ORDINANZA N.226
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 59 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), richiamato dall'art. 169 dello stesso regio decreto e dell'art. 55, comma primo, richiamato dall'art. 169 dello stesso regio decreto, nonchè dell'art. 54, comma terzo, dello stesso regio decreto, promosso con ordinanza emessa il 22 ottobre 1987 dal Pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra Belloni Leonardo e la S.p.a. Spinelli, iscritta al n. 48 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8/1a serie speciale dell'anno 1989.
Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.
Ritenuto che nel giudizio promosso da Belloni Luca e Belloni Leonardo, già agenti della S.p.a. Spinelli in concordato preventivo, per conseguire, nei confronti della predetta, il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi maturati dopo l'apertura della procedura concorsuale, ai sensi della sent. n. 300 del 1986 della Corte costituzionale, il Pretore di Firenze, con ordinanza emessa il 22 ottobre 1987, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 59 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare), richiamato dal successivo art. 169, nonchè 55, comma primo, come sopra richiamato, e 54, comma terzo, dello stesso regio decreto;
che, ad avviso del giudice a quo, la parificazione dei crediti derivanti dal rapporto di agenzia ai crediti retributivi, desumibile dagli artt. 2751-bis c.c. e 429 c.p.c., trova giustificazione nel carattere prevalentemente personale del lavoro prestato dall'agente, che consente una parziale assimilazione di tale tipologia lavorativa a quella subordinata, e la non riconducibilità dei redditi da essa derivanti a quelli d'impresa, sicchè appare dubbia la legittimità costituzionale:
a) dell'art. 59 del regio decreto n. 267 del 1942, richiamato dal successivo art. 169, nella parte in cui esclude la rivalutazione dei crediti derivanti da rapporti aventi per oggetto la prestazione di opera continuativa e coordinata prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato, per il periodo successivo alla domanda di concordato preventivo;
b) degli artt. 55, comma primo, come sopra richiamato, e 54, comma terzo, stesso regio decreto, nella parte in cui non estendono il privilegio agli interessi dovuti sui crediti privilegiati degli agenti nella procedura di concordato preventivo, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in relazione alla disciplina dei crediti da lavoro subordinato risultante dalla sentenza n. 300 del 1986 della Corte costituzionale;
che non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato che, in relazione alla questione sub a), incongruo appare il richiamo alla sentenza n. 300 del 1986, poichè la detta sentenza ha riconosciuto la rivalutazione, dopo la data di presentazione della domanda di concordato, esclusivamente per i crediti dei lavoratori dipendenti, tanto e vero che si e riferita, nell'indicare i parametri costituzionali, congiuntamente agli artt. 3 e 36 della Costituzione, precetto quest'ultimo non invocabile per la categoria di lavoratori di cui si tratta, rientranti pur sempre fra i lavoratori autonomi, e addirittura suscettivo di ricevere offesa dalla auspicata equiparazione dei lavoratori autonomi a quelli subordinati in relazione al potenziale conflitto tra le dette categorie nell'ambito del pro cedimento concorsuale;
che, quanto alla questione sub b), valgono osservazioni sostanzialmente analoghe, in quanto l'estensione della prelazione agli interessi e stata sancita da questa Corte, con la richiamata sentenza n. 300 del 1986, ad integrazione della peculiare tutela dei crediti di lavoro subordinato, che trova il suo fondamento nell'art. 36 della Costituzione (cfr. anche la sentenza n. 204 del 1989);
che, pertanto, entrambe le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma secondo, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 59 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 42 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), richiamato dal successivo art. 169, e degli artt. 55, comma primo, come sopra richiamato, e 54, comma terzo, dello stesso regio decreto n. 42 del 1942, sollevate con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/04/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 20/04/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Aldo CORASANITI, REDATTORE