Ordinanza n.490 del 1988

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ORDINANZA N.490

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), e dell'art. 7 della legge 21 aprile 1983, n. 123 (Disposizioni in materia di cittadinanza), promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 1987 dal T.A.R. della Liguria, iscritta al n. 374 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36/1a s.s. dell'anno 1987.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, nel giudizio promosso da Joseph Majabo, diretto ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana automaticamente per effetto del matrimonio contratto con cittadina italiana, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, legge 13 giugno 1912 n. 555 nella parte in cui esclude che lo straniero, che abbia contratto matrimonio con una cittadina italiana, acquisti automaticamente la cittadinanza italiana; ed, in via subordinata, nell'ipotesi di rigetto della suddetta questione, dell'art. 7 della legge 21 aprile l983 n. 123 nella parte in cui non prevede che, nel periodo transitorio, lo straniero che, nel periodo di vigenza della legge n. 555/1912, abbia contratto matrimonio con una cittadina italiana, possa optare per l'automatico acquisto della cittadinanza italiana;

che, a parere del remittente, risulterebbe violato l'art. 3 Cost. per la disparità di trattamento che si verifica tra la donna straniera sposata ad un italiano che, per effetto del matrimonio, acquista automaticamente la cittadinanza del marito, e l'uomo straniero che, sposato ad una italiana, acquista la cittadinanza solo per effetto del decreto presidenziale;

che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso nel senso dell'inammissibilità della questione e, subordinatamente, per l'infondatezza della medesima;

considerato che il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. si riferisce espressamente ai soli cittadini e vale per lo straniero solo quando trattasi di tutelare i diritti fondamentali e che tale non é l'acquisto della cittadinanza italiana;

che il principio dell'automatismo nell'acquisto della cittadinanza italiana, come nella perdita della stessa, valido per la donna , si poggiava sulla concezione, imperante nel momento della emanazione della legge del 1912, della inferiorità della donna rispetto all'uomo e, addirittura, nella prima come persona non avente la completa capacita giuridica;

che detta concezione é venuta a contrastare con la Costituzione che attribuisce pari dignità sociale a tutti i cittadini senza distinzione di sesso e regola il matrimonio in base al principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi;

che, quindi, va dato il giusto valore alla volontà dell'interessata e che, in varie occasioni, questa Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittime le norme fondate sull'automatismo;

che il legislatore si é ispirato ai principi affermati da questa Corte nell'emanare la legge n. 123 del 1983 disponendo all'art. 3 che la cittadinanza, sia per la donna che per l'uomo, si acquista con decreto del Presidente della Repubblica su istanza dell'interessato;

che la parità tra i sessi, in aderenza alla Costituzione, é affermata in senso contrario all'automatismo;

che, pertanto, la questione principale si palesa manifestamente infondata;

che egualmente infondata é la questione relativa all'art. 7 della citata legge n. 123 del 1983, essendo riservata al legislatore la disciplina delle situazioni transitorie e che, per essa, sarebbe stato irrazionale stabilire il principio dell'automatismo, disconosciuto proprio dalla legge.

Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, e dell'art. 7 della legge 21 aprile 1983 n. 123, sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., dal T.A.R. della Liguria con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/04/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 27 Aprile 1988.