ORDINANZA N.650
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 del d.l. 22 gennaio 1973, n. 2, (Provvidenze a favore delle popolazioni dei comuni della Sicilia e della Calabria colpiti dalle alluvioni del dicembre 1972 e del gennaio 1973), convertito in legge 23 marzo 1973, n. 36, promosso con ordinanza emessa il 6 aprile 1979 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Maria Mario contro Drago Carmela, iscritta al n. 54 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 85 dell'anno 1980.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.
Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 6 aprile 1979 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 del d.l. 22 gennaio 1973, n. 2, convertito in legge 23 marzo 1973, n. 36 (Provvidenze a favore delle popolazioni dei comuni della Sicilia e della Calabria colpiti dalle alluvioni del dicembre 1972 e del gennaio 1973);
che le norme impugnate vengono censurate nella parte in cui, disponendo la sospensione dei soli termini processuali <che sono scaduti o che scadono> nel periodo da determinarsi con successivi decreti presidenziali non considerano in alcun modo quei termini che, pur scadendo successivamente, comunque decorrono nell'anzidetto periodo;
che tale omissione determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento nella regolamentazione di situazioni sostanzialmente identiche e connesse all'esercizio del medesimo diritto, con ulteriore lesione del principio di cui all'art. 24 Cost.;
che la questione sarebbe rilevante dal momento che, qualora potessero sospendersi anche i termini che non scadono, ma semplicemente decorrono, nel periodo individuato dal decreto presidenziale, la riassunzione del giudizio di appello dovrebbe ritenersi tempestiva e andrebbe quindi cassata la sua dichiarazione di estinzione;
che la parte resistente nel giudizio a quo e l'Avvocatura Generale dello Stato, costituendosi e intervenendo, hanno entrambe chiesto che la questione venisse dichiarata infondata.
Considerato che quasi tutte le leggi che si sono occupate di eventi calamitosi di diversa natura, hanno disposto, come quella impugnata, la sospensione non già dei termini in corso, ma solo di quelli <scadenti>, o <che sono scaduti o che scadono>, in un periodo di tempo determinato (decreti legge: 24 novembre 1951 n. 1210; 23 febbraio 1956 n. 47; 30 settembre 1959 n. 769; 14 dicembre 1961 n. 1284; 18 ottobre 1963 n. 1358; 30 luglio 1966 n. 509; 9 novembre 1966 n. 914; 7 novembre 1968 n. 1118; 18 dicembre 1968 n. 1232; 16 ottobre 1970 n. 723; 1° aprile 1971 n. 119; 4 marzo 1972 n. 25; 30 giugno 1972 n. 266; 30 agosto 1976 n. 537; legge 21 aprile 1961 n. 324); che tale pressoché univoca ed ininterrotta uniformità di disciplina evidenzia la consapevole volontà del legislatore di dettare, in materia di eventi calamitosi, una normativa particolare diversa da quella emanata in altre circostanze prive del requisito della straordinarietà collegato alla natura dell'evento, e nelle quali il problema della decorrenza o scadenza dei termini da sospendere pur si poneva (vedi ad esempio la legge 7 ottobre 1969, n. 742, sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale);
che, peraltro, la scelta discrezionale compiuta dal legislatore, diretta non tanto a sanare tutti gli effetti che l'evento calamitoso può aver prodotto sull'esercizio dei diritti, ma sol tanto quegli effetti che, incidendo direttamente sulla scadenza dei termini processuali, possano aver ostacolato in misura più consistente la tutela giurisdizionale, non appare affatto ragionevole;
che, pertanto, in relazione alla ratio legis, l'ipotesi-peraltro inconferente rispetto alla fattispecie oggetto del giudizio a quo - del termine processuale scadente un solo giorno dopo la fine del previsto periodo di sospensione (e quindi in grado di vanificare, in tale ipotesi limite, la previsione legislativa), costituisce un mero inconveniente inidoneo ad inficiare la ragionevolezza della predetta valutazione che il legislatore ha operato nell'intento di contemperare l'esigenza di assicurare la tutela dei diritti in periodi straordinari, con quel la di evitare un eccessivo prolungamento delle situazioni a scapito della certezza dei rapporti;
che la questione va quindi dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, comma secondo, delle norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 del d.l. 22 gennaio 1973, n. 2, convertito in legge 23 marzo 1973, n. 36 (Provvidenze a favore delle popolazioni dei comuni della Sicilia e della Calabria colpiti dalle alluvioni del dicembre 1972 e del gennaio 1973), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.
Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO
Depositata in cancelleria il 16/06/88.