SENTENZA N.413
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma, 3, primo comma, e 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (<Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati>), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 giugno 1986 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Catania, sul ricorso proposto da Testoni Onofrio ed altra contro il Ministero di grazia e giustizia ed altri, iscritta al n. 208 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1987;
2) n. 5 ordinanze emesse il 12 novembre 1986 dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sui ricorsi riuniti proposti da Bianciotti Graziano ed altri, Cucchiara Salvatore ed altri, Carlesi Carlo ed altri, Bestente Giovanni ed altri e Rosso Severino ed altri contro il Ministero di grazia e giustizia ed altri e l'Avvocatura generale dello Stato ed altri, rispettivamente iscritte ai nn. 210, 211, 212, 213, e 304 del registro ordinanze 1987 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Re pubblica nn. 24 e 32, prima serie speciale, dell'anno 1987;
3) n. 13 ordinanze emesse il 7 ottobre 1986 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, sui ricorsi proposti da Manfredi Giacomo, Bellocchio Antonio, Milana Angelo, Fietta Gino, Bonati Massimo, Peruzzini Aldo, Mossini Lanfranco ed altri, Frigieri Antonio, Bevilacqua Elio, Tarquini Giancarlo, Soda Antonio, Mossini Lanfranco ed altri e Neri Mario contro il Ministero di grazia e giustizia ed altro, rispettivamente iscritte ai nn. 333, 334, 335, 336, 337, 338, 339, 340, 341, 342, 343, 357 e 377 del registro ordinanze 1987 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 33 e 37, prima serie speciale, dell'anno 1987.
Visto l'atto di costituzione di Neri Mario, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1988 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;
uditi l'avvocato Sergio Panunzio per Neri Mario e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
l.-Le diciannove ordinanze, di cui in epigrafe, pongono le seguenti questioni: a) se l'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (<Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati>), nello stabilire (interpretando l'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080) che gli aumenti periodici figurativi e gli ulteriori benefici economici previsti dall'art. 1, quinto comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, spettano soltanto ai magistrati della Corte dei conti, violi o meno gli artt. 3, 36, 70, 97 e 107, terzo comma, della Costituzione; b) se l'art. 10, secondo comma, della citata legge n. 425 del 1984, nel disporre il riassorbimento attraverso la normale progressione economica (ovvero, qualora questa non risulti sufficiente, l'eventuale conguaglio a carico della indennità di buonuscita) degli importi attribuiti da sentenze passate in giudicato, vulneri o meno gli artt. 24, 25, 101, 102, 103 e 113 della Costituzione.
I giudizi possono essere riuniti e definiti con un'unica sentenza in quanto le diverse ordinanze prospettano problemi in parte identici ed in parte analoghi.
2. - Entrambe le questioni non sono fondate.
La ratio legis, che abbraccia l'insieme delle singole disposizioni, mira a sancire l'equilibrio delle retribuzioni per tutte le categorie dei magistrati, ordinari, amministrativi, contabili, militari nonchè per gli avvocati dello Stato. Trattasi pertanto dell'esercizio di discrezionalità legislativa finalizzata alla realizzazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, di cui all'art. 3 della Costituzione.
Tale ratio si esprime correttamente e coerentemente in entrambe le norme impugnate senza vulnus dei parametri costituzionali invocati.
In particolare, la portata normativa della disposizione interpretativa di cui all'art. 1, secondo comma, della legge n. 425 del 1984, che delimita ai soli magistrati della Corte dei conti il trattamento previsto dall'art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308, e dall'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345, da un lato chiarisce il contenuto della suddetta disciplina, eliminando le incertezze interpretative che hanno dato luogo a numerosi processi; e, dall'altro, essa costituisce l'indispensabile presupposto logico e organizzatorio della ristrutturazione del trattamento economico per tutte le categorie dei magistrati.
Altrettanto funzionale alla generale finalità perequativa perseguita dalla legge n. 425 del 1984, devesi intendere il disposto dell'art. 10, secondo comma, della stessa legge, perchè mira ad eliminare, con il meccanismo della gradualità temporale proprio del riassorbimento nella progressione economica, esiti privilegiati di trattamento economico riproduttivi di disparità non tollerabili nel quadro di intenti costituzionalmente legittimi della volontà legislativa.
Le eventuali detrazioni a conguaglio, a carico dell'indennità di buonuscita, per il loro carattere di succedaneità necessaria alla impossibilita del verificarsi del normale riassorbimento per conclusione della durata del servizio, non valgono a mutare la fatti s peci e perequativa in quella della ripetizione di indebito.
Non é pertanto configurabile nella norma impugnata nè lo svuotamento del contenuto economico del giudicato, nè l'impiego della funzione legislativa per invadere l'ambito riservato dalla Costituzione all'attività giudiziaria.
In realtà, quanto riconosciuto dalla decisione nella specie passata in giudicato verrebbe a sommarsi ai vantaggi che la legge impugnata ha previsto in favore di tutti gli altri magistrati, se non intervenisse un meccanismo di perequazione costituzionalmente corretto. Pertanto il solo profilo, sinora riscontrato, di illegittimità costituzionale nella legge n. 425 del 1984 resta quello sanzionato dalla pronuncia di questa Corte con sentenza n. 123 del 1987.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (<Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati>), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 70, 97 e 107, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Catania, e dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, con le ordinanze di cui in epigrafe;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, sollevata, in relazione agli artt. 24, 25, 101, 102, 103 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte e dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia- Romagna, Sezione di Parma, con le ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/03/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 07 Aprile 1988.