ORDINANZA N.152
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 254 testo unico della legge comunale e provinciale approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale) promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1988 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento civile vertente tra il Comune di Cesenatico e Grassi Giorgio ed altro, iscritta al n. 568 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto la responsabilità di un dipendente comunale per il danno causato all'ente dall'omessa iscrizione a ruolo di alcune partite inerenti all'imposta di famiglia per gli anni 1971 e 1972, la Corte di appello di Bologna, con ordinanza in data 27 marzo 1988 (r.o. n. 568 del 1988), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 254 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale) in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
che la norma impugnata viene censurata nella parte in cui non consente che anche gli impiegati degli enti locali siano soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti, ove risultino coautori degli stessi eventi dannosi espressamente previsti per gli amministratori;
che tale impedimento si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione per l'ingiustificata disparità di trattamento che, per un medesimo fatto illecito, si verrebbe a creare tra amministratori e dipendenti di uno stesso ente locale, attesa la diversità non puramente procedurale dei regimi di accertamento delle relative responsabilità (grado di colpa, termini prescrizionali, iniziativa dell'azione);
che non si sono costituite le parti né ha spiegato intervento l'Avvocatura Generale dello Stato.
Considerato che la questione sollevata non tende ad una dichiarazione di illegittimità costituzionale in assoluto della norma denunciata, bensì ad una pronunzia additiva che consenta di attrarre nella cognizione della Corte dei conti comportamenti di soggetti diversi dagli amministratori a titolo di concorso nella fattispecie contemplata dall'art. 254 del citato testo unico;
che, come questa Corte ha già affermato (sent. n. 411 del 1988), in relazione ad analoghe questioni, una pronuncia del genere e preclusa in sede di giudizio di costituzionalità, perché la norma impugnata configura un'ipotesi riferibile esclusivamente agli amministratori e quindi il suo ampliamento a soggetti diversi determinerebbe un inammissibile intervento nella sfera riservata al legislatore, cui soltanto spetta di stabilire quali comportamenti possano costituire titolo di responsabilità anche in relazione al grado di colpa richiesta;
che non avendo il giudice a quo dedotto profili di illegittimità nuovi o diversi, tali da indurre ad una modifica della ricordata giurisprudenza, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 254, regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte di appello di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/03/89.
Depositata in cancelleria il 21/03/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE