Sentenza n. 633 del 1988

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SENTENZA N.633

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, 4, terzo comma, 5, 6, 7, 9, quarto, quinto e sesto comma, 12, sesto comma, 14, primo e quinto comma, 15, primo e secondo comma, e 20 della legge 6 ottobre 1982, n. 752, recante <Norme per l'attuazione della politica mineraria> e degli artt. 3, terzo e sesto comma, 6, primo, quinto e sesto comma, e 7 della legge 15 giugno 1984, n. 246, recante <Integrazioni e modifiche al d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, contenente norme di polizia delle miniere e delle cave, nonché alla legge 6 ottobre 1982, n. 752>, promossi con n. 4 ricorsi delle Province di Bolzano e Trento notificati il 18 novembre 1982 e il 23 luglio 1984, depositati in cancelleria il 25 novembre 1982 e il 27 luglio 1984 ed iscritti ai nn. 47 e 48 del registro ricorsi 1982 e nn. 27 e 28 del registro ricorsi 1984.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri;

uditi l'avv. Sergio Panunzio per le Province di Bolzano e Trento e l'avv. dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-I giudizi, concernendo questioni identiche o strettamente connesse, possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. Come analiticamente esposto in narrativa, le Province di Trento e Bolzano sollevano questione di legittimità costituzionale di varie disposizioni delle leggi 6 ottobre 1982, n. 752 (Norme per l'attuazione della politica mineraria) e 15 giugno 1984, n. 246 (recante integrazioni e modifiche alla prima), per violazione di numerose norme dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, prima fra tutte l'art. 8, n. 14 il quale attribuisce alle ricorrenti competenza legislativa primaria in materia di miniere.

3.-La legge 6 ottobre 1982, n. 752, come risulta ampiamente dai lavori preparatori, fu emanata allo scopo di dare una soluzione organica ed efficace al problema relativo alla ricerca e alla coltivazione delle materie prime minerarie, problema che aveva assunto, dopo la crisi energetica del 1973, aspetti di particolare rilevanza ed urgenza.

Da un lato, infatti, si erano sperimentate le difficoltà provocate dalla insicurezza dei rifornimenti e dalla lievitazione dei costi delle materie prime, difficoltà comuni a tutti i paesi ad economia industriale, ma particolarmente gravi in Italia che dipende in massima parte dall'approvvigionamento estero; dall'altro si era constatato come negli anni ‘70 l'attività estrattiva avesse subito una continua flessione dovuta ai costi di produzione elevati ed antieconomici ed al mancato reperimento di nuove risorse coltivabili.

Dal complesso di tale situazione sorse la necessità di impostare una vera <politica mineraria>, intesa come programmazione dell'attività estrattiva, che raccordasse in un unico quadro gli obiettivi (cioè disponibilità di risorse sufficienti a contribuire, soprattutto nei momenti di crisi internazionale, al raggiungimento della sicurezza del minimo indispensabile di approvvigionamenti) con gli strumenti predisposti per raggiungerli (attività di ricerca e incentivazioni).

Da quanto esposto deriva, come primo e generale elemento di valutazione delle questioni oggetto dei presenti giudizi, che la legge n. 752 del 1982 nel suo complesso (così come la n. 246 del 1984, nella parte in cui apporta alla prima alcune lievi integrazioni e modifiche) deve ritenersi indubbiamente sorretta da un preminente interesse nazionale, il quale appare, innanzitutto, rispondere a quei requisiti di carattere generale che giustificano un intervento statale - anche di dettaglio - pur in una materia attribuita alla competenza esclusiva delle regioni o province ad autonomia speciale, e che sono stati chiaramente individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (v. da ult., sent. n. 177 e sent. n. 217 del 1988). L'apprezzamento, operato dal legislatore statale, dell'interesse posto a base della legge impugnata appare, per le considerazioni sopra svolte, fondato e l'interesse stesso e sorretto da esigenze unitarie, non suscettibili di frazionamento territoriale e, comunque, é dettato anche da motivi di sufficiente imperatività ed urgenza.

Occorre, a questo punto, passare a verificare, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, se le singole disposizioni di legge impugnate dalle ricorrenti, così come concretamente delineate, siano o meno strettamente correlate all'esigenza di soddisfare l'interesse invocato, costituiscano cioè strumenti necessari e non incongrui al raggiungimento dello scopo.

4.1. - Dell' art. 3 della legge n. 752/82 le ricorrenti- che per quanto riguarda questa legge propongono ricorsi identici - impugnano la parte (commi dal quinto all'ottavo) relativa ai permessi di ricerca.

Esse lamentano che la norma, incidendo sia sul conferimento di nuovi permessi di ricerca (che é sospeso fino alla conclusione dell'attività di ricerca di base, salvo provvedimento motivato del Ministro dell'industria), sia sulla esecuzione di quelli già accordati (che é subordinata all'approvazione, da parte del Ministro stesso, di progetti di ricerca che i titolari dei permessi sono tenuti a presentare) lede la competenza primaria delle province di cui al citato art. 8, n. 14, dello statuto speciale, già peraltro da esse ampiamente esercitata; inoltre, la norma stessa (in particolare il settimo comma) violerebbe tali competenze in quanto, circa la valutazione dei progetti di ricerca (che in caso negativo può comportare la pronuncia di decadenza dal titolo), prevede la semplice previa <audizione> degli organi delle regioni a statuto speciale e non un'intesa o un accordo con essi, e, comunque, esclude le province autonome, non espressamente menzionate.

Le questioni non sono fondate.

Va, innanzitutto, rilevato che i programmi quinquennali che, ai sensi dei primi commi dell'art. 3, il Ministero dell'industria deve predisporre (nel quadro degli indirizzi di politica mineraria determinati dal C.I.P.E.: v. delibera dell'8 giugno 1983), al fine di aggiornare ed integrare le conoscenze sulle risorse minerarie nazionali e di promuoverne la ricerca, si basano soprattutto sulla ricerca di base, il cui rilancio costituisce, come risulta anche dai lavori preparatori della legge in esame, uno dei perni della nuova normativa.

Appare, pertanto, perfettamente logico ed essenziale al raggiungimento degli scopi della legge che, nelle zone previamente identificate, la disciplina del rilascio e dell'esecuzione dei permessi sia stata dettata in modo da rendere i progetti di ricerca il più possibile conformi ai programmi quinquennali.

Pertanto, la normativa censurata deve ritenersi legittima, in quanto strettamente correlata all'interesse nazionale posto a suo fondamento.

Non può, poi, non rilevarsi, da un lato, che il secondo comma dell'art. 1 contiene comunque una generale affermazione di salvezza delle competenze delle province ricorrenti e che detta clausola é richiamata dal censurato quinto comma dell'art. 3; dall'altro, che l'espressione <competenti organi delle regioni a statuto speciale> (i quali, ai sensi del settimo comma della stessa norma, devono essere sentiti in merito alla valutazione dei progetti di ricerca) va interpretata, conformemente alla tesi dell'Avvocatura dello Stato e alla stessa giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 190 del 1976), e anche alla luce delle anzidette clausole di salvaguardia, quale comprensiva anche delle province autonome, che godono di identico grado di autonomia.

Non spetta, infine, a questa Corte affrontare eventuali problemi di coordinamento della normativa in esame (che pur sono stati evidenziati dalle ricorrenti), i quali, ferma rimanendo comunque la piena legittimità di essa, potranno essere risolti in sede applicativa.

4.2. - Infondata é anche la questione relativa al terzo comma dell'art. 4, impugnato (anch'esso in riferimento innanzitutto all'art. 8, n. 14, dello statuto) in quanto riserva lo svolgimento dell'attività di ricerca di base al Ministero, che la effettua direttamente o tramite l'E.N.I., sulla base di apposite convenzioni.

Non può esservi dubbio, infatti, che, data l'importanza della ricerca di base per l'attuazione di una seria politica mineraria, essa debba essere svolta con criteri di affidabilità ed omogeneità, che giustificano quindi l'intervento dello Stato, direttamente o per mezzo dell'E.N.I.

Peraltro, la norma afferma espressamente che, ove l'attività ricada nel territorio delle province ricorrenti, l'intervento deve avvenire <nel rispetto delle loro competenze>: l'espressione può essere interpretata nel senso che la convenzione con l'E.N.I. deve essere approvata previa intesa con le province interessate, come lascia intendere la stessa relazione al disegno di legge, la quale afferma che <all'E.N.I., relativamente ai territori di loro competenza, si affiancano gli enti minerari delle Regioni a statuto speciale>.

4.3. -Parimenti non fondate sono le questioni relative agli artt. 5, 6 e 7, anch'esse sollevate, in primo luogo, per violazione della competenza primaria delle ricorrenti in materia di miniere.

Le prime due norme contemplano una competenza del Ministro meramente dichiarativa e strettamente connessa alle attività di ricerca operativa (definita nell'art. 8) e di ricerca di base, come tale certamente non lesiva delle potestà delle ricorrenti.

Queste devono, comunque, essere consultate, rientrando indubbiamente anch'esse, come già detto, in ogni riferimento alle <regioni a statuto speciale>, contenuto in entrambe le disposizioni in esame.

Quanto, poi, all'art. 7 (che richiama il settimo comma dell'art. 3 in ordine alla procedura da seguire per la valutazione dei programmi di ricerca e sviluppo minerario che devono essere presentati da parte di coloro che richiedono titoli minerari relativamente alle aree indiziate per minerale di cui agli artt. 5 e 6) non può che ripetersi, nel senso della infondatezza della censura, quanto già affermato nel punto 4.1 in merito alla norma richiamata.

4.4.-Gli artt. 9 e 12 prevedono il primo la concessione di contributi nella misura massima del 60 per cento delle spese afferenti ad attività e opere relative alla ricerca; il secondo la concessione di contributi in conto interessi per programmi di investimento relativi alla coltivazione, preparazione e valorizzazione dei minerali di rilevante interesse per il Paese, individuati dal C.I.P.E. ai sensi dell'art. 2.

Le censure si appuntano - sempre con riferimento all 'art. 8, n. 14 dello statuto - innanzitutto sulle disposizioni (comma quarto dell'art. 9 e sesto dell'art. 12) che stabiliscono la competenza del Ministro dell'industria alla concessione dei contributi, sentito il Consiglio superiore delle miniere e, per i loro territori, d'intesa con i competenti organi delle regioni a statuto speciale. Premesso che in quest'ultima espressione devono ritenersi comprese anche le province autonome (e tale conclusione é qui testualmente confermata, almeno quanto all'art. 12, dall'art. 3 del d.m. 19 aprile 1985, che prevede procedure e modalità per la concessione del contributo in esame), la previsione dell'intesa é senz'altro sufficiente a tutelare la loro competenza primaria in materia, trattandosi di incentivi all'attività di ricerca, la cui importanza nel quadro della <politica mineraria> si e già ampiamente dimostrata; essi, poi, sono posti ad esclusivo carico dello Stato e non escludono, come afferma anche l'Avvocatura, un separato regime di contribuzione definito dalle ricorrenti per iniziative di interesse locale.

Circa, poi, i commi quinto e sesto dell'art. 9, e sufficiente rilevare, da un lato, che la competenza dell'ufficio distrettuale delle miniere a controllare la rispondenza delle opere eseguite al piano tecnico-finanziario e la congruità delle spese sostenute e giustificata dal fatto che, come detto, trattasi di contributi ad esclusivo carico dello Stato; e, dall'altro, che le eventuali varianti di ordine tecnico al detto piano vanno approvate dagli organi provinciali, così dovendosi intendere, anche in questo caso, il richiamo agli organi <delle regioni a statuto speciale>.

Tutte le questioni concernenti gli artt. 9 e 12 sono, pertanto, non fondate.

4.5.-Le censure aventi ad oggetto-sempre per violazione, in primo luogo, della competenza primaria delle ricorrenti in materia di miniere -gli artt. 14, primo e quinto comma, e 15, primo e secondo comma, si rivelano anch'esse non fondate.

Appare, infatti, ancor più evidente in dette norme l'interesse nazionale che le ha dettate. Sia il mantenimento in stato di potenziale coltivazione di una o più miniere, per un periodo di tempo non superiore a tre anni (art. 14), sia il mantenimento in fase produttiva o la riattivazione di miniere la cui coltivazione dia luogo a perdite di gestione (art. 15) costituiscono misure che, come risulta dallo stesso testo normativo ed é confermato dai lavori preparatori, possono essere adottate (fra l'altro, in via temporanea ed <eccezionalmente>) per motivi strategici o di economia generale del Paese, ovvero allo scopo di garantire un minimo grado di autoapprovvigionamento di sostanze minerali di rilevante interesse, cioè, in definitiva, al fine di contribuire ad assicurare in qualsiasi condizione il minimo indispensabile alle esigenze del Paese. ciò giustifica anche che l'attività di cui all'art. 14 sia svolta dai concessionari sotto la vigilanza del Ministro dell'industria.

Non può, peraltro, non rilevarsi che alle riunioni del C.I.P.I., che é l'organo cui spetta di emanare le delibere di cui alle norme in esame, sono chiamati a partecipare i Presidenti delle province ricorrenti, quando vengono trattati problemi che le interessino (art. 16, comma nono, della legge n. 48 del 1967, richiamato dall'art. 1, comma terzo, della legge n. 675 del 1977).

5.-Le considerazioni sin qui svolte in ordine alla non fondatezza delle censure proposte dalle ricorrenti in riferimento alla loro competenza legislativa primaria in materia di miniere (art. 8, n. 14, dello statuto speciale), valgono anche a dimostrare la non fondatezza delle questioni sollevate, relativamente alle stesse norme della legge n. 752/82, per violazione delle competenze, sempre primarie, in materia di <urbanistica e piani regolatori>, <tutela del paesaggio>, <viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale> e <assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali> (art. 8, nn. 5, 6, 17 e 19), nonché delle connesse potestà amministrative (art. 16).

Ancor più, poi, le stesse considerazioni sono valide a dimostrare l'infondatezza delle censure poste in riferimento alla competenza legislativa concorrente delle ricorrenti in materia di <commercio> e di <incremento della produzione industriale> (art. 9, nn. 3 e 8 dello statuto) e alla connessa competenza amministrativa (art. 16), appuntatesi soprattutto sugli artt. 14 e 15 della legge (v. punto 4.5.).

6.-Della legge n. 752 del 1982 viene, da ultimo, impugnato l'art. 20, concernente autorizzazioni di spesa: esso violerebbe gli artt. 15 e 78 dello statuto speciale in quanto non devolve alle ricorrenti nessuna quota degli stanziamenti previsti.

Questa Corte ha già più volte avuto modo di chiarire (v. sent. n. 356 e sent. n. 357 del 1985, sent. n. 195 del 1986) che l'art. 78 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige concerne le modalità procedurali e i criteri per la determinazione di una quota del gettito erariale che, limitatamente ai tributi indicati nella norma stessa, é riservata alle province autonome. La guarentigia dell'autonomia speciale é affidata all'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta provinciale, che definisce annualmente la quota in discorso, tenendo conto-in base ai parametri della popolazione e del territorio -delle spese per gli interventi generali dello Stato disposti nella restante parte del territorio nazionale negli stessi settori di competenza delle province.

L'art. 78 può, pertanto, essere invocato dalle province ricorrenti non con riferimento ad una singola legge di stanziamento, come avviene nel presente giudizio, ma soltanto con riguardo alla determinazione della quota annuale e complessiva del tributo.

Quanto all'art. 15 dello statuto speciale (secondo il quale <il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato assegna alle province di Trento e di Bolzano quote degli stanziamenti annuali iscritti nel bilancio dello Stato per la attuazione di leggi statali che prevedono interventi finanziari per l'incremento delle attività industriali>), va rilevato che la norma non appare applicabile al caso di specie ed e quindi male invocata: la legge n. 752 del 1982, infatti, non può farsi rientrare nella categoria delle leggi <di incremento delle attività industriali> avendo - per tutto quanto si é sopra ampiamente detto -una portata e delle finalità di natura del tutto diversa.

7.1. -Si può ora passare ad esaminare le censure prospettate dalle ricorrenti avverso la già citata legge 15 giugno 1984, n. 246, che ha recato, fra l'altro, integrazioni e modifiche alla n. 752 del 1982.

Utilizzando in gran parte le considerazioni già svolte nei punti precedenti in merito alle questioni sollevate nei confronti di quest'ultima legge, appare agevole dimostrare la infondatezza anche delle censure rivolte alla legge del 1984.

Va preliminarmente sottolineato che essa non altera la so stanza della legge precedente, ma si limita ad apportarvi marginali modifiche in materia di programmi di ricerca e, soprattutto, di meccanismi di incentivazione. E', pertanto, evidente che anche la nuova legge (almeno per la parte concernente la <politica mineraria>: artt. 3-7) é ugualmente sorretta da quell'interesse nazionale che é posto a fondamento, come ampiamente detto, di quella principale.

Passando alle singole censure, entrambe le ricorrenti impugnano l'art. 3, terzo e sesto comma della legge, lamentando, anche qui (sia pure, in questo caso, in misura non del tutto coincidente), l'invasione delle competenze già invocate nei ricorsi precedenti.

Le questioni non sono fondate.

Il terzo comma dell'art. 3 aggiunge un periodo al terzo comma dell'art. 4 della legge n. 752/82 (concernente la ricerca di base), prevedendo la possibilità per il Ministero dell'industria di stipulare convenzioni, separatamente o in compartecipazione con l'E.N.I., anche con enti o imprese minerarie di emanazione regionale, quando l'attività di ricerca di base si svolga nel territorio delle regioni a statuto speciale. Precisato anche in questo caso che la norma va intesa come comprensiva delle province autonome (nel senso, quindi, che gli enti possono essere di <emanazione provinciale>), vanno qui ribadite le considerazioni sopra svolte (v. punto 4.2) in ordine alle censure rivolte avverso l'originario terzo comma dell'art. 4, che la norma ora all'esame integra, semmai, in senso favorevole alle ricorrenti.

Il sesto comma dell'art. 3 sostituisce integralmente l'art. 13 della legge n. 752/82, che non era stato impugnato. Mentre nel testo originario la norma stabiliva genericamente la non cumulabilità delle agevolazioni previste dalla legge con quelle disposte da <altre leggi>, la nuova formulazione chiarisce che la non cumulabilità si riferisce alle sole <leggi statali>, mentre non c'é divieto di cumulo con agevolazioni concesse, per quanto qui interessa, dalle Province di Trento e Bolzano.

Escluso che la questione sia inammissibile, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, per mancata impugnazione dell'originario art. 13 (v., sulla non configurabilità dell'istituto del l'acquiescenza nei giudizi di costituzionalità, la sent. n. 49 del 1987), essa é però chiaramente non fondata, essendo evidente che la norma non intacca minimamente le attribuzioni provinciali.

7.2. - La sola Provincia di Bolzano, infine, impugna gli artt. 6 (primo, quinto e sesto comma) e 7 della legge n. 246/84, i quali prevedono una sorta di fase transitoria (<in sede di prima applicazione della legge >) per l'erogazione dei contributi previsti nella legge del 1982, con imputazione al fondo costituito, ai sensi dell'art. 7, presso il Ministero dell'industria.

Nel senso della infondatezza delle questioni basta richiamare quanto e stato sopra affermato in merito alle censure concernenti gli artt. 9, 12 e 20 della legge del 1982 (v. punti 4.4 e 6), non senza rilevare, peraltro, che la normativa ora all'esame ha, oltretutto, come già detto, un carattere puramente transitorio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

a) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, 4, terzo comma, 5, 6, 7, 9, quarto, quinto e sesto comma, 12, sesto comma, 14, primo e quinto comma, 15, primo e secondo comma, e 20 della legge 6 ottobre 1982, n. 752 (Norme per l'attuazione della politica mineraria), sollevate, in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9, nn. 3 e 8; 15, 16 e 78 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dalle Province di Bolzano e di Trento con ricorsi notificati il 18 novembre 1982 (reg. Rica. nn. 47 e 48 del 1982);

b) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, terzo e sesto comma. 6, primo, quinto e sesto comma, e 7 della legge 15 giugno 1984, n. 246 (Integrazioni e modifiche al d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 contenente norme di polizia delle miniere e delle cave, nonché alla legge 6 ottobre 1982, n. 752, concernente l'attuazione della politica mineraria), sollevate, in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 6, 14, 17 e 19; 9, nn. 3 e 8; 15, 16 e 78 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dalla Provincia di Bolzano con ricorso notificato il 23 luglio 1984 (reg. ric. n. 27 del 1984);

c) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, terzo e sesto comma, della citata legge 15 giugno 1984, n. 246, sollevate, in riferimento agli artt. 8, nn. 14 e 17; 9, n. 8; e 16 dello statuto speciale per il T.A.A., dalla Provincia di Trento con ricorso notificato il 23 luglio 1984 (reg. ric. n. 28 del 1984).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/06/88.

 

Francesco SAJA - Mauro FERRI

 

Depositata in cancelleria il 10/06/88.