SENTENZA N.957
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 573 del codice penale, promosso con ordinanza emessa l'8 giugno 1987 dal Pretore di Civitanova Marche nel procedimento penale a carico di Leombruni Ezio, iscritta al n. 573 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45/prima s.s. dell'anno 1987;
visto l'atto di costituzione di Leombruni Ezio nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo.
Considerato in diritto
1. - Deve riconoscersi che quanto il Pretore argomenta circa l'evoluzione del diritto di famiglia, a seguito della riforma del 1975, ed in particolare per quanto si riferisce al cosiddetto <aspetto interno> della potestà dei genitori, a seguito della mutata formulazione dell'art. 147 cod. civ., e esatto. Ciò, del resto, corrisponde anche ai suggerimenti della dottrina civilistica, particolarmente dell'ultimo decennio, e all'indirizzo della stessa giurisprudenza. In altri termini, dal più antico concetto di <patria potestà>, intesa come espressione di un diritto soggettivo del pater familias, la nozione si é andata sempre più spostando verso quella di <potere> in senso stretto: vale a dire di potestà preposta alla tutela di un interesse alieno, che e poi quello del minore. ciò comporta che, da una parte, si siano accresciuti i limiti al potere discrezionale dei genitori e, dall'altra, che questo si vada progressivamente riducendo in rapporto al progressivo accrescersi dell'autonomia e del peso della volontà minorile.
Tutto questo, pero, può soltanto legittimare il giudice di merito ad adottare, caso per caso, sul piano strettamente interpretativo, soluzioni diverse, a seconda che la potestà parentale, esercitata ormai al limite del raggiungimento della maggiore età, si dimostri incompatibile con <le capacita, l'inclinazione naturale e le aspirazioni dei figli>, specie in relazione a quanto a posteriori fosse rimasto dimostrato dagli accadimenti successivi al raggiungimento della maggiore età.
Segnatamente, una volta che - come lo stesso Pretore rappresenta nell'ordinanza - il contenuto del bene giuridico e diventato pregnante, a seguito della riforma, dell'interesse minorile, il giudice di merito ben potrà valutare, volta per volta, se, in relazione alla capacita che il minore aveva acquisito e alle aspirazioni nutrite (specie se i fatti successivi ne hanno dimostrato il buon fondamento), il fatto commesso fosse o non <offensivo> del bene giuridico tutelato, nell'area del principio di cui all'art. 49, secondo comma, cod. pen.
2. - Ma sul piano della legittimità costituzionale non e dato di capire quale dovrebbe essere, secondo il rimettente, la soluzione costituzionalmente obbligata che egli chiede a questa Corte, in quanto non indica quale potrebbe essere, a suo avviso, l'invocato <contemperamento fra interessi contrastanti ed ugualmente meritevoli di tutela>.
Non evidentemente la pura e semplice declaratoria d'illegittimità costituzionale della norma che lo stesso giudice a quo sembra escludere, e che, comunque, non potrebbe essere cancellata dall'ordinamento senza lasciare impuniti gravissimi fatti, sicuramente lesivi anche dell'interesse del minore. Si allude a tutte quelle ipotesi in cui la sottrazione, sia pure consensuale, si verifica però nei confronti di minore che non e assolutamente in grado di valutare l'importanza e le conseguenze del fatto.
Occorrerebbe, perciò, operare delle distinzioni, in ordine alle quali si prospetta la possibilità o di fissare aprioristicamente delle ipotesi (ad esempio: un limite d'età oltre il quale la volontà del minore assume senz'altro rilevanza), oppure di affidare l'indagine al prudente apprezzamento del giudice, caso per caso, quando un limite minimo di età sia stato superato (ad esempio: per gli ultrasedicenni). Ma nell'una come nell'altra ipotesi (e già nella scelta resterebbe violato il potere discrezionale del legislatore), e evidente che la norma dovrebbe subire tali modificazioni e riformulazioni, atte a conciliare l'intervento della volontà di un terzo (il minore) sull'efficacia di una querela di cui non e comunque titolare (ne potrebbe esserlo essendo egli consenziente al fatto), anche se sporta nel prevalente suo interesse, da doversi escludere che tutto questo possa rientrare nei poteri di questa Corte: tanto più, poi, che non potrebbero mancare i necessari coordinamenti con altre disposizioni concernenti i minori e, in definitiva, con l'istituto stesso della querela.
La proposta questione é, pertanto, inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 573 cod. pen., sollevata dal Pretore di Civitanova Marche con ordinanza 8 giugno 1987, in riferimento agli art.li 2, 3, 29 e 30 Cost.
Così deciso in Roma, in camera di Consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/09/88.
Francesco SAJA - Ettore GALLO
Depositata in cancelleria il 09/10/88.