Sentenza n. 1009 del 1988

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SENTENZA N.1009

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 120, primo comma, lett. a, della legge 2 febbraio 1973, n. 12 <Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti di cambio e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio> promosso con ordinanza emessa il 29 febbraio 1988 dal Pretore di Ferrara nel procedimento civile vertente tra HANAU Edera e l'ENASARCO, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18/1a ss dell'anno 1988;

Visto l'atto di costituzione di HANAU Edera, udito nell'udienza pubblica dell'll ottobre 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

 

Considerato in diritto

 

1. - Analogamente all'art. 24 della legge di riforma degli ordinamenti pensionistici 30 aprile 1969 n. 153, dichiarato parzialmente illegittimo dalla sentenza n. 286 del 1987, la norma denunciata dal Pretore di Ferrara (art. 20, primo comma, lett. a della legge 2 febbraio 1973, n. 12), concernente i trattamenti pensionistici corrisposti dall'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO), nega il diritto alla pensione di riversibilità al coniuge superstite nei confronti del quale <sia stata pronunciata sentenza di separazione legale per colpa dello stesso>. A questo caso va equiparato, secondo un criterio enunciato dal codice civile - ed esplicitamente applicato dall'art. 23, quarto comma, della legge n. 1357 del 1962 sul riordinamento dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei veterinari, esso pure caducato in parte qua dalla sentenza citata -il caso di separazione pronunziata per colpa di (o addebitata a) entrambi i coniugi.

2. - La questione é fondata.

Nella norma impugnata il giudice remittente ravvisa in primo luogo una violazione del principio di eguaglianza, in ragione del diverso trattamento riservato al coniuge divorziato dall'art. 9 della legge n. 898 del 1970, novellato dalla legge n. 74 del 1987.

L'argomento non può essere svalutato obiettando che <sotto nessun angolo visuale può affermarsi identica" la posizione del coniuge, anche se separato, rispetto a quella del divorziato, perché nell'un caso esiste tra le parti un rapporto di coniugio e nell'altro tale vincolo non esiste>. Il principio di cui all'art. 3 Cost. é violato non solo quando i trattamenti messi a confronto sono formalmente contraddittori in ragione dell'identità delle fattispecie, ma anche quando la differenza di trattamento e irrazionale secondo le regole del discorso pratico, in quanto le rispettive fattispecie, pur diverse, sono ragionevolmente analoghe.

La sentenza di divorzio non elimina interamente la vis matrimonii, la quale permane sul piano dei rapporti patrimoniali nei limiti dell'ultrattività del rapporto regolata dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970 e, per il periodo successivo alla morte del coniuge tenuto a corrispondere all'altro l'assegno divorzile, dagli artt. 9 e 9 bis. Inversamente, la sentenza di separazione personale conserva il vincolo coniugale, ma nei confronti del coniuge separato con addebito ne attenua l'efficacia sul piano dei rapporti patrimoniali riducendola al solo diritto agli alimenti in caso di bisogno.

Pertanto, tra la posizione del coniuge divorziato, <che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5>, e la posizione del coniuge separato con addebito, che sia titolare dell'assegno alimentare di cui all'art. 156, terzo comma, cod. civ., si può ragionevolmente riconoscere una analogia, la quale comporta che pure al secondo, come al primo, debba essere attribuito il diritto alla pensione di riversibilità.

3. - Inoltre, dopo la riforma dell'istituto della separazione personale dei coniugi, attuata dalla legge n. 151 del 1975, la norma impugnata é venuta a trovarsi in contrasto con l'art. 38 Cost. Questo articolo deve essere interpretato in correlazione con l'art. 36, onde la tutela previdenziale, garantita al lavoratore dal secondo comma, deve intendersi riferita anche ai familiari da lui economicamente dipendenti.

Nel regime anteriore alla novella del 1975 la funzione sanzionatoria della separazione personale privava il rapporto di matrimonio, nei confronti del coniuge colpevole, dell'efficacia di titolo di acquisto sia di diritti mortis causa sul patrimonio dell'altro coniuge, sia di diritti verso terzi condizionati alla sua morte, come il diritto alla pensione di riversibilità.

Cessata la rilevanza della colpa quale fondamento della separazione, la dichiarazione di addebito non può avere una funzione sanzionatoria a tutela di un pubblico interesse, ma soltanto una funzione di tutela dell'interesse privato dell'altro coniuge, in particolare dell'interesse all'espulsione del coniuge colpevole del novero degli eredi legittimi.

In questa mutata prospettiva non é più giustificabile il diniego al coniuge, cui é stata addebitata la separazione, di una tutela che gli assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto era tenuto a fornirgli.

Lo stesso legislatore del 1975 haprovveduto a correggere il rigore punitivo della disciplina precedente nel campo del diritto successorio, riconoscendo al rapporto di matrimonio, qualora il coniuge superstite fosse separato con addebito e godesse degli alimenti a carico del de cuius, la limitata rilevanza di titolo di acquisto del diritto a un assegno vitalizio a carico dell'eredità (art. 548 cod. civ., richiamato dall'art. 585). Per la medesima ragione, qualora il godimento degli alimenti fosse una forma di fruizione indiretta di una pensione di cui era titolare il de cuius, il rapporto familiare derivante dal matrimonio deve essere riconosciuto, anche in favore del coniuge separato per colpa (o con addebito), titolo del diritto al trattamento di riversibilità, in conformità dell'esigenza di tutela previdenziale del lavoratore e dei suoi familiari sancita dall'art. 38 Cost.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20, primo comma, lett. a) della legge 2 febbraio 1973 n. 12 (<Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio>), nella parte in cui esclude dal diritto a pensione di riversibilità il coniuge superstite quando <sia stata pronunciata sentenza di separazione legale per colpa dello stesso>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/88.

 

Francesco SAJA - Luigi MENGONI

 

Depositata in cancelleria il 03/11/88.