ORDINANZA N.378
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo e secondo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), promosso con ordinanza emessa il 28 settembre 1988 dal Pretore di Montebelluna nel procedimento civile vertente tra la S.p.A. Stefania e il Consiglio di fabbrica della S.p.A Stefania ed altri, iscritta al n. 23 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto che il Pretore di Montebelluna, con ordinanza del 28 settembre 1988 (R.O. n. 23 del 1989) emessa nel procedimento civile tra la S.p.a. Stefania e il consiglio di fabbrica della stessa Società ed altri, avente ad oggetto l'autorizzazione, per alcune donne lavoratrici, peraltro consenzienti, all'espletamento del lavoro notturno, in deroga al primo comma dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) del primo comma del detto art. 5 in quanto, prevedendo il divieto, nelle sole aziende manifatturiere, di adibire le donne al lavoro notturno, violerebbe l'art. 37, primo comma, della Costituzione poiché, irrazionalmente, discrimina, per sole ragioni di sesso, le lavoratrici rispetto ai lavoratori; b) del secondo comma dello stesso articolo in quanto, prevedendo che il suddetto divieto possa essere rimosso attraverso la contrattazione collettiva, anche aziendale, violerebbe l'art. 39 della Costituzione perché consente che tale contratto abbia efficacia anche nei confronti delle lavoratrici non iscritte al sindacato;
che l'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, per l'infondatezza della questione.
Considerato che il primo comma della norma censurata prevede il divieto della prestazione, da parte delle donne, del lavoro notturno, ma che esso e derogabile con contrattazione collettiva, anche aziendale;
che, quindi, non sussiste la dedotta violazione dell'art. 37 della Costituzione perché questo consente di prendere in considerazione la particolare e peculiare condizione della donna e la posizione che essa ha in seno alla famiglia, così come questa Corte ha più volte affermato (sentenza n. 498 del 1988; ordinanza n. 703 del 1988);
che, del resto, la questione ora sollevata é stata già dichiarata infondata da questa Corte (sentenza n. 246 del 1987);
che per quanto riguarda l'altro profilo della questione (secondo comma, art. 5 citato), si osserva che, come risulta dall'ordinanza di remissione, nella specie non e stato concluso alcun contratto aziendale avendo il consiglio di fabbrica, a seguito della richiesta di deroga avanzata dalla Società datrice di lavoro, assunto solo un comportamento dilatorio;
che, quindi, la sollevata questione non ha alcuna rilevanza essendo altro il thema decidendum (obbligo a contrarre del consiglio di fabbrica ed intervento del Pretore del lavoro);
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
a) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro);
b) manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dello stesso articolo, in riferimento, rispettivamente, agli artt. 37 e 39 della Costituzione, sollevate dal Pretore di Montebelluna con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/07/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 06/07/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE