ORDINANZA N.221
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315 (Miglioramenti al trattamento di quiescenza della Cassa per le pensioni ai sanitari e modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), in riferimento all'art. 9, ultimo comma, del d.P.R. 8 agosto 1986, n. 538 (Modalità di liquidazione dei trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza. Semplificazione di procedure in materia di pagamento degli stipendi ai dipendenti dello Stato) promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1987 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Paparo Saverio contro il Ministero del Tesoro ed altri, iscritta al n. 711 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 1989 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino.
Ritenuto che con ordinanza emessa in data 11 dicembre 1987 sul ricorso di Saverio Paparo (ex dipendente regionale, cessato dal servizio anteriormente al 30 giugno 1987) avverso il provvedimento della Direzione generale degli istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro con cui era stato disposto il recupero (ex art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315) di quote di pensione già erogategli per errore, la Corte dei conti ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità sia del predetto art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315, < nella parte in cui non prevede l'irripetibilità dei maggiori assegni alla stregua di quanto dispone per gli impiegati statali l'art. 206 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092>, sia dell'art. 9, ultimo comma, del d.P.R. 8 agosto 1986, n. 538 < in quanto non prevede la applicazione retroattiva dell'estensione (come da esso operato) del detto principio di irripetibilità agli iscritti agli Istituti di previdenza>;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
Considerato che questa Corte ha più volte affermato che < la situazione dei pensionati degli Istituti di previdenza non é identica a quella dei pensionati statali per la differenza che sussiste tra i vari regimi pensionistici, mentre é solo espressione di una linea di tendenza la loro parificazione> (da ultimo, ordinanze n. 840 e n. 834 del 1988);
che, conseguentemente, attesa la disomogeneità dei termini posti a confronto manifestamente infondata va dichiarata la questione relativa all'art. 26 della legge n. 315 del 1967, in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
che del pari manifestamente infondata e la questione relativa all'art. 9, ultimo comma, del d.P.R. n. 538 del 1986 tendente ad ottenere l'applicabilità, anche per il passato, del riconosciuto principio circa l'irripetibilità delle riscosse rate di pensione (come disposto dall'art. 8 delle stesso d.P.R., che richiama il citato art. 206 del d.P.R. n. 1092 del 1973);
che, infatti, si é altre volte osservato che < é espressione della discrezionalità legislativa il progressivo miglioramento dei trattamenti previdenziali, da attuare con gradualità di passaggi>, di modo che < la fissazione di un momento temporale di decorrenza é inevitabile> (ordinanza n. 671 del 1988).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale rispettivamente dell'art. 26 legge 3 maggio 1967, n. 315 (Miglioramenti al trattamento di quiescenza della Cassa per le pensioni ai sanitari e modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro) e dell'art. 9, ultimo comma, del d.P.R. 8 agosto 1986, n. 538 (Modalità di liquidazione dei trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza. Semplificazione di procedure in materia di pagamento degli stipendi ai dipendenti dello Stato) sollevate entrambe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/04/89.
Depositata in cancelleria il 20/04/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE