Ordinanza n. 361 del 1989

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ORDINANZA N.361

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 113, secondo comma (come modificato dall'art. 3 della legge 30 luglio 1984, n. 399: Aumento dei limiti di competenza del conciliatore e del pretore), 44 e 45 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 14 marzo 1988 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Marzo Enzo e Granella Licia ed altra, iscritta al n. 419 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il Pretore di Torino, in sede di riassunzione della causa sulla quale il giudice conciliatore, precedentemente adito, aveva pronunziato sentenza dichiarativa della propria incompetenza per valore, ha sollevato, con ordinanza in data 14 marzo 1988, questione di legittimità costituzionale degli artt. 103, secondo comma, (recte: art. 113, secondo comma) - nel testo modificato dall'art. 3 della legge 30 luglio 1984, n. 399 (Aumento dei limiti di competenza del conciliatore e del pretore) -44 e 45 del codice di procedura civile, nella parte in cui tali norme, consentendo al giudice conciliatore di decidere, secondo equità e in base ai principi ispiratori della materia, anche su questione di competenza per valore, impediscono al giudice superiore, che deve decidere secondo diritto e a cui la causa e stata rimessa dopo la sentenza di incompetenza, di richiedere di ufficio il regolamento di competenza;

che, ad avviso del giudice a quo, risulterebbe violato l'art. 25, primo comma, della Costituzione, in quanto le norme censurate renderebbero possibile la sottrazione al giudice naturale (chiamato a decidere equitativamente e con pronunzia inappellabile) della cognizione su determinati diritti e l'affidamento della medesima ad altro giudice (sfornito di tali poteri equitativi e non abilitato a pronunziare inappellabilmente).

Considerato che appare erroneo il presupposto dell'esposta questione, consistente nel duplice assunto per cui il conciliatore può decidere secondo equità, e non secondo stretto diritto, anche su questioni di competenza e per cui la censurata preclusione al regolamento di ufficio derivi dal carattere equitativo della pronunzia di detto giudice in subiecta materia;

che, invero, la possibilità di una decisione equitativa da parte di quest'ultimo e da ritenere riferita alla sola questione sostanziale, mentre rimangono ferme, anche per il giudizio davanti al conciliatore, le norme di procedimento dettate dal codice di rito, ivi compresa quella determinativa di un limite di valore alla sua competenza;

che, pertanto, escluso che la menzionata preclusione discenda dalla peculiarità insita nella potestas iudicandi del conciliatore, se ne deve dedurre che essa, nel caso di specie, come in ogni altro caso di ripartizione della competenza per valore, risponde ad una scelta organizzativa del legislatore, il quale, in ossequio a ragionevoli criteri di economia processuale, ha ritenuto di limitare la possibilità di conflitto di competenza ai soli casi in cui il contrasto concerna la competenza per materia o quella territoriale inderogabile, senza che ciò implichi violazione del principio del < giudice naturale > in quanto la preclusione al riesame di ufficio da parte del giudice della riassunzione consegue pur sempre ad un giudizio sulla competenza reso dal primo giudice in applicazione, secondo quanto sopra osservato, di specifiche regole di diritto e suscettibile di impugnazione per l'eventuale violazione delle medesime;

che, conseguentemente, detta scelta appare incensurabile, con l'ulteriore conseguenza della manifesta inammissibilità della proposta questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 113, secondo comma (nel testo modificato dall'art. 3 della legge 30 luglio 1984, n. 399: Aumento dei limiti di competenza del conciliatore e del pretore), 44 e 45 del codice di procedura civile, in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione, sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 27/06/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE