Ordinanza n.716 del 1988

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ORDINANZA N.716

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, del r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692, (Limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura) promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1987 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Arcangeli Telemaco ed altri e l'A.C.E.A., iscritta al n. 372 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36/1a ss. dell'anno 1987;

visti gli atti di costituzione di Arcangeli Telemaco ed altri e dell'A.C.E.A. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il Pretore di Roma ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma terzo, del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, nella parte in cui esclude gli uffici e i servizi pubblici, anche se gestiti da assuntori privati-e in particolare le imprese esercenti il servizio pubblico di erogazione dell'energia elettrica e dell'acqua- dall'applicazione delle altre norme del medesimo R.D.L. e in ispecie della norma di cui all'art. 5 relativa al compenso del lavoro straordinario per preteso contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione;

ritenuto, altresì, che il giudice a quo argomenta in merito alla non manifesta infondatezza della proposta questione evidenziando come, a 65 anni di distanza dall'emanazione del R.D.L. n. 692 del 1923, non siano state emanate quelle <particolari disposizioni> cui la norma impugnata faceva riferimento nel demandare alle stesse la regolamentazione della misura minima della retribuzione dovuta per il lavoro straordinario;

Considerato che le proposte censure sono resistite dal rilievo da riconoscere alla disposizione dell'art. 2108 c.c., che, intervenuta successivamente alla norma impugnata, ha demandato alla contrattazione collettiva la misura della maggiorazione retributiva per il lavoro straordinario;

che, in concreto, tale fonte e effettivamente intervenuta, si da determinare il compenso minimo stabilito per il lavoro straordinario, di talché deve ritenersi che il riferimento contenuto nell'art. 1 del R.D.L. n. 692 del 1923 ad <altre disposizioni> abbia trovato attuazione nel combinato disposto dell'art. 2108 c.c. con le norme derivanti dalla contrattazione collettiva di settore;

che la norma impugnata, rinviando a <separate disposizioni> per la disciplina dell'orario massimo normale di lavoro del personale addetto a <pubblici servizi, anche se gestiti da assuntori privati>, ha inteso regolamentare, in parte qua, diversamente i relativi rapporti di lavoro, in considerazione delle peculiarità che li caratterizzano per la natura e la destinazione delle prestazioni che ne sono oggetto;

che, peraltro, anche nei confronti di detto personale, il combinato disposto dell'art. 2108 c.c. e delle norme della con trattazione collettiva, assicurando, per il lavoro straordinario, una maggiorazione della retribuzione dovuta per quello ordinario, in coerenza con l'art. 36 Cost., garantisce un compenso proporzionato alla maggiore penosità del lavoro protratto oltre i limiti dell'orario normale;

che, conseguentemente, la proposta questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma terzo, del r.d.l. 15 marzo 1923, n. 692, (Limitazione dell'orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura) sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Francesco GRECO

 

Depositata in cancelleria il 23/06/88.