ORDINANZA N.795
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 191 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 28 maggio 1987 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra LA SALA Milo e MARCHETTI Rita, iscritta al n. 782 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53/1a ss dell'anno 1987.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da La Sala Milo contro la moglie Marchetti Rita <per sentire dichiarare cessato il regime di comunione dei beni a decorrere dal 31 marzo 1983>, data di pronuncia del provvedimento con cui i coniugi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del procedimento di separazione, a norma dell'art. 708 cod. proc. civ., il Tribunale di Roma, con ordinanza del 28 maggio 1987, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 191 cod. civ. , in riferimento all'art. 3 Cost.;
che il giudice a quo reputa la norma denunziata contrastante col principio di eguaglianza <perché sottopone ad eguale regime situazioni giuridicamente difformi, quali quella di coniugi conviventi... e quella di coniugi separati in virtù di specifico provvedimento autorizzativo dell'autorità giudiziaria>;
che la censura investe l'art. 191 <soltanto sotto l'aspetto del perdurante conferimento alla comunione dei beni acquistati, dei frutti e proventi realizzati dopo l'emanazione dei provvedimenti presidenziali>, pur essendo venuto a mancare il presupposto della presunzione di legge, consistente nel comune apporto dei coniugi alle necessita della famiglia unita>;
che nel giudizio davanti alla Corte non si sono costituite le parti private, mentre e intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, il quale conclude con una richiesta di dichiarazione di inammissibilità della questione, rilevando che la violazione dell'art. 3 Cost.
viene prospettata in funzione di una sentenza non puramente additiva, ma integrativa della disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi con un particolare regime di carattere provvisorio, comportante <scelte discrezionali demandate in via esclusiva al legislatore>.
Considerato che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 191 cod. civ. - <in quanto non consente che, con l'emanazione dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 cod. proc. civ., cessi il conferimento alla comunione degli acquisti successivamente compiuti, nonché dei frutti dei beni e dei proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi> - viene sollevata dal giudice a quo perché non sono sostenibili ne la tesi secondo cui lo scioglimento della comunione dei beni, conseguente alla pronuncia della separazione giudiziale dei coniugi, retroagirebbe fino al momento della domanda giudiziale (tesi affacciata in dottrina o con l'argomento che la domanda di separazione dei corpi conterrebbe anche una domanda di separazione dei beni, onde sarebbe applicabile in via di interpretazione estensiva l'art. 193, quarto comma, oppure sulla base di considerazioni meramente equitative), ne la tesi affermata da una parte della giurisprudenza di merito, la quale, argomentando dal fondamento politico della comunione dei beni, individuato nella convivenza collaborativa dei coniugi, ritiene che il provvedimento del presidente del tribunale <abbia effetto estintivo della comunione tra le parti>;
che la ragione per cui, perdurando il rapporto di coniugi, non solo la separazione di fatto dei coniugi, ma nemmeno i provvedimenti temporanei ex art. 708 cod. proc. civ. non sono previsti dall'art. 191 come cause di scioglimento della comunione, e la mancanza in questi casi di un accertamento formale definitivo della cessazione dell'obbligo di convivenza e di reciproca collaborazione;
che il carattere temporaneo del provvedimento presidenziale impedisce che la situazione dei coniugi provvisoriamente autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione possa essere equiparata a quella dei coniugi legalmente separati, e dunque esclude che il perdurare per essi del regime di comunione dei beni possa costituire una violazione dell'art. 3 Cost.;
che per configurare una simile violazione il giudice remittente si é riferito come a tertium comparationis non già all'effetto estintivo della comunione legale dei beni previsto dall'art. 191 (ai fini di una sentenza additiva che tale effetto estenda anche ai provvedimenti presidenziali ex art. 708 cod. proc. civ.), bensì a un effetto giuridico non previsto da questo articolo, ne da alcun'altra norma positiva, consistente nella <quiescenza temporanea> del regime di comunione, ossia nella provvisoria sospensione della vis adquisitiva ad esso attribuita dall'art. 177 cod. civ.;
che, prospettata in questi termini, la questione, prima che infondata, é inammissibile, perché postula una sentenza che introduca nella disciplina della comunione legale dei beni un nuovo istituto normativo, in merito al quale lo stesso giudice a quo riconosce necessaria una valutazione di opportunità, anche per quanto riguarda le varie possibili modalità tecniche: una sentenza, cioè, che invaderebbe il campo delle scelte di politica del diritto riservate al legislatore.
Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 191 cod. civ., in riferimento all'art. 3 Cost., sollevata dal Tribunale di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/06/88.
Francesco SAJA - Luigi MENGONI
Depositata in cancelleria il 7/7/1988.