SENTENZA N.1065
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Provincia Autonoma di Bolzano notificato il 25 febbraio 1988, depositato in Cancelleria il 4 marzo 1988 ed iscritto al n. 5 del registro ricorsi 1988 per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei provvedimenti di cui ai telegrammi del Ministero della Difesa d.d. 31 dicembre 1987 e 16 gennaio 1988, con i quali lo stesso ha rifiutato di sottoporre all'esame del Comitato misto paritetico ex art. 3 l. 24 dicembre 1976, n. 898 (<Nuova regolamentazione delle servitù militari>) il progetto per la costruzione della nuova caserma di Velturno.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
uditi l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Bolzano e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1.-La Provincia autonoma di Bolzano solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato sostenendo che anche le progettazioni relative alla costruzione delle caserme dei Carabinieri debbano essere preventivamente esaminate dal Comitato misto paritetico previsto dall'art. 3 della legge 21 dicembre 1976, n. 898.
Il conflitto trae origine dal rifiuto del Ministero della difesa di sottoporre all'esame del Comitato il progetto per la costruzione della caserma dei Carabinieri di Velturno, nell'assunto che l'installazione delle caserme non comporti imposizione di servitù militari.
2.-Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale -pur convenendo con la Provincia autonoma secondo cui ricorre invasione di competenza <anche quando l'ordinamento richiede la collaborazione di una pluralità di enti e, per contro, uno di essi provveda autonomamente senza tener conto della potestà altrui> (sentt. n. 206 e n. 286 del 1985) - sostiene che nella specie difetterebbe il presupposto del conflitto. Difatti, ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, questa Corte, con la sentenza n. 216 del 1985, avrebbe già escluso che in materia di costruzione di infrastrutture militari (fra le quali rientrano le caserme dei Carabinieri) debba farsi ricorso ad ogni forma di <collaborazione> fra Stato e regioni o Province autonome.
In proposito è opportuno precisare che le considerazioni svolte dalla difesa dell'interveniente sembrerebbero piuttosto attenere, come si vedrà in prosieguo, al merito del conflitto, perché lo stabilire se nella specie sia applicabile la modalità collaborativa costituita dall'esame del Comitato paritetico, riguarda proprio la soluzione del thema decidendum proposto dalla Provincia.
Comunque, la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato muove da una premessa che non trova riscontro nel contenuto della richiamata sentenza n.216 del 1985. Questa, difatti, nel disattendere l'assunto della Provincia autonoma di Bolzano - la quale in occasione di tale giudizio aveva sostenuto che anche per le sedi di servizio dei Carabinieri occorresse la preventiva <intesa> fra Stato e regioni, prevista dall'art. 81, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, ai fini dell'accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche - aveva escluso che in tale materia fosse necessaria la < preventiva intesa>, limitandosi ad affermare che tali sedi, in quanto beni strumentali di un Corpo militare, <rientrano nell'eccezione contenuta nella stessa disposizione> con riguardo alle opere di difesa nazionale, senza affrontare il profilo, che costituisce appunto il thema decidendum del presente conflitto, circa l'assoggettibilità o meno di questo tipo di opere ad altre formalità collaborative come nella specie quella del parere previsto dall'art. 3 della legge n. 898 del 1976.
3. - Nel merito il ricorso è fondato.
Secondo l'art. 3 della legge 21 dicembre 1976 n. 898, in ciascuna regione (ed in ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano) e costituito un comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l'esame, anche con proposte alternative della regione (o delle province autonome) e dell'autorità militare, dei problemi connessi alla armonizzazione tra i piani di assetto territoriale della regione ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni.
In tale ordine di idee l'art. 2 del d.P.R. 17 dicembre 1979 n. 780 (recante il regolamento di esecuzione della citata legge n. 898 del 1976) ribadisce che debbano essere <sottoposte all'esame del Comitato i piani di assetto territoriale della regione e i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni>.
La formulazione delle norme non consente di condividere la tesi, sostenuta in un primo momento dal Ministero della difesa nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano ed in questa sede ribadita dall'Avvocatura generale dello Stato nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo cui la consultazione del Comitato sarebbe prevista solo per le installazioni che comportino l'imposizione di servitù militari in senso proprio.
Anche se la legge n. 898 del 1976 ed il d.P.R. n. 780 del 1979 si riferiscono nel loro titolo alla regolamentazione delle servitù militari, le disposizioni particolari di tali testi normativi invocati dalla Provincia ricorrente, nel prevedere la consultazione del Comitato paritetico, non la circoscrivono solo alle ipotesi di imposizione di servitù in senso stretto, ma la estendono ad ogni tipo di <installazioni militari e delle conseguenti limitazioni>, e quindi la formula adoperata ha un significato così ampio da non consentire l'interpretazione limitativa sostenuta dall'amministrazione statale.
Né d'altronde le esigenze proprie della difesa militare vengono in tal modo ad essere vanificate, perché la legge invocata ed il relativo regolamento di attuazione prevedono un procedimento tale da evitare che la richiesta di sottoposizione dei progetti delle opere militari al Comitato in parola, possa risolversi in uno strumento dilatorio.
E' difatti espressamente previsto (art. 3, comma 11, della legge n. 898 del 1976) che le definitive decisioni sui programmi di installazioni militari e relative limitazioni sono riservate al Ministero della difesa, mentre la Regione (o la Provincia) interessata può richiedere al Presidente del Consiglio, entro quindici giorni dalla pubblicazione o comunicazione della decisione ministeriale, che la questione sia sottoposta al riesame da parte del Consiglio dei Ministri.
Si è quindi in presenza di modalità procedimentali che, da un canto, assicurano una ponderata valutazione delle reciproche esigenze dello Stato e delle regioni (e delle provincie autonome) in un quadro ampiamente collaborativo e, d'altro canto, assicurano allo Stato di soddisfare ugualmente - nel caso in cui non venga risolto il contrasto in un tempo ragionevole, da valutarsi di volta in volta, in armonia con il principio del buon andamento, dall'organo cui spetta la presidenza del Comitato - le esigenze proprie della difesa nazionale e dell'attività dei Corpi militari.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta allo Stato, nel caso in cui la Provincia di Bolzano ne faccia richiesta, di definire l'installazione delle sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri senza la previa consultazione del Comitato misto paritetico previsto dall'art. 3 l. 24 dicembre 1976 n. 898.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/11/88.
Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO
Depositata in cancelleria il 06/12/88.