ORDINANZA N.129
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma primo, della legge 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, concernente disposizioni per la prevenzione e la repressione di frodi nel settore degli olii minerali), promosso con ordinanza emessa il 4 ottobre 1988 dal Pretore di Cividale del Friuli, nel procedimento penale a carico di Zancan Oreste, iscritta al n. 752 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice relatore Ettore Gallo;
Ritenuto che il pretore di Cividale del Friuli, con ordinanza emessa il 4 ottobre 1988, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474, in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
che, in ordine alla norma impugnata il pretore accoglie l'orientamento giurisprudenziale prevalente circa la natura permanente del reato di omessa denunzia di deposito di oli minerali e in conseguenza circa la commisurazione della pena relativa con riferimento a tutti i prodotti immessi nel deposito abusivo e non soltanto a quelli rinvenuti al momento dell'accertamento (confronta la sentenza n. 887 del 1988 di questa Corte);
che il pretore medesimo, così interpretata la norma, ne lamenta la violazione del principio d'eguaglianza poiché, <comunque, la determinazione della pena sarebbe casualmente collegata alla possibilità di ricostruire anche attraverso riscontri contabili, il movimento di olii combustibili effettuato, con il perverso effetto che proprio la violazione "sostanziale" della norma, ovvero la clandestina movimentazione di olii effettuata al fine di frodare la riscossione delle imposte, dovrebbe essere, irrazionalmente, punita con la pena minima prevista, mentre la mera omissione formale della denuncia senza l'occultamento dei movimenti di olii minerali, comporterebbe l’irrogazione di una sanzione ben più severa>.
Considerato che una simile disparità di trattamento non discende dalla norma denunziata ma da un eventuale imperfetto accertamento dei fatti, talché appunto non si prospetta una questione di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte Costituzionale, dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, concernente disposizioni per la prevenzione e la repressione di frodi nel settore degli olii minerali), promossa dal pretore di Cividale del Friuli, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all’art . 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/03/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 16/03/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Ettore GALLO, REDATTORE