399 del codice civile, promosso con l'ordinanza emessa il 10 ottobre 1988 dal T.A.R. del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Rocco Trane e Claudio Emeri contro il Presidente del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 150 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visti gli atti di costituzione di Rocco Trane e di Claudio Emeri nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore Mauro Ferri;
uditi l'avv. Claudio Emeri e l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1.- Il T.A.R. del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale <dell'art. 2399 Cod. civ. per contrasto con l'art. 3 Cost. nella parte in cui (secondo comma) prevede la decadenza dall'ufficio di sindaco sia in caso di cancellazione che in caso di sospensione dall'albo dei revisori dei conti>.
Nella fattispecie oggetto del giudizio a quo, il ricorrente era stato ritenuto decaduto dall'ufficio di sindaco revisore, in quanto sospeso dal ruolo dei revisori dei conti, con decreto del Ministro di grazia e giustizia del 19 ottobre 1987 ai sensi dell'art. 6, primo e terzo comma, del regio decreto 10 febbraio 1937 n. 228 -contenente <Norme per l'attuazione del Regio decreto legge 24 luglio 1936 n. 1548, sui sindaci delle Società commerciali (revisori dei conti)>-per essere stato emesso nei suoi confronti mandato di cattura.
L'art. 6 del regio decreto citato stabilisce al quarto comma che in tale ipotesi di sospensione cautelativa <il revisore dei conti viene temporaneamente sostituito nelle cariche di sindaco secondo le norme in vigore per i casi di decadenza>.
Ma il T.A.R. remittente ha ritenuto che non possa essere invocata tale disposizione perché incompatibile con la successiva e compiuta previsione dell'art. 2399 del codice civile, il quale - come si é visto-sancisce al secondo comma la decadenza dall'ufficio di sindaco, per coloro che siano stati scelti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti o negli albi professionali determinati dalla legge, in caso di cancellazione o sospensione dal ruolo o dall'albo, senza operare alcuna distinzione fra sospensione sanzionatoria e sospensione cautelare. Sul presupposto di questa interpretazione, il giudice a quo dubita della costituzionalità del citato art. 2399 secondo comma del codice civile per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
2. - L'Avvocatura dello Stato solleva, innanzitutto, un'eccezione di inammissibilità, sostenendo che la proposta questione non mira in realtà alla caducazione dell'art. 2399 del codice civile (non essendo ipotizzabile la permanenza nel collegio sindacale dei revisori sospesi dal ruolo), bensì all’introduzione, mediante pronuncia additiva, di una nuova e completa disciplina in tema di sostituzione temporanea del sindaco sospeso, la quale tuttavia, implicando scelte discrezionali, non potrebbe essere dettata da questa Corte, ma rimessa al legislatore.
L'eccezione va disattesa.
Invero, il giudice remittente chiede in sostanza che questa Corte, ove ritenga fondata la questione, espunga dalla previsione del secondo comma dell'art. 2399 del codice civile-e cioè dal novero delle cause di decadenza dall'ufficio di sindaco - l'ipotesi della sospensione cautelare dal ruolo dei revisori dei conti. Le conseguenze di una tale eventuale pronuncia caducatoria potranno essere tratte dall'interprete nel quadro della disciplina generale dettata dal codice sui collegi sindacali; ma anche ove dovesse ritenersi necessario od opportuno l'intervento del legislatore, ciò non può di per sé incidere sull'ammissibilità della questione.
3. - Nel merito la questione non é fondata.
Il T.A.R. remittente ha motivato il dubbio di costituzionalità argomentando sia sotto il profilo del principio di eguaglianza, che sarebbe vulnerato per il fatto che due posizioni oggettivamente diverse - il revisore dei conti cancellato dal ruolo ed il revisore dei conti sospeso (anche in via cautelativa) dal ruolo - sono disciplinate in modo identico, nel senso che ambedue danno luogo alla decadenza dall'ufficio di sindaco revisore, sia sotto il profilo della ragionevolezza, poiché nel caso di sospensione in via cautelativa le esigenze di funzionamento del collegio dei sindaci revisori e di onorabilità di tutti i suoi membri potrebbero ugualmente essere assicurate-secondo quanto disponeva l'art. 6, quarto comma, del regio decreto n. 228 del 1938-da una sospensione temporanea dall'ufficio con conseguente temporanea sostituzione mediante il sindaco revisore supplente, come del resto prevede l'art. 2401 del codice civile.
Questa Corte ritiene che siffatte argomentazioni non possano essere condivise.
Invero, tenute presenti le funzioni, le finalità e le caratteristiche del collegio sindacale, cui spettano, ai sensi dell'art. 2403 del codice civile, compiti di vigilanza continua sulla gestione della società, e funzioni, quali quelle ispettive, che i sindaci possono esercitare anche individualmente, il legislatore ha privilegiato l'esigenza di piena e permanente funzionalità dell'organo di controllo ed ha considerato che, quando il sindaco é scelto nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti o in un albo professionale determinato dalla legge, la semplice sospensione temporanea (sia essa sanzionatoria o cautelare) rende impossibile la permanenza nell'ufficio del sospeso in quanto fa venir meno un requisito essenziale all'esercizio della funzione.
La previsione della decadenza in entrambe dette ipotesi risponde quindi all'esigenza di ricostituire al più presto il collegio sindacale nella sua integrità, e non appare né irragionevole né incoerente col sistema del codice civile relativo a detto organo.
Ciò posto, é di tutta evidenza che anche la prospettazione di una possibile violazione del principio di eguaglianza risulta inconsistente: alla luce delle esigenze e delle finalità suesposte non é configurabile una diversità di situazioni fra la sospensione sanzionatoria e la sospensione cautelare, e d'altro canto, una volta riconosciuta non illegittima la previsione della decadenza dall'ufficio come conseguenza della sospensione dal ruolo o dall'albo, non esiste altro effetto più grave che possa prevedersi per la più grave ipotesi della cancellazione dal ruolo dei revisori dei conti o dall'albo professionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2399 secondo comma del codice civile, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dal T.A.R. del Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/07/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 13/07/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Mauro FERRI, REDATTORE