Sentenza n. 800 del 1988

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SENTENZA N.800

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi promossi con ricorsi delle Province autonome di Trento notificati il 25 maggio 1987, depositati in Cancelleria il 3 giugno successivo ed iscritti ai nn. 11 e 12 del registro ricorsi 1987, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro dell'ambiente 27 febbraio 1987, n. 116 recante <modalità e criteri per i finanziamenti in relazione all'eutrofizzazione delle acque marine e lacustri di cui al comma 6 dell'art. 5 della legge 22 dicembre 1986, n. 910>.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 2l.6.1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi l'avv.to Sergio Panunzio per le Province di Trento e Bolzano e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-I conflitti di attribuzioni sollevati dai ricorsi proposti dalle Province autonome di Trento e di Bolzano hanno il medesimo oggetto; pertanto i relativi giudizi devono essere riuniti e decisi con unica sentenza;

2.-L'eccezione di inammissibilità, formulata dall'Avvocatura dello Stato, non merita accoglimento. I ricorsi in esame si rivolgono, in linea principale, contro il decreto del Ministro dell'ambiente 27 febbraio 1987 n. 116, applicativo dell'art. 5, sesto comma della legge n. 910 (legge finanziaria) del 1986, censurandolo di illegittimità per due motivi: a) perché, la dove estende il proprio ambito normativo alle Province autonome di Trento e di Bolzano, travalica la previsione della norma di legge su cui si fonda, la quale, attraverso il richiamo dell'art. 10, comma primo e secondo, del d.l. n. 667 del 1985, convertito nella legge n. 7 del 1986, si riferisce esclusivamente alle regioni, non anche alle province autonome; b) indipendentemente dal primo motivo, perché assoggetta le iniziative delle province autonome in materia di disinquinamento delle acque a poteri di indirizzo e di controllo dello Stato non previsti da alcuna norma di legge, ne in particolare da quella che sta a base del decreto impugnato, e comunque non giustificati da interessi generali non frazionabili, trattandosi invece, nella specie, di interessi locali, attinenti alla tutela delle acque appartenenti al demanio provinciale.

Impostati in questi termini, i ricorsi e le conseguenti domande di annullamento parziale del decreto sono ammissibili.

3. - Nel merito, peraltro, non sono fondati.

Le ricorrenti muovono da due premesse che non possono essere condivise. La prima e data da una lettura non corretta dell'art. 4, ultimo comma, della legge n. 319 del 1976, nel testo sostituito dalla legge n. 650 del 1979, il quale dispone che <restano ferme le competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi del testo unico delle leggi sullo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige>. In base a questa norma il riferimento dell'art. 10 del d.l. n. 667 del 1985 soltanto alle regioni viene interpretato nel senso che le province autonome <non sono sottoposte ai poteri di valutazione e di decisione, in ordine alle attività di loro competenza e al relativo finanziamento, riconosciuti dall'art. 10 all'amministrazione statale>. Alle province autonome dovrebbe essere riservato un <trattamento differenziato, necessario per una corretta applicazione delle disposizioni legislative succitate>.

Alla stregua di una simile interpretazione é arduo comprendere perché ai detti poteri dell'amministrazione statale l'art. 10 non sottragga anche le regioni a statuto speciale diverse dal Trentino- Alto Adige, le quali potrebbero avanzare i medesimi titoli vantati dalle ricorrenti. Pure ad esse, infatti, i rispettivi statuti attribuiscono le competenze (primarie e ripartite) di cui le sole Province autonome di Trento e di Bolzano lamentano la violazione (cfr. St. Sic., art. 14, lett. a, f, i; 17, lett. b; St. Sar., artt. 3, lett. d, f, 1; 4, lett. i; St. V. d'A., artt. 2, lett. d, g; 3, lett. d, 1; St. Fr. V.G., artt. 4, nn. 2, 9, 12; 5, nn. 14, 15, 16, 22). In particolare, tutte, non diversamente dalle province autonome, hanno competenza legislativa concorrente in materia di igiene e sanità, nella quale propriamente, e soltanto in essa, rientrano i provvedimenti contro l'inquinamento idrico, analogamente a quanto statuito da questa Corte per l'inquinamento atmosferico (sent. n. 154 del 1977).

Come si argomenta dal primo comma dell'art. 4 della legge n. 319 del 1976, applicando il canone della totalità ermeneutica, l'intenzione sottesa all'ultimo comma non e quella di riservare una posizione speciale alle sole province autonome di Trento o di Bolzano, trascurando le analoghe attribuzioni delle quattro regioni a statuto speciale teste ricordate, bensì quella di escludere che le competenze specifiche assegnate alle regioni dal primo comma possano intendersi conferite anche alla Regione Trentino-Alto Adige in contrasto con le competenze riservate dallo statuto di questa regione alle due province autonome in materia di acque. Che tale sia il senso della norma e confermato dal confronto del nuovo testo, tecnicamente più appropriato, col testo precedente.

Così interpretato, l'art. 4, ultimo comma della legge n. 319 del 1976 non fornisce alcun argomento per attribuire alla mancata menzione delle province autonome nell'art. 10 del d.l. n. 667 del 1985 un valore significativo della volontà di sottrarle all'applicazione dei criteri e delle procedure per l'erogazione del contributo statale previsti dal quinto comma del medesimo art. 10. Al contrario, considerato il richiamo in questa disposizione delle finalità della legge n. 319 del 1976, alla cui attuazione concorrono gli <enti territoriali> previsti nel titolo II, trova conforto l'interpretazione accolta dal decreto impugnato (punto 1), che ha inteso la parola <regioni> nell'art. 10 del d.l. n. 667 del 1985 come riferita a tutti gli enti territoriali di cui all'art. 4 della legge n. 319, e quindi inclusiva anche delle province autonome di Trento e di Bolzano, in quanto investite, nell'ambito della Regione Trentino-Alto Adige, delle competenze che nella materia de qua sono attribuite alle altre regioni a statuto speciale. Tale interpretazione é convalidata dall'art. 9, primo comma, della legge n. 349 del 1986 istitutiva del Ministero dell'ambiente.

Pertanto, il primo motivo dei ricorsi in esame, sopra enucleato al n. 2 sub a), risulta privo di consistenza.

4.-A sostegno della pretesa che sia <attribuita direttamente alla Provincia la quota di sua competenza della spesa complessiva stanziata dall'art. 5, sesto comma, della legge finanziaria 1987, in modo da consentirle di determinarsi autonomamente in ordine alla programmazione, al finanziamento e alla realizzazione degli interventi>, il secondo motivo di impugnazione sopra indicato al n. 2 sub b), fa leva, anziché sulla lettera dell'art. 10 del d.l. 667 del 1985, sui principi regolatori della funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle regioni e delle province autonome da parte dello Stato, principi enunciati da questa Corte con le sentenze n. 150 del 1982 e n. 340 del 1983.

Ma anche la premessa da cui prende le mosse questo motivo non può essere condivisa. Come rivela l'ulteriore riferimento dei ricorsi all'art. 78 dello Statuto Trentino-Alto Adige, concernente le modalità di finanziamento delle province autonome, tale premessa e attinta a una interpretazione dell'art. 5, sesto comma, della legge finanziaria per il 1987, per l'attuazione del quale é stato emanato il decreto impugnato, come norma di natura analoga a quella di cui al terzo comma dell'art. 10 del d.l. n. 667 del 1985, cioè come norma incrementativa delle risorse dei bilanci regionali o provinciali.

Al contrario, mentre l'art. 10, terzo comma, con riferimento all'anno 1985 già trascorso, stanziava un fondo di 10 miliardi per l'erogazione di contributi statali alle spese <sostenute> dalle regioni per il finanziamento di programmi finalizzati al contenimento dei fenomeni di eutrofizzazione nel quadro delle finalità previste dalla legge n. 319 del 1976 (cioè di contributi a consuntivo), invece il fondo straordinario di 23 miliardi stanziato dall'art. 5, sesto comma, della legge finanziaria per il 1987, del quale soltanto qui si discute, é destinato a finanziare programmi regionali o provinciali da realizzare. Coerentemente con questo scopo, argomentabile dalla natura della legge in cui la norma é inserita, il decreto ministeriale di attuazione esclude al punto 8 l'ammissibilità di <richieste di finanziamento relative a indagini e interventi già realizzati o comunque già affidati in esecuzione>. Si tratta, cioè, di una norma <promozionale> (o premiale), che utilizza la forma di incentivo costituita dalla concessione di un contributo finanziario per indurre le regioni e le province autonome a sottoporre i loro programmi (o almeno parte di essi) relativi all'eutrofizzazione delle acque marine e lacustri a una valutazione preventiva e a controlli in fase di realizzazione da parte dell'organo centrale preposto al risanamento dell'ambiente, allo scopo di coordinarli <in un quadro organico> come vuole l'art. 1, secondo comma, della legge n. 349 del 1986, e in questo quadro graduare i bisogni di sostegno finanziario da parte dello Stato.

Né si può dire che le ragioni a statuto speciale e le province autonome siano poste nell'alternativa di rinunciare a chiedere il contributo statale o accettare una menomazione della loro autonomia in ordine alle competenze previste dai rispettivi statuti in materia di acque. Il fondo stanziato dalla legge finanziaria per il 1987 e mezzo di adempimento delle <funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività amministrative delle regioni> attribuite al Governo centrale dall'art. 9, primo comma, della legge n. 349 del 1986, in conformità dell'art. 2, lett. a) della legge n. 369 del 1976.

La riserva delle <attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di loro esclusiva competenza> fa salva la loro autonomia per quanto riguarda la scelta degli interventi nella cornice delle rispettive programmazioni regionali o provinciali, ma non esclude che, ove sia chiesto il finanziamento dello Stato per gli interventi programmati, anche tali enti territoriali siano soggetti alle dette funzioni, in quanto attinenti <a esigenze di carattere unitario> connesse con l'interesse generale indivisibile a una politica organica di risanamento dell'ambiente, necessaria per la realizzazione dei valori costituzionali sanciti dagli artt. 9, secondo comma, e 32 Cost. (cfr. Corte Cost. n. 177 del 1986).

Queste considerazioni dimostrano non solo l'infondatezza anche del secondo motivo di impugnazione del decreto ministeriale, ma altresì l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del d.l. n. 667 del 1985, convertito nella legge n. 7 del 1986, prospettata in subordine dalle ricorrenti ai fini di un eventuale incidente di costituzionalità sollevato d'ufficio da questa Corte davanti a se medesima.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che spetta allo Stato assoggettare alla disciplina di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 27 febbraio 1987 n. 116 (<Modalità e criteri per i finanziamenti in relazione all'eutrofizzazione delle acque marine e lacustri di cui al comma 6 dell'art. 5 della legge 22 dicembre 1986, n. 910>) anche le istanze di finanziamento proposte dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/07/88.

 

Francesco SAJA - Luigi MENGONI

 

Depositata in cancelleria il 14/07/88.