ORDINANZA N.377
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 85 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello Stato), 247 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), nel testo sostituito con legge 27 giugno 1942, n. 851, e 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 luglio 1987 dal T.A.R. della Lombardia -Sezione staccata di Brescia - sul ricorso promosso da Albertini Simone contro il Ministero della pubblica istruzione, iscritto al n. 76 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1988;
2) ordinanza emessa il 18 dicembre 1987 dal T.A.R. - Sezione staccata di Brescia - sul ricorso proposto da Patti Giovan Vito contro il Provveditorato agli Studi di Brescia e il Ministero della pubblica istruzione, iscritta al n. 398 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1988;
3) ordinanza emessa il 13 novembre 1987 dal T.A.R. della Lombardia - Sezione staccata di Brescia - sul ricorso proposto da Pini Primo contro il Comune di Pieve D'Olmi, iscritta al n. 399 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Visto l'atto di costituzione di Albertini Simone nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 aprile 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto che il T.A.R. per la Lombardia - sezione staccata di Brescia -, nel procedimento instaurato da Albertini Simone contro il Ministero della pubblica istruzione per l'impugnazione della destituzione di diritto inflittagli a seguito di condanna a pena detentiva per il reato di estorsione, con ordinanza del 10 luglio 1987 -pervenuta alla Corte costituzionale il 26 febbraio del 1988 - (R.O. n. 76 del 1988), ha sollevato:
a) questione di legittimità costituzionale dell'art. 85 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nella parte in cui prevede la destituzione di diritto dell'impiegato condannato per determinati delitti con sentenza passata in giudicato, con esclusione del procedimento disciplinare, e, quindi, con preclusione, in danno della pubblica amministrazione, dell'esercizio dei poteri disciplinari e della relativa autonoma valutazione dei fatti;
b) questione di legittimità costituzionale dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui non prevede che la Corte, quando ritenga fondata una questione, non possa, prima di dichiarare l’illegittimità costituzionale di una norma, assegnare un termine per il riesame da parte del legislatore facendo poi seguire alla sua inerzia la detta declaratoria di illegittimità costituzionale;
che, a parere del giudice rimettente, risulterebbero violati gli artt. 3, 4, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione, in quanto sussisterebbe una palese disparità di trattamento tra impiegati pubblici e impiegati privati;
sarebbero lesi il diritto del cittadino al lavoro, il suo diritto di difesa nei confronti di atti della pubblica amministrazione, e l'esigenza di imparzialità della stessa pubblica amministrazione;
che nel giudizio si é costituita la parte privata la quale ha svolto deduzioni analoghe a quelle del giudice rimettente;
che l'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l’inammissibilità delle questioni;
che lo stesso T.A.R., con ordinanza del 18 dicembre 1987, pervenuta alla Corte l'8 luglio del 1988 (R.O. n. 398 del 1988), nel procedimento tra Patti Giovan Vito, il Provveditorato agli Studi di Brescia e il Ministero della pubblica istruzione, ha sollevato identica questione;
che lo stesso T.A.R., con ordinanza del 13 novembre 1987, pervenuta alla Corte l'8 luglio 1988 (R.O. n. 399 del 1988), nel procedimento tra Pini Primo e il Comune di Pieve d'Olmi, ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale relativamente all'art. 247, terzo comma, del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, con riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 97 della Costituzione;
che l'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta nei due giudizi ha preso conclusioni identiche a quelle sopra riferite.
Considerato che i tre giudizi, siccome prospettano questioni sostanzialmente identiche, devono essere riuniti e decisi con un unico provvedimento;
che questa Corte, con sentenza n. 971 del 1988, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 85, lett. a), del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e 247 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383-nel testo sostituito con legge 27 giugno 1942, n. 851 -nella parte in cui non prevedono, in luogo del provvedimento di destituzione di diritto, l'apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare;
che, a seguito e per effetto della ricordata sentenza, le norme impugnate sono state espunte dall'ordinamento;
che, quindi, la questione sollevata e da dichiararsi manifestamente inammissibile;
che, a seguito e per effetto dell’intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale, la questione sub b) deve ritenersi priva di rilevanza nel giudizio a quo e, pertanto, a sua volta, manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara manifestamente inammissibili:
a) le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 85 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello Stato), e 247 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), nel testo sostituito con legge 27 giugno 1942, n. 851, in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione, sollevata dal T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - con le ordinanze in epigrafe, perché già dichiarati costituzionalmente illegittimi con la sentenza n. 971 del 1988;
b) le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in riferimento agli artt. 3, 4, 35, 97 e 113 della Costituzione, sollevate dallo stesso T.A.R. per la Lombardia con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/07/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 06/07/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE