SENTENZA N.978
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 11 l. 25 gennaio 1982 n. 17 (Norme di attuazione dell'art. 18 Cost. in materia di associazioni segrete e scioglimento dell'associazione denominata Loggia P2), promosso con ordinanza emessa il 14 marzo 1985 dal Tribunale amministrativo del Lazio sul ricorso proposto da Carbone Eugenio contro il Ministero dell'industria, commercio e artigianato, in persona del Ministro pro tempore, nonché contro il Ministero del tesoro, in persona del Ministro pro tempore, ordinanza iscritta al n. 797 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, 1° serie spec., del 1987.
Visti l'atto di costituzione di Carbone Eugenio, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso;
uditi gli avv. Massimo Severo Giannini e Walter Prosperetti per Carbone Eugenio e l'Avv. dello Stato Antonio Tallarida per il presidente del Consiglio dei Ministri.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio sottopone al vaglio di questa Corte l'art. 4 comma 11 l. 25 gennaio 1982 n. 17, nella parte in cui "per l'accertamento della appartenenza alle società segrete, ai sensi dell'art. 1 stessa legge, dei soggetti indicati nel predetto comma 11 ai fini della revocabilità degli incarichi conferiti" non contiene una corrispondente previsione delle garanzie procedimentali previste negli appositi commi dello stesso art. 4 per i dipendenti pubblici, civili e militari". Mentre ai "dipendenti pubblici, civili e militari" tali commi assicurano "una particolare tutela mediante la previsione di una speciale commissione avente sede presso la Presidenza del Consiglio…alla quale vengono attribuiti poteri di accertamento in ordine alla effettiva appartenenza del dipendente sospettato della partecipazione alle associazioni di cui all'art. 1 stessa legge, e decisionali sul proscioglimento ovvero sulla sanzione da irrogare al medesimo", "nei confronti dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici, compresi quelli che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica, degli enti e delle società concessionari di pubblici servizi, nonché delle società per azioni di interesse nazionale", l'undicesimo comma "si limita a disporre la revoca da parte degli organi competenti alla nomina ove dei medesimi risulti accertata l'appartenenza ad associazioni segrete ai sensi dell'art. 1 della stessa legge", senza che abbia ad intervenire la speciale commissione avente sede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Chiamato a decidere di un ricorso proposto contro un decreto ministeriale che, in applicazione, fra l'altro, dell'art. 4 comma 11 l. n. 17 del 1982, aveva revocato al ricorrente l'incarico di commissario nell'amministrazione straordinaria di alcune imprese in crisi, basandosi su un duplice ordine di ragioni (l'appartenenza, considerata attendibile, del ricorrente alla "Loggia P2" e la ritenuta inadeguatezza dell'attività da lui svolta nell'espletamento dell'incarico conferitogli), il giudice a quo esprime l'avviso che la norma richiamata da decreto dia luogo ad una ingiustificata diversificazione di "disciplina procedimentale" e, quindi, di "tutela garantistica" tra "categorie di soggetti passivi di fattispecie di responsabilità sanzionate a livello normativo", così da porsi in contrasto con l'art. 3 Cost.
2. - Nell'atto di intervento per il Presidente del Consiglio dei Ministri l'Avvocatura dello Stato contesta "preliminarmente" la rilevanza, "almeno allo stato", della sollevata questione: poiché il provvedimento di revoca "poggiava su due autonome e distinte ragioni", ciascuna di per sé "sufficiente" a legittimarlo, il mancato esame della sua "contestata legittimità" sotto il profilo dell'"inadeguatezza dimostrata dal ricorrente nell'esercizio dei poteri conferitigli" renderebbe prematura la prospettazione di qualsiasi questione di costituzionalità avente per oggetto la normativa su cui si basa la ragione dell'appartenenza considerata attendibile alla "Loggia P2", ben potendo risultare comunque "giustificata" con riguardo alla ragione dell'inadeguatezza dell'attività svolta.
L'eccezione non può essere accolta, e ciò perché le due "ragioni" addotte dal decreto ministeriale non hanno rappresentato la causa diretta ed immediata del provvedimento di revoca, avendo piuttosto prodotto l'insorgere di una sua condizione preliminare, intrinsecamente unitaria ed eminentemente psicologica, ossia il venir meno del rapporto di fiducia, cui inerisce, fra l'altro, il convincimento dell'idoneità della persona prescelta a proseguire nello svolgimento dell'incarico.
3. - Quanto al merito, la diversificazione di disciplina procedimentale e, quindi, di "tutela garantistica", che il comma 11 dell'art. 4 l. 25 gennaio 1982 n. 7, introduce a preteso vantaggio della categoria dei "componenti degli organi di amministrazione ed i controllo degli enti pubblici, degli enti e delle società concessionari di pubblici servizi, nonché delle società per azioni di interesse nazionale", tipici funzionari onorari o, meglio, titolari onorari di uffici pubblici, rispetto alla categoria dei "dipendenti pubblici, civili e militari", appare ingiustificata al giudice a quo. Ciò perché - pur essendo innegabile la "diversità di posizione" dei componenti di organi "non incardinati nell'Amministrazione con rapporto di impiego pubblico bensì solo nominati per incarico" rispetto alle "peculiari connotazioni della posizione dei dipendenti legati con l'Amministrazione di appartenenza da un rapporto di pubblico impiego" tale "differenziazione di posizione" si rivelerebbe inidonea a far rinvenire "motivi di giustificazione della diversità della disciplina del procedimento di cui trattasi", essendo identico il "principale oggetto acclarativa del medesimo, costituito dall'accertamento dell'appartenenza alle associazioni segrete", a sua volta "identico presupposto della adozione" di "provvedimenti lato sensu sanzionatori con riguardo alla posizione" dei rispettivi destinatari.
Più sinteticamente, per usare le parole della difesa della parte privata, la suddetta discriminazione legislativa tra i dipendenti pubblici e quanti, pur non appartenendo organicamente alla Pubblica Amministrazione, sono investiti di un munus publicum, di amministrazione o di controllo, occupando cariche riferibili in senso lato all'amministrazione dello Stato, sarebbe palesemente irragionevole: infatti, "le due categorie di soggetti, al di là della loro differente posizione rispetto alle pubbliche strutture, si trovano accomunate", ogniqualvolta venga fatta applicazione della normativa qui parzialmente impugnata, "in quello che é l'aspetto sostanziale, e cioè l'assoggettamento ad una stessa incolpazione, che, per il suo oggetto, é gravemente lesiva della propria onorabilità ed immagine pubblica".
4. - La questione non é fondata.
Come l'Avvocatura dello Stato subito sottolinea nell'atto di intervento, se innegabilmente identico per entrambe le categorie considerate é "il presupposto dei provvedimenti adottabili" ai sensi dell'art. 4 l. 25 gennaio 1982 n. 17, presupposto ravvisabile nella ritenuta appartenenza ad una associazione segreta, altrettanto innegabilmente non identica - proprio per effetto della natura "profondamente diversa" della fonte da cui trae origine il vincolo di servizio (in un caso, rapporto di pubblico impiego, a seguito di pubblico concorso; nell'altro, incarico fiduciario, a seguito di nomina con atto di alta amministrazione politico-discrezionale) - é "la tipologia di tali provvedimenti (sanzioni disciplinari e revoca di incarico)".
Parlare, anche a quest'ultimo proposito, di un "provvedimento lato sensu sanzionatorio", come fa l'ordinanza, significa operare una generalizzazione tanto vaga quanto priva di effettivo riscontro normativo. Ed invero, il rapporto di pubblico impiego "é connotato da caratteri di continuità e stabilità" del posto, non senza la possibilità di una carriera burocratica, donde la conseguenza che l'adozione di provvedimenti afflittivi nell'ambito del rapporto non può essere accompagnata da particolari garanzie (predeterminazione normativa degli illeciti, tipologia delle sanzioni, procedimento di applicazione). Viceversa, per gli incarichi - sempre temporanei ed insuscettibili di evolversi in una carriera burocratica - di componente di organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici o degli enti e società concessionari di pubblici servizi o delle società per azioni di interesse nazionale, l'assenza di uno status caratterizzato da diritti e doveri specificamente prestabiliti si traduce nella non configurabilità di illeciti disciplinari e relative sanzioni, tutto risolvendosi in un problema di permanenza del rapporto di fiducia con l'organo che ha provveduto alla nomina, donde la conseguenza che l'incarico può essere revocato nel rispetto degli ordinari limiti cui soggiace l'esercizio del potere discrezionale sottostante al conferimento.
In aggiunta a queste considerazioni, non si può non rimarcare come la l. 25 gennaio 1982 n. 17, non esaurisca le sue previsioni nell'ottica - che, per ovvie ragioni di rilevanza, é stata privilegiata dal giudice a quo - dei provvedimenti adottabili dall'autorità amministrativa ai sensi dell'art. 4.
Prima di ogni altra cosa, il legislatore si occupa degli aspetti penali della partecipazione alle associazioni segrete, dedicando ad essi l'art. 2, cui, nell'ambito dello stesso art. 4, fa eco il periodo iniziale del comma 2, con il prescrivere l'immediato invio degli atti all'autorità giudiziaria da parte dell'amministrazione competente, una volta che questa abbia disposto per ilo dipendente la sospensione cautelare dal servizio in forza del comma 1 dell'art. 4.
La risposta penale al fenomeno dell'associazionismo segreto, oggetto anche di un apposito divieto costituzionale (art. 18 comma 2 Cost.), é, appunto, la via che - con il determinare l'intervento dell'autorità giudiziaria ordinaria, quali che siano le persone nei cui confronti "risulti, sulla base di concreti elementi, il fondato sospetto di appartenenza" (art. 4 commi 1 e 2l. n. 17 del 1982) - permette di far fronte, per regola, all'esigenza di un pari accertamento del presupposto costituito dall'appartenenza ad un'associazione segreta. Rispetto all'intervento del giudice penale, l'intervento dell'autorità amministrativa si colloca, come per qualsiasi altra categoria di reati, su un piano subordinato o addirittura eventuale, restando vincolato quanto all' an nel caso di sentenza penale di condanna e precluso nel caso di sentenza assolutoria piena. Al di là di questi limiti, le conseguenze variamente ricavabili sul piano amministrativo vengono a dipendere dalle differenze di natura e di regolamentazione che caratterizzano i rapporti di volta in volta sottostanti. Ne fornisce specifica, diretta, conferma il comma 6 dello stesso art 4 l. 25 gennaio 1982 n. 17, che esclude l'applicabilità dei commi precedenti e, quindi, l'intervento della speciale commissione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri "nei confronti dei magistrati ordinari, amministrativi e militari", restando "ferme" nei loro riguardi "le vigenti norme in materia di competenze e procedure disciplinari".
5. - La stesa ordinanza di rimessione riconosce, del resto, apertamente che "la medesima legge" n. 17 del 1982, cui viene mosso l'addebito di dettare per i soggetti indicati nel comma 11 dell'art. 4 una "disciplina procedimentale" diversa da quella prevista per i dipendenti pubblici, "introduce procedimenti speciali strettamente collegati con la natura dei relativi accertamenti con riguardo alle finalità degli stessi ed alle garanzie dell'inquisito", così da dar vita ad una normativa articolata, contraddistinta da varietà di situazioni e soluzioni. No solo, ma l'ordinanza riconosce altresì che la commissione speciale deve tener conto del "grado di corresponsabilità del pubblico dipendente avuto riguardo alla sanzione applicabile, all'ordinamento dell'amministrazione di rispettiva appartenenza dell'inquisito, anche in riferimento alla graduazione prevista dal rispettivo sistema normativo, ed alla posizione dal dipendente ricoperta nell'ordinamento di appartenenza in relazione alle funzioni esercitate": un insieme "insuscettibile di traslazione" nei confronti di coloro che, "non essendo incardinati nell'apparato impiegatizio dell'ente", estranei come sono a qualsiasi rapporto gerarchico, "non sono soggetti all'ordinamento disciplinare dell'ente stesso".
Ciò potrebbe addirittura condurre a far ritenere inammissibile la questione in esame sotto il profilo che, per ovviare alla carenza normativa lamentata, occorrerebbe una regolamentazione ad hoc, esulante dai poteri di questa Corte, se non fosse che proprio i rilievi del giudice a quo valgono a dimostrare come non sia affatto ingiustificata l'omessa estensione delle garanzie previste per i dipendenti pubblici ai componenti degli organi di amministrazione o di controllo degli enti pubblici: sono di ostacolo a tale estensioni sia la non assoggettabilità di quest'ultima categoria di soggetti all'ordinamento disciplinare del relativo ente (compresa, quindi, l'impossibilità che gli accertamenti istruttori di cui al comma 2 dell'art. 4 l. 25 gennaio 1982 n. 17, siano svolti da chi esercita le funzioni di "capo del personale"), sia la mancanza di una gamma di sanzioni commisurabili ex comma 8 dell'art. 4 all'eventuale "grado di corresponsabilità del dipendente" (scelta che diventa l'unico compito della commissione speciale, quando l'appartenenza all'associazione sia stata accertata dall'autorità giudiziaria).
Trattandosi per i soggetti qui in discussione di un incarico fondato esclusivamente su un rapporto di fiducia, il venir meno della piena affidabilità del titolare a seguito dell'appartenenza ad un'associazione segreta non può che condurre alla revoca dell'incarico, prevista expressis verbis dal legislatore il quale nella parte finale del comma 11 dell'art. 4 l. 25 gennaio 1982 n. 17, la "considera determinata da giusta causa".
Come esattamente conclude l'Avvocatura dello Stato, non é incoerente che la revoca avvenga, secondo il modulo più consueto, ad "opera dello stesso organo competente alla nomina, con provvedimento motivato, sindacabile in sede di legittimità", anche perché la sua facoltatività ("possono essere revocati dagli organi competenti alla nomina" recita il primo periodo dell'undicesimo comma) mal si adatterebbe ad una valutazione da parte della commissione speciale, organo del tutto estraneo al rapporto fiduciario.
Né va dimenticato che l'attività della commissione speciale istituita presso il Consiglio dei Ministri risulta fortemente circoscritta dall'art. 6 stessa l. n. 17 del 1982, in forza del quale le disposizioni del passato "continuano ad applicarsi nei confronti di coloro che risultino avere aderito all'associazione di cui all'art. 5 e comunque ai fatti compiuti prima dell'entrata in vigore della presente legge" (secondo periodo), lasciando "ferme" anche "le norme vigenti per quanto riguarda gli organi competenti all'accertamento delle responsabilità disciplinari" (quarto periodo). Pure da questo punto di vista non troverebbe giustificazione la declaratoria di illegittimità costituzionale richiesta dal giudice a quo: non sarebbe, infatti, ravvisabile la lamentata disparità di trattamento costituita dalla garanzia della commissione speciale, non essendo questa garanzia applicabile ai dipendenti pubblici che risultino "avere aderito all'associazione di cui all'art. 5", denominata "Loggia P2", e, quindi, responsabili di "fatti compiuti prima dell'entrata in vigore della legge" in questione.
6. - L'inconsistenza del riferimento all'art. 3 Cost. per disparità di trattamento, unico parametro invocato dal giudice a quo, impedisce di prendere in considerazione la doglianza sulla quale i definitiva sembra soffermarsi maggiormente la difesa della parte privata: per i soggetti indicati nel comma 11 dell'art. 4 l. 25 gennaio 1982 n. 17, l'accertamento dell'appartenenza ad associazioni segrete non risulta demandato ad una commissione la cui composizione e collocazione esterna all'amministrazione, sostanziale garanzia di terzietà, ne dovrebbe assicurare l'obiettività e l'imparzialità. L'ordinanza di rimessione - con il ricordare come non sia dato rinvenire <alcun precetto o principio che imponga al legislatore statale la introduzione, nelle fattispecie normative attributive di poteri estrinsecantisi mediante l'adozione di provvedimenti amministrativi, di fasi o atti procedimentali articolati in guisa da integrare nella loro successione cronologica e nel loro specifico rilievo gli estremi del cosiddetto "giusto processo">, con conseguente "inconfigurabilità del giusto procedimento quale principio di ruolo costituzionale" - ha esplicitamente negato accesso ad un tale profilo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 11 l. 25 gennaio 1982 n. 17 (Norme di attuazione dell'art. 18 Cost. in materia di associazioni segrete e scioglimento dell'associazione denominata Loggia P2), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con ord. 14 marzo 1985.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11/10/1988.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO
Depositata in cancelleria il 19/10/1988.