ORDINANZA N.543
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente,
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 110 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) promosso con ordinanza emessa il 17 aprile 1985 dal Pretore di Pontedera, iscritta al n. 589 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6/1 a S.S. dell'anno 1986.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.
Ritenuto che, con l'ordinanza in epigrafe, il Pretore di Pontedera ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 110 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) nella parte in cui punisce con la stessa pena l'ipotesi di cui al primo comma (mancata esposizione nella sala da biliardo e da gioco della tabella dei giochi d'azzardo e vietati) e quella - che sarebbe invece più grave - di cui al terzo comma (divieto di uso di apparecchi automatici e semi-automatici da gioco);
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.
Considerato che l'equiparazione quoad poenam delle ipotesi contravvenzionali contemplate nel primo e nel terzo comma dell'art. 110 T.U.L.P.S. costituisce scelta discrezionale del legislatore la cui valutazione, non risultando arbitraria ne palesemente irragionevole, non é sindacabile in questa sede;
che, peraltro, in riferimento alle suddette ipotesi contravvenzionali, il quinto comma dell'art. 110 T.U.L.P.S.- prevedendo le pene edittali dell'arresto da un minimo di un mese al massimo di due anni e dell'ammenda da lire 24.000 a lire 120.000, oltre alla possibilità di revoca della licenza per pubblico esercizio in caso di recidiva - da al giudice la possibilità di graduare le sanzioni in proporzione alla maggiore o minore pericolosità dei reati accertati;
che, pertanto, appare manifestamente infondata la denuncia di un'arbitraria parificazione di comportamenti diversi.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 110 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Pontedera con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/05/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Renato DELL'ANDRO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 12 Maggio 1988.