SENTENZA N.420
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, della legge 22 luglio 1975, n. 319 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l'assistenza forense), promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 1984 dal Tribunale di Trapani nel procedimento civile vertente tra Terranova Gaetano e la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Avvocati e Procuratori, iscritta al n. 1064 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34 bis dell'anno 1985.
Visto l'atto di costituzione della Cassa Nazionale Previdenza e Assistenza Avvocati e Procuratori nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1988 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;
udito l'avv. Annibale Marini per la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Avvocati e Procuratori.
Considerato in diritto
1.-L'art. 2 della legge 22 luglio 1975 n. 319 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l'assistenza forense), richiamato poi dalla successiva normazione contenuta nella legge 20 settembre 1980, n. 576, al terzo comma preclude il conseguimento del trattamento privilegiato forense nei confronti di soggetti che-nello stesso periodo di tempo d'esercizio professionale-si fossero trovati in una delle situazioni di incompatibilità previste dall'ordinamento, ancorchè queste non fossero state accertate e perseguite.
Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale di tale disposto sia per assunto contrasto con gli artt. 36 e 38 (oltrechè 1) Cost. che tutelano, col diritto al lavoro, i contenuti della relativa retribuzione e delle connesse prestazioni previdenziali ; ma sia anche per violazione dell'art . 3 poichè verrebbe ad attuarsi una palese disparità di trattamento con le categorie di lavoratori subordinati, in virtù della legge 8 giugno 1966 n. 424, la quale pone il divieto della perdita, riduzione o sospensione dei trattamenti di pensione, per effetto e a seguito di condanna penale ovvero di provvedimento disciplinare.
2. - La questione non é fondata.
Le assunte violazioni si incentrano infatti su di un presunto attentato, intanto, all'art. 38, secondo comma, Cost. (di cui gli artt. 1 e 36, nelle argomentazioni del remittente, costituiscono il presupposto), la dove vengono garantiti al lavoratore mezzi adeguati di previdenza.
Ma a parte ricordare come tale precetto consenta comunque che il diritto alle prestazioni possa venire subordinato a determinate condizioni e requisiti (sent. n. 169 del 1986) non può essere interpretato esso sino a estendere la propria funzione di garanzia nei confronti di attività svolte in violazione di precise norme intese a tutelare, per contro, l'interesse generale alla continuità e alla obiettività della professione forense.
Queste ultime considerazioni consentono, altresì, di constatare l'assenza d'ogni pregio nelle ulteriori affermazioni del giudice a quo circa un contrasto (ex art. 3 Cost.) con la disciplina vigente recante divieto di compressione del diritto alla quiescenza come conseguenza sanzionatoria di comportamenti illeciti in altra area (penale e disciplinare).
Ora é esatto il principio, più volte affermato dalla Corte che il lavoratore non può essere privato, ne altrimenti decurtato, degli assegni di quiescenza, qualunque sia la causa della cessazione dall'attività (sentenze n. 31 e n. 169 del 1987) ciò concerne tuttavia essenzialmente-ed in tali sensi é la citata legge n. 424 del 1966 che vorrebbe farsi assurgere a tertium comparationis-il trattamento di quiescenza collegato a precedente attività professionale o di servizio al cui esercizio i soggetti interessati risultassero in apice legittimati. Il che non soccorre evidentemente al caso.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma terzo, legge 22 luglio 1975, n. 319 (Modifiche delle norme riguardanti la previdenza e l'assistenza forense), sollevata dal Tribunale di Trapani, in relazione agli artt. 1, 3, 36 e 38 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale Palazzo della Consulta, il 24/03/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giuseppe BORZELLINO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 07 Aprile 1988.